KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Giapponese

6 min read

Corso di Giapponese

Benritrovati, cari lettori, eccoci qui di nuovo per un’altra puntata del nostro piccolo corso di lingua giapponese. Come vi avevo promesso la volta scorsa, questa lezione sara’ piu’ “leggera” del solito: non vedremo troppe cose nuove, e ci dedicheremo invece a numerosi esempi che faranno uso di cio’ che avete gia’ imparato. Sono infatti convinto che un esempio valga piu’ di un lungo discorso e rimanga allo stesso tempo maggiormente impresso nella memoria. Quindi riposatevi adesso, perche’ (salvo imprevisti) nella prossima puntata cominceremo a parlare di verbi…
Ok, prima di cominciare, controllate come al solito la soluzione dell’esercizio che vi ho proposto il mese scorso (fate clic con il mouse come ormai dovreste sapere, sulla parola evidenziata). Inoltre desidero salutare e ringraziare per l’interesse dimostrato, tutti i lettori di KULT che sono venuti a trovarci alla fiera GiochiaMO, e tutti quelli che non lo avevano mai visto e che lo hanno cosi’ conosciuto. Un saluto particolare lo rivolgo a Fabio Borghi e a
IGNATZ, fedeli “fans” del corso di giapponese. Continuate cosi’, ragazzi!
Bene, ancora una cosetta, prima di cominciare la lezione: devo ammetterlo, mi sono distratto un attimo ed ho commesso un errore.
Nella scorsa puntata, quando vi parlai dei pronomi personali, ho scritto un “kanojora” per indicare “esse/loro”, mentre il termine corretto e’ kanojotachi. Spero che mi perdonerete…
Ed ora cominciamo finalmente a vedere assieme qualche esempio:

Quella persona (=hito) e’ il mio insegnante.
Ano hito wa watashi no sensei desu.

Colgo questa occasione per fare una precisazione sull’uso dei dimostrativi. Come abbiamo visto la volta scorsa, servono per indicare la posizione di qualcosa, relativamente ai due interlocutori. Tuttavia hanno anche un senso figurato, e precisamente:

Kono fa riferimento a cio’ di cui si sta parlando;
Sono fa riferimento a cio’ di cui si e’ gia’ parlato prima nel contesto;
Ano fa riferimento a qualcosa che e’ noto sia a chi parla, sia a chi ascolta.

Ad esempio:
Quell’automobile (di cui ti ho parlato) e’ veloce.
Sono kuruma wa hayai desu.

Quella donna (che anche tu conosci) era la sua fidanzata (=iinazuke).
Ano onna wa kare no iinazuke deshita.

Vediamo ora alcuni esempi che illustrano l’uso dei pronomi (e corrispondenti aggettivi) interrogativi:

Di chi e’ questo libro (=hon)?
Kono hon wa dare no desu ka?

Notare che il “no” sta per “no hon”. Una variante di quest’ultima frase e’ la seguente:

Kore wa dare no hon desu ka?
(letteralmente: “questo e’ il libro di chi?”)

Quale libro e’ il tuo?
Dono hon wa anata no desu ka?

Quello rosso (=akai) e’ il mio. akai no ga watashi no desu.
(=akai hon ga watashi no hon desu).

Notate come nella frase precedente la particella no stia al posto del nome hon. In questo caso, no funge appunto da pronome.

Qual e’ la mia stanza (=heya)?
Dore ga watashi no heya desu ka?

Quale stanza e’ la mia?
Dono heya ga watashi no desu ka?

Vi pregherei di confrontare con molta attenzione le ultime due frasi: riuscite a vedere la differenza tra pronome e aggettivo?
Vorrei presentarvi ora una ulteriore famiglia di parole che seguono lo schema ko-, so, a- e do-, e precisamente:

Koko = qui, questo luogo
Soko = li’, quel luogo
Asoko = la’, quel luogo

Doko? = dove? Quale luogo?

I significati sono analoghi a quelli gia’ visti: koko indica un luogo piu’ vicino a chi parla che a chi ascolta, soko al contrario indica luoghi piu’ vicini a chi ascolta, e infine asoko viene usato per indicare luoghi distanti sia da chi parla sia da chi ascolta. Doko viene ovviamente usato per le domande. Vediamo subito qualche esempio:

Dove siamo?
Koko wa doko desu ka? (letteralmente: “qui, che posto e’?”)

Siamo a Kyoto.
Koko wa Kyooto desu.

