Un salve a tutti voi, cari lettori, e bentornati al nostro piccolo corso di lingua giapponese. Come va? Avete “digerito” le nozioni che vi ho dato il mese scorso? Spero di sì, perchè questo mese ho un sacco di cose interessanti da farvi conoscere. Come vi avevo promesso trenta giorni fa, in questa puntata vedremo più nel dettaglio gli alfabeti sillabici giapponesi, detti Hiragana e Katakana, cominciando dal primo dei due (che
è il più importante).
Anche se dobbiamo ancora parlare di pronuncia, cominciate subito a utilizzare la seguente regoletta pratica: le parole giapponesi hanno le sillabe accentate tutte più o meno allo stesso modo. Quindi, quando le leggete, date loro una intonazione come se le leggeste sillaba per sillaba. Ad esempio, non dite “Hiragàna”, bensì “hì-rà-gà-nà”. Dato che nell’italiano gran parte delle parole sono piane (ovvero con l’accento che cade sulla penultima sillaba) o sdrùcciole, questo modo di pronunciare fa sembrare le parole giapponesi (almeno all’inizio) tutte tronche (cioè accentate sull’ultima sillaba). In realtà, come ho già detto, l’accentazione deve essere circa uguale per ogni sillaba.
Ma bando alle chiacchiere, e veniamo subito al pezzo forte di questa puntata: l’alfabeto sillabico Hiragana. Fate “clic” col Mouse sulla riga evidenziata per vederne la tabella.
SILLABARIO HIRAGANA – SUONI PURI
Prima di vedere come utilizzare i caratteri Hiragana, vorrei fare qualche importante considerazione riguardo alla tabella che ho fatto per voi.
Per prima cosa, l’ordine in cui vanno letti i caratteri è un po’ strano, e precisamente dall’alto in basso e da destra verso sinistra. Pronunciandoli in sequenza salterebbe fuori una lista del tipo: “a, i, u, e, o, ka, ki, ku, ke, ko, sa, shi,…” eccetera eccetera, fino a concludere con “…wa, wo, n”. Tenete presente che ho sistemato i caratteri in quest’ordine non certo per creare confusione, ma per un motivo ben preciso. Tale disposizione è infatti la stessa usata dai giapponesi; inoltre la sequenza di lettura di cui vi ho appena parlato è l’equivalente nipponico del nostro “ordine alfabetico”. Una lingua che non utilizza i caratteri latini non sa che cosa farsene del vecchio “a, b, c, d, e,…”. Scommetto che non ci avevate pensato, eh? Ad ogni modo è importante imparare questo ordine, perchè è utilizzato da qualsiasi indice su un libro giapponese (elenchi telefonici e dizionari compresi!). Riguardo alla direzione di scrittura, il giapponese si può scrivere come fate con l’italiano (da sinistra a destra e dall’alto in basso) oppure dall’alto verso il basso e da destra verso sinistra (come ho fatto io nella tabella degli Hiragana). Questi metodi vengono utilizzati entrambi in riviste e giornali, anche se il secondo sistema è quello più tipicamente nipponico. I dialoghi nei fumetti vengono scritti col secondo metodo.
I caratteri che compaiono nella tabella sono i cosiddetti “suoni puri”.
Esistono altri suoni, cioè altre sillabe, la cui rappresentazione grafica si ottiene modificando leggermente alcuni suoni puri. Per la precisione, si possono aggiungere due piccoli segni (detti “nigori”) in alto a sinistra dei caratteri appartenenti alle colonne che iniziano con “ka”,
“sa”, “ta” e “ha”. Ai caratteri della colonna “ha” si può aggiungere in alternativa un piccolo cerchietto. Si ottengono così i suoni detti
“impuri” e “semipuri”. A parole sembra difficile, ma vi basterà dare uno sguardo alla seconda tabella e tutto vi sarà più chiaro. Fate “clic” sul nome sottostante e datele subito un’occhiata.
HIRAGANA – SUONI IMPURI E SEMIPURI
Attenzione alla corretta pronuncia delle sillabe; quella indicata da “chi” si legge come l’italiano “ci” (come in “ciao”, per intenderci). Il suono della “c” dura è stato indicato con la “k”. La sillaba “shi” deve essere pronunciata “sci”. Inoltre, la “g” davanti a vocale è sempre dura, quindi le sillabe indicate con “gi” e “ge” si leggono rispettivamente come “ghi” e “ghe” dell’italiano. La sillaba “ji” si legge “gi” (come in “giorno”); le sillabe “wa” e “wo” si pronunciano “uà” e “uò”, anche se spesso la “u”
è quasi muta (si sente pochissimo). Per ricordarsi meglio queste regole, tenete presente che le vocali vanno pronunciate come in italiano e le consonanti come in inglese, almeno a grandi linee.
Tutta questa fatica non ve la faccio fare per niente; dovete sapere infatti che esistono due sistemi affermati per scrivere il giapponese coi caratteri occidentali, e precisamente il sistema Kunrei e il sistema
Hepburn. Il secondo è quello più comunemente utilizzato dagli occidentali, per cui ho ritenuto opportuno adottarlo anch’io per queste lezioni. Avrei anche potuto usare le regole fonetiche della lingua italiana, ma qualsiasi libro di testo sulla lingua giapponese fa uso di uno dei due sistemi sopracitati, per non parlare dei dizionari. Tanto vale quindi fare un piccolo sforzo subito per evitarne uno maggiore in seguito. (Naturalmente io spero sempre che alcuni di voi, stimolati da questi miei articoli, intraprendano seriamente lo studio della lingua giapponese… chissà!).
