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Colour From The Dark (2009)

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Il Colore Del Male
Ivan Zuccon – La rinascita dell’horror italiano
 
 
Scheda Tecnica:
Titolo: Colour from the dark  – Il colore del male
Regia: Ivan Zuccon
Cast: Debbie Rochon, Michael Segal, Marysia Kay, Gerry Shanahan, Eleanor James, Matteo Tosi, Emmett J. Scanlan, Alessandra Guerzoni
Produzione: Studio Interzona, Arabesque Film
Sito Ufficiale: www.ivanzuccon.com
 
Conosco Ivan Zuccon per aver visto i suoi lavori più recenti, dal claustrofobico Bad Brains (2006) al demoniaco Nympha (2007), raffinate pellicole horror che rendono omaggio alla tradizione gotica italiana. Non ho visto le prime cose: L’Altrove (2000), Maelstrom – il figlio dell’altrove (2001) e La casa sfuggita (2003), ma ho reperito in rete giudizi lusinghieri anche su questi lavori giovanili.  
Zuccon nasce nel 1972, si appassiona al genere horror, gira film in Super 8 e subito dopo in video, si dedica ai cortometraggi e infine spicca il salto verso il cinema professionale. Le sue pellicole nascono quasi sempre in lingua inglese, perché – vista la particolarità del mercato italiano – è più facile piazzare film horror in Europa e negli Stati Uniti. Zuccon è un nome noto a tutti gli appassionati del genere horror, nostalgici di grandi presenze come Lucio Fulci, Joe D’Amato e Mario Bava, che ritrovano in pellicole cupe e spettrali un profumo di tempi lontani. Zuccon si avvale della collaborazione dell’ottimo Ivo Gazzarrini, scrittore e sceneggiatore horror che pesca a piene mani nell’opera di H.P. Lovecraft, inserendola in un contesto contemporaneo. La sua troupe conta su un buon musicista come Marco Werba e validi effettisti come Fiona Walsia e Massimo Storari. Il regista lavora in proprio a un montaggio rapido e serrato, realizzando pellicole ad alta tensione davvero ben costruite.
Colour from the dark è l’ultimo lavoro di Zuccon, interpretato in inglese (sottotitoli in italiano) da buoni attori come Debbie Rochon (Lucia), Michael Segal (Pietro), Marysia Kay (Alice), Gerry Shanahan (Giovanni), Eleanor James (Anna), Matteo Tosi (Don Mario), Emmett J. Scanlan (Luigi), Alessandra Guerzoni (Teresa) e Massimo Storari (soldato nazista).
L’azione si svolge nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale. La location – suggestiva e tetra al punto giusto – è uno sperduto casolare di campagna. Pietro e Lucia sono due poveri contadini che vivono del lavoro nei campi, insieme ad Alice, sorella sordomuta e handicappata di Lucia. Pietro soffre per una malformazione al piede, zoppica vistosamente, ma è un uomo robusto e manda avanti tutto il lavoro, Lucia si dedica alla casa e alla sorella. Un giorno, mentre Alice prende l’acqua dal pozzo, accade un evento incredibile. Il secchio resta impigliato sul fondo e quando Pietro lo libera sembra venir fuori una luce aliena dalle profondità della terra. Da quel momento succedono eventi straordinari e terrificanti che coinvolgono Pietro e il resto della sua famiglia. Non è il caso di raccontare la trama, perché lo spettatore perde la gioia della visione, ma è bene dire che il film è ricco di effetti splatter e cita più volte L’Esorcista (1973) di William Friedkin e L’Anticristo (1974) di Alberto De Martino. Lo spettatore precipita in una spirale di orrore fin dalle prime scene, quando assiste agli incubi di Alice, terrorizzata dalla cantina, dal pozzo e dalla sua bambola di stoffa. Un trionfo di schizzi di sangue onirico fa capire i problemi mentali di Alice, proprio mentre Pietro e  Lucia la osservano atterriti e cercano di non svegliarla. Regista e sceneggiatore sono bravi a inserire nel racconto una tematica storica come la seconda guerra mondiale e la persecuzione degli ebrei. Il personaggio di Teresa – uccisa da un ufficiale nazista – che si nasconde dai vicini di casa (Anna e Giovanni) serve ad attualizzare meglio la vicenda. Il cadavere in decomposizione della ragazza accompagna lo spettatore nel rapido sviluppo della storia, subito dopo la scoperta di Alice.