Dov’e’ l’insegnante?
Sensei wa doko desu ka?

Vi prego di notare come nell’ultima frase, che ad un primo superficiale esame sembra ricalcare bene quella italiana, il verbo essere sia quello copulativo (quanti di voi si ricordano cosa vuol dire?), e quindi una traduzione letterale dovrebbe essere:
“l’insegnante e’ quale luogo?”, con lo stesso senso con cui si direbbe
“l’insegnante e’ una donna?”. In altre parole, si identifica l’insegnante col luogo dove dovrebbe essere, piuttosto che affermare che l’insegnante “esiste” in tale luogo. Se non vi e’ chiaro, non fateci caso e fate finta di niente, tutto funziona lo stesso. La mia precisazione era per i perfezionisti… Proseguiamo con gli esempi.
Notate la sottile differenza tra le seguenti frasi:

Quella automobile e’ la mia.
Ano kuruma wa watashi no desu.

Quella automobile la’ e’ la mia.
Asoko no kuruma wa watashi no desu.

Nella seconda frase ho fatto uso dell’avverbio di luogo asoko. Il significato delle due frasi e’ praticamente lo stesso, dato che anche l’aggettivo dimostrativo ano da’ l’idea di qualcosa di distante da entrambi gli interlocutori.
Vediamo ora un po’ di aggettivi in azione:

E’ lontana (=tooi) la stazione ferroviaria (=eki)?
Eki wa tooi desu ka?

No, non e’ lontana.
Iie, tooku arimasen.

Questa e’ una bella(=kirei na) citta’ (=machi).
Kore wa kirei na machi desu.

Senza voler fare ora una trattazione completa dei gradi dell’aggettivo
(comparativo, superlativo), mi limito a presentarvi l’utile parolina totemo (=molto):

Il mio insegnante e’ molto bravo.
Watashi no sensei wa totemo joozu desu.

Attenzione che totemo si puo’ usare solo se la frase e’ affermativa: in caso contrario, bisogna usare amari. Ad esempio:

Questa pietanza (=tabemono) non e’ molto buona (=oishii).
Kono tabemono wa amari oishiku arimasen.

Ricordatevi che l’aggettivo oishii significa buono, ma nel senso di
“buono da mangiare”. NON usatelo quindi per tradurre frasi come “Mario e’ una buona persona”, potreste essere scambiati per cannibali…

Questo hotel non e’ molto tranquillo.
Kono hoteru wa amari shizuka de wa arimasen.

Quella casa (=ie) e’ molto vecchia (=furui).
Ano ie wa totemo furui desu.

Una precisazione: furui significa vecchio nel senso di “non piu’ nuovo” e NON viene usato per esprimere l’idea di “anziano”, che si dice invece toshitotta, forma passata del verbo toshitoru
(invecchiare), come vedremo nelle prossime lezioni.
Ed ora vi vorrei sottoporre una novita’, che spero incontrera’ il vostro favore. Volevo presentarvi nuovi vocaboli per arricchire la vostra conoscenza del giapponese, ma una lista di nomi con traduzione a fianco sarebbe stata piuttosto noiosa. Ho quindi pensato di sfruttare meglio le potenzialita’ di KULT. Facendo clic col mouse sullariga evidenziata qui sotto, comparira’ una immagine. Muovendo il mouse, potete passare sopra alle varie parti di quest’ultima, e quando la “manina” cambia, diventando un occhio, potete fare clic per scoprire la traduzione in giapponese dell’oggetto su cui vi trovate.
Per tornare a questo articolo bastera’ fare clic sulla freccia. Ecco la riga su cui agire:
VOCABOLARIO
Bene, non voglio dilungarmi troppo, e quindi per questa volta basta cosi’. Mi raccomando, cercate di ripassare per bene tutto quanto, volta per volta: cosi’ facendo sarete presto in grado di articolare frasi piu’ complesse, che vi daranno maggior soddisfazione. Qui di seguito vi propongo l’ormai consueto esercizio. E state pronti, dalla prossima puntata… verbi!
Sayoonara

Kotaro

Tradurre in giapponese:

La mia nuova casa e’ la’.
Quella donna non e’ stata molto gentile.
Il tuo ombrello e’ rosso?
No, il mio non e’ rosso. E’ nero (=kuroi).
Questa stanza non e’ un posto (=tokoro) tranquillo.
Il giapponese (=nihongo) non e’ molto difficile (=muzukashii).

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti