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Yabba dabba doo!

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Yabba Dabba Doo !!!

Tra qualche settimana arriveranno nelle sale italiane i “Flintstones”, film prodotto da Steven Spielberg (citato spiritosamente come Steven
Spielrock) ispirato ai cartoni animati degli anni 60 di Hanna & Barbera.
Spielberg ha voluto andare a colpo sicuro, infatti i “Flintstones” sono molto seguiti negli Stati Uniti, al punto che da anni esistono vitamine per bambini a forma dei personaggi della serie.
La città di Bedrock è la versione preistorica di una tipica cittadina americana di trent’anni fa, dove la tecnologia moderna è sostituita da animali preistorici e da pietra.
Tutto, dal tritarifiuti al rasoio “elettrico”, dall’automobile al tagliaerba, trova un suo corrispondente a Bedrock.
Per quanto riguarda la trama, potrebbe benissimo essere quella di un episodio dei cartoni animati: divertente, improbabile e a lieto fine.
Il film si attiene fedelmente all’originale, e sono stati impiegati effetti speciali molto sofisticati (si parla di un costo di produzione tra i 45 e 60 milioni di dollari) anche se non particolarmente spettacolari; i personaggi assomigliano moltissimo (fatta eccezione per Betty, che è un po’ meno magra) agli originali.
Il risultato è un’ora e mezza di divertimento assicurato, anche se la serie originale resta inimitabile. Forse l’eccesso di particolari distoglie un po’ l’attenzione dalla parodia, che secondo me nei
“Flintstones” era fondamentale.
Dovendolo ancora vedere doppiato in italiano, non so se siano state mantenute le risatine complici estremamente stridule di Wilma e Betty e il potentissimo “volante” Yabba Dabba Doo di Fred.
Per quanto riguarda la colonna sonora, nella versione originale non copre tutta la durata del film, ma si concentra nell’intervallo nel quale ho potuto sentire cose come “Walking Like A Dynosaur” in versione originale, un mix di “Under The Bridge” e “Give It Away” dei Red Hot Chili Peppers cantato da Yancowitch (spero si scriva così ma ne dubito), una divertentissima “Anarchy In Bedrock” e l’ormai classica “Meet The
Flintstones” dei B.C. ’52.

Giulio Fregni

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