Cos’è che lascia un segno nella vostra memoria? Cos’è che leggete, e vi fa pensare di non aver perso tempo?
A volte lo stile. A volte è la metrica, la complessa architettura, quasi geometrica, del testo che vi attrae e vi lascia un senso di completezza, e di soddisfazione. Leggere poesie vuol dire cogliere quel qualcosa di effimero che si mostra come più di un insieme di parole in rima, ma a volte è proprio quest’ultima che colpisce.
Non è una cosa stupida. Dietro a una poesia, dietro ad un qualsiasi scritto c’è il lavoro attento dell’autore, la sua scelta dei termini da usare, e il suo modo di costruire le frasi ed i periodi.
Quello che in effetti più di altro distingue il lavoro di un professionista da quello di un semplice appassionato è la qualità estetica, tecnica, frutto di arte, e di lungo esercizio.
Ma ciò che tutti possono cercare dentro di sè, ed essere sicuri di trovare, è quel sentimento minimo, quella piccola fiammella di passione, o semplicemente di desiderio, che da sempre spinge l’uomo a riportare sulla carta quello che prova. E’ questa fiamma che impregna un po’ tutto il giornale, ma in particolar modo questa sezione di KULT: la fiamma delle voci che sussurrano. Un fuoco tenue, timido forse, che deriva dalla nostra vita quotidiana, dall’amore, dalle speranze, dalle idee. E se per scrivere di scacchi o di computer ci vuole un minimo di conoscenza senza la quale è impossibile partire, chi può dire di non aver mai sentito per altri motivi, più privati, il richiamo della penna? Chi, per il compagno dei suoi sogni, o per la gloria di un momento pubblico, non si è messo a sedere, in attesa di un’ispirazione che non può far mancare, e ha buttato giù pagine, o anche poche righe, cariche di qualcosa di cui forse nemmeno si credeva capace?
La gente che ci circonda prova sensazioni ed emozioni come noi, ma a volte
è difficile immaginarlo, per la patina, per la facciata che ci impone la società o qualche nostra remora mentale. E questo è lo spazio per tutti quelli che vogliono buttare giù la propria facciata di cartapesta, e come in una sorta di vortice collettivo, esporre paure, gioie, credo o desiderio, liberamente. Lasciare scorrere quello che ci colpisce, in modo che gli altri possano vederlo, e riconoscerlo.
Le voci che sussurrano sono forse povere di stile, in alcuni casi, ma hanno una immediatezza, una spontaneità, e un’importanza sociale notevole.
I computer non disumanizzano. Sono gli uomini a farlo. E per evitarlo basta poco. Basta cedere un istante a quell’impulso interiore e vedere come si muove la penna, o la mano sulla tastiera. Basta chiudere gli occhi, lasciarsi andare e vedere dove il nostro io, liberato, ci porta.
Questo mese, per la prima volta, alle poesie, si sono affiancati scritti di tipo differente. Grazie ad un nuovo ‘collega’, al secolo Raffaele
Gambigliani Zoccoli, un racconto breve, a tinte fosche, e con un finale non prevedibile, spiana la strada a questa forma letteraria nella nostra rubrica, seguito a breve distanza da ‘Il viaggio’ di Fabrizio
Guicciardi, di difficile collocazione. Più una sorta di non letterario stream of consciousness che una poesia, racchiude nel titolo e nella stessa immagine di fondo, scelta e composta dall’autore, molto del suo contenuto onirico.
Rimane la poesia con ‘Cieli’ dell’ormai conosciuto Dengo, che ha una consueta vena arcaicheggiante, resa moderna dal senso di vuoto e di inutilità che ne caratterizzava anche gli altri scritti. E continua, come sempre, il ‘gioco’ ‘Dalla vita ho imparato che’, raccolta di frasi dei lettori, in una sorta di estratto della società contemporanea, visibile attraverso un collage di considerazioni a volte semplici, e a volte molto profonde.
Come al solito, chiude il mese delle ‘Voci che sussurrano’ il gettonatissimo ‘Rapidi pensieri’, che senza continuità di sorta, sbilancia, fa sorridere, e impressiona con pensieri, piccole poesie, estratti, qualche brano di canzoni più o meno celebri, e tanta follia creativa.
Rinnovare l’invito a scrivere è un gradito obbligo, al quale non ci tengo a sottrarmi. Come al solito infatti mi preme ricordare che KULT è fatto da voi lettori, perciò tirate fuori qualcosa di speciale, che racchiuda un pezzettino di voi, e rendetelo pubblico. Potete contattarci in molti modi diversi, e per questo rimando alle informazioni in coda alla rivista.
Anche per questo mese non mi resta che augurarvi una buona immersione negli scritti che seguono, e, mi raccomando, se prendete qualcosa perchè vi è piaciuto, non omettete la fonte e l’autore.
Voci che sussurrano
Marco Giorgini