Ci sono anche alcuni suoni (trentasei, per l’esattezza) che non vengono rappresentati da un singolo carattere Hiragana, ma da due. Sono suoni che terminano quasi tutti con una delle tre sillabe “ya”, “yu”, “yo”; ad esempio “gya” (che si legge “ghià”), “ryu”, “kyo”, “pya”, ecc… Alcuni di questi suoni hanno perso nella trascrizione in caratteri occidentali la sillaba ya/yu/yo che li forma, e sono: “ja” (da pronunciare “già”… ormai dovreste aver capito, vero?), “ju”, “jo”, “sha”, “shu”, “sho”, “cha” (che va letto “cià”), “chu”, “cho”.
Tutti questi suoni composti derivano dalla fusione di due sillabe. Per rappresentarli, si scrive prima il suono che li contraddistingue, seguito da ya/yu/yo (a seconda dei casi) scritto però “in minuscolo”, ovvero più piccolo del segno normale. Qualche esempio vi renderà le cose più chiare:
“kya” = “ki” + “ya” (piccolo)
“shu” = “shi” + “yu” (piccolo)
“jo” = “ji” + “yo” (piccolo)
“cha” = “chi” + “ya” (piccolo)
E così via… Non preoccupatevi se adesso vi sentite un po’ confusi; queste cose si imparano con la pratica costante, ed è assurdo volerle ricordare tutte subito. Cominciate ad esercitarvi fin da ora, e vedrete che i progressi non tarderanno. Naturalmente, se qualcosa non vi è chiaro e desiderate qualche spiegazione, scrivetemi pure senza esitare: sono qui per questo!
Bene, prima di concludere questa seconda puntata del nostro piccolo corso di giapponese devo ancora dirvi un paio di cose. Innanzitutto, vediamo le cosiddette “vocali lunghe”.
Spesso, nella lingua nipponica, le vocali di una parola vanno considerate
“lunghe”, nel senso che quando sono pronunciate durano circa il doppio di quelle normali (come se ce ne fossero due in fila). Ad esempio, la parola
“oggi” si dice in giapponese “kyoo”. Leggendola, dovreste “allungare” la
“o” come se la divisione in sillabe della parola fosse “kyo-o”. (Come abbiamo visto poco fa, la pronuncia italiana sarebbe “chio-o”).
Con i caratteri Hiragana, le vocali lunghe “aa”, “ii”, “uu” vengono rappresentate (salvo alcune eccezioni) aggiungendo il simbolo della vocale da allungare dopo la sillaba in questione, ad esempio:
“kaa” = “ka” + “a”
“nii” = “ni” + “i”
“fuu” = “fu” + “u”
Per la vocale lunga “ee”, si usa il simbolo della “i”:
“kee” = “ke” + “i”
“bee” = “be” + “i”
Tenete presente però che il suono composto “ei”, sebbene sia normalmente pronunciato “ee”, si può anche pronunciare “ei” come è scritto, sebbene la “i” si senta comunque poco.
Per la vocale lunga “oo”, la più frequente di tutte, si utilizza il simbolo della “u”:
“doo” = “do” + “u”
“moo” = “mo” + “u”
Fate attenzione quindi quando leggete, ad esempio, i caratteri
“ko”-“u”-“ba”-“n” a pronunciarli “kooban” e non “kouban”.
Ricordate che anche per tutti i suoni composti visti prima (ad es. kyo, chu, ryo, shu, ecc..) che subiscono un allungamento della vocale, si usa sempre la stessa regola (si aggiunge “u”). Ad esempio:
“kyoo” = “kyo” + “u”
“chuu” = “chu” + “u”
“ryoo” = “ryo” + “u”
I suoni composti che terminano in “a” (kya, sha, cha, nya, ecc..) non subiscono mai l’allungamento di vocale.
Veniamo ora all’ultimo punto di questo mese, ovvero le consonanti doppie.
Sì, lo so che il mese scorso vi avevo promesso di parlarvi anche di altre cose, ma penso di avervi già dato per stavolta un bel po’ di materiale su cui riflettere… E’ meglio procedere un passo per volta, non credete anche voi?
Bene, tornando alle nostre doppie, sappiate che funzionano più o meno come in italiano; abbiamo così parole come “ippai”, “kitte”, “sekken”, ecc…
Tuttavia è necessario fare attenzione quando si scrivono e si leggono queste doppie utilizzando i caratteri sillabici. Infatti, per rappresentarle si fa uso di un carattere “tsu” scritto in piccolo, che non va pronunciato, ma che indica solamente che lì c’è una doppia. Qualche esempio vi chiarirà meglio quello che intendo dire:
“ippai” = “i” + “tsu” (piccolo) + “pa” + “i”
“kitte” = “ki” + “tsu” (piccolo) + “te”
“sekken” = “se” + “tsu” (piccolo) + “ke” + “n”
Bene, e con questo direi che per questa puntata è tutto… Come esercizio, provate a scrivere con i caratteri Hiragana queste parole:
Tookyoo (Tokyo, la capitale del Giappone)
Yuubin (la posta)
Nippon (il Giappone)
Shuppatsu (la partenza)
Toochaku (l’arrivo)
Gakkoo (la scuola)
E mi raccomando, imparate bene quello che vi ho raccontato questa volta; avete un mese per “digerirlo”. Se dovessero sorgere dubbi e perplessità, prendete carta e penna e fatemi sapere! Sarò di nuovo qui fra trenta giorni…sayoonara!
(Per scaricare i GIF con le tabelle di HIRAGANA cliccare con il mouse su
TABELLA1 per suoni puri e TABELLA2 per suoni impuri o semipuri)