STORIE DI CORNA / IL BANDITO E IL CAMPIONE
CERVO A PRIMA PAGINA
La vittima: “Gliela farò pagare”
C’è un mio amico che suona il sax come il Dio della musica, qui al pub seminterrato del circolo della stampa. Sta giocando con le note e la mia concentrazione, io sto leggendo qualcosa e lui attorciglia il suo blues come l’edera alle mie righe, col risultato che sono arrivato in fondo al preventivo e non ho capito un cazzo di quello che ho letto.
Dunque, mia moglie mi ha fatto le corna, ma questo era una settimana fa. Da allora mi sono ricordato di avere un avvocato, che non avevo più chiamato dai tempi dell’ultima querela, vent’anni fa.
Ero giovane, allora, facevo crociate, prendevo qualsiasi toro per le… lasciamo perdere.
Insomma, tutto questo casino mi ha fatto tornare ai tempi in cui giravo col Codice in tasca, per sapere cosa potevo e non potevo scrivere. Con la differenza che non mi frega poi tanto di divorziare.
Bambini non ne abbiamo, e un giornalista deve essere in grado di cavarsela sempre, anche da solo. Non devo aver paura. Vicente, il campione argentino della squadra di cui scrivo, mi ha risposto con le stesse parole che avevo usato per lui nelle pagelle, dopo l’ultima partita:
“E’ un brutto periodo, ma ha a disposizione i mezzi per venirne fuori”, e poi si è messo a ridere. E’ stato lui a scoparsi mia moglie.
I tifosi hanno accolto la notizia con un boato e uno striscione:
“Pennino cornuto, Vicente t’ha fottuto”. Io ho scritto in risposta un corsivo, non ricordo se l’attacco era “I soliti imbecilli” oppure
“Pochi idioti non riusciranno a sporcare l’immagine pulita della città”. A proposito, devo aggiornare la classifica, ho scommesso con un collega che alla fine della mia carriera avrò usato il primo attacco più spesso del secondo. Per ora, nonostante il mio impegno, sono sotto 47 a 51. Va tutto male, in questo periodo.
Il mio amico continua a suonare il sax e a sezionarmi l’anima come un pesce a cui devi togliere la lisca, il preventivo dell’avvocato è di un milione a udienza, ma questo non m’importa, tanto posso scalarli dalle tasse.
Quello che conta, è il mio futuro. Negli ultimi anni ero diventato famoso per il mio ottimismo, per la serenità che ero capace di trasmettere. Tutti mi conoscono per i nomi che ho dato, come quando definii Mengacci, l’allenatore della SempreAvanti, “Come il tuono, ma buono”, o dissi che il gioco della Virtus mi ricordava il bolscioi, e i tifosi mi regalarono un tutù col sospensorio.
Come potrà la mie mente partorire ancora simili opere d’arte, la mia prosa volare come una farfalla dai mille colori sul nero del piombo, le mie parole lenire i dolori dei presidenti più ricchi dopo sconfitte cocenti nel derby, il baule della mia macchina riempirsi sempre al momento giusto? La verità è che non ho niente a cui aggrapparmi, ma questo non è sufficiente a fermare le rotative del
Fato. Mi accorgo adesso che ho venduto aria fritta per tutta la vita, e mi resta solo la puzza.
Va bene, venderemo anche quella. Sono in grado di fare tutto, basta volerlo.
Intanto, pensiamo al lavoro. Domani Vicente giocherà contro la squadra che lo portò in Italia. Riuscirò a stroncarlo, dovesse essere il migliore in campo. Poi contesterò il presidente per aver investito i suoi soldi per un giocatore che si comporta da macho e si lascia andare alla dolce vita, scriverò che avrebbe fatto meglio a prendere un eunuco che sapesse fare il proprio lavoro. Sì, molto meglio un eunuco.
Poi scriverò un altro editoriale sugli sprechi del nostro sport, sui miliardi investiti dai paperoni per una disciplina che esalta bambini viziati (bella questa, suona come originale), sull’ingiustizia di uno spettacolo che non dedica mai attenzione agli sport che richiedono i veri sacrifici, come… come… cribbio, me ne verrà in mente uno!
Il mio amico ha messo il sax nella valigia e se ne sta andando.
Restiamo io ed il barman, in questo maledetto pub seminterrato nel quale sto shakerando tutte le mie angosce.
Quando tiravo sampietrini, da questi momenti di disperazione riuscivo a ricavare pezzi bellissimi. Poi andavo a cena con il direttore che mi faceva i complimenti perchè sembravano anche veri. Io non capivo, allora. Oggi sì.
E adesso anche il barman se ne sta andando, mi sta lasciando solo con i miei problemi.
Non importa, andrò avanti. Come ho sempre fatto. L’importante è rialzarsi dopo l’ennesimo sgambetto, trascinarsi anche coi gomiti al di là del traguardo. La vita è un grande tackle, l’essenziale è che si facciano male gli altri. Scriverò ancora per anni del ritorno dell’ex, dell’allievo che supera il maestro, dei corsi e ricorsi storici, del destino cinico e baro, dell’arbitro che vuol fare il protagonista, del pareggio che sta stretto, dell’uomo Vicente che è diverso dall’atleta
Vicente (che infatti e’ meglio fuori dal campo, a sentire mia moglie), del risultato che non fa una grinza ma nessuno avrebbe rubato niente.
Qualcuno mi dovrà pure ascoltare, perdio.