Il tema del pozzo che si apre e scatena una forza misteriosa si può ricondurre a vecchi ricordi fulciani contenuti ne L’Aldilà – E tu vivrai nel terrore (1981), ma anche al meno esaltante Le porte dell’inferno (1989) di Umberto Lenzi. Lo scrittore di Providence nel racconto originale parla di forze aliene che si liberano e producono effetti orribili, più che di demoni che entrano da porte infernali. Gazzarrini e Zuccon ci lasciano nel dubbio, ma non è così importante. Il film gode di grande tensione, ottimi effetti notturni, bella fotografia anticata color seppia, eccellenti ricostruzioni scenografiche, perfetta ambientazione d’epoca e caratterizzazione dei personaggi immune da difetti di approssimazione. La ricostruzione di una casa di campagna anni Quaranta, arredata con tavoli in legno, mobili tarlati e candele consumate per leggere a letto, è degna di menzione. Gli effetti speciali sono la cosa migliore del film, tra crocefissi che cadono dopo essere stati contaminati da un alone nero, pomodori che maturano rapidamente e subito dopo vanno in decomposizione, un cielo tetro, nero, quasi infernale che accompagna il crescere dell’orrore. L’entità infernale liberata dal pozzo fa miracoli demoniaci e contamina la zona circostante. La prima persona contagiata dal morbo è Lucia, che cambia carattere, vuol far l’amore come non l’ha mai fatto e mostra occhi neri, diabolici. Gli effetti speciali che presentano Lucia indemoniata sono ottimi: la donna si taglia la guancia e dalla ferita esce un occhio, poi si sveglia insanguinata e non ricorda più niente. Il film è scandito dal passare dei giorni della settimana, ci accompagna in un abisso senza speranza modificando la fotografia che diventa sempre più cupa e abbonda di toni grigi. Lucia si accoltella una mano, sputa al marito, bestemmia, aggredisce un prete che vorrebbe esorcizzarla, ma finisce massacrato a colpi di crocefisso.
Zuccon è bravo a mostrare il progressivo deteriorarsi di uomini e ambiente, inquadrando i campi sempre più distrutti e le persone che modificano il loro carattere. Alicia accoltella la bambola ed è sempre più preda dei suoi terrificanti incubi, pure se come per miracolo ha cominciato a parlare. Pietro non zoppica più, ma si accorge presto che quell’evento straordinario non è opera divina.
Gli effetti speciali esorcistici ricordano il film di Friedkin (il fiato gelido, le grida, il volto che si modifica…) ma sono utilizzati con grande originalità. Anna e Giovanni sono due buoni personaggi di contorno, come vicini di casa coinvolti nella spirale di terrore. Luigi, il fratello di Pietro che torna dalla guerra e resta coinvolto nel massacro, è un altro protagonista interessante.
Uno degli aspetti più interessanti della pellicola resta lo squallore riprodotto in maniera credibile, tra frutti del terreno che marciscono e la casa che va in malora. Il film è una storia nera senza speranza, molto contemporanea, soprattutto perché lo scontro tra Dio e demoni non prevede un lieto fine. La fotografia cupa, angosciosa, nera, squarciata da improvvisi lampi di luce inserisce bene la storia in una campagna desolata che si trasforma in uno spaccato d’inferno. Il demone liberato ti entra dentro, ti succhia la vita e distrugge ogni cosa vivente, senza lasciare traccia di speranza.
Ricordiamo che nel cast ci sono belle presenze femminili, come nel vecchio cinema horror italiano e che non mancano alcune parti erotiche di buona fattura. Debbie Rochon (l’indemoniata Lucia), dopo Valeria Sannino (Bad Brains) e Tiffany Shepis (Nympha), incrementa il numero di attrici sexy impiegate da Ivan Zuccon.
Pare che il progetto di girare Colour from the dark sia stato più volte accantonato da Zuccon, a causa di numerose difficoltà, ma alla fine il film è venuto fuori molto bene. A nostro giudizio è la cosa migliore girata da Zuccon tra quelle viste sino a oggi.
Perché pellicole simili non circolano più nelle nostre sale?
 

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