Misteri della Musica Precolombiana
La musica più antica può rivivere solo attraverso il lavoro e la conoscenza dell’etnomusicologia, dell’archeologia e dell’antropologia. Nessuna scrittura musicale ci consente di sapere oggi esattamente come fossero le melodie e le armonie più remote e irrimediabilmente perse, a parte forse qualche motivo trasmesso di memoria in memoria da una qualche notte dei tempi fino a che, in secoli o decenni più recenti, qualche etnomusicologo non ne ha trascritta la musica o non ne ha registrata una reinterpretazione, chissà se e quanto ancora fedele dopo tutti gli anni trascorsi e il passaggio di generazioni di musici. Ma la musica più antica può senz’altro rivivere verosimilmente con i suoni più arcaici, fedelmente riproducibili attraverso la scoperta di antichi materiali o strumenti musicali, o la loro ricostruzione basata sui resti, sulla iconografia artistica o su testimonianze scritte.
E’ questo il caso degli strumenti della musica precolombiana. Per l’uomo americano preispanico il canto, la musica e la danza rivestivano un ruolo fondamentale per ogni ambito della vita. Gli strumenti musicali comparivano perfino nelle offerte funerarie, poiché il loro suono aiutava e allietava il cammino e la permanenza dei defunti verso e nell’aldilà. La musica aveva un ruolo paragonabile allo stesso linguaggio parlato per esprimere valori e messaggi di ogni sorta.
Di quel tempo rimangono dunque soltanto testimonianze sonore attraverso la sopravvivenza o la reviviscenza/ricostruzione degli strumenti musicali. Taluni di essi hanno forme o pitture di grande pregio artistico e suggestione: forme animali, vegetali o immaginarie, scene di vita o ispirate a un qualche mito. Strumenti a percussione (tamburi) e flauti soprattutto. La musica precolombiana pare si basasse sulla scala pentatonica (per es. Re – Fa – Sol – La- Do), il che consente ancora oggi di poter scrivere della musica che possa somigliare a quella originaria. Molti di quegli strumenti emettono tuttavia suoni a volte poco più che bitonali, come nel caso dei fischietti ad acqua. Quei fischietti e flauti sono strumenti che spesso non consentono l’esecuzione di note in quantità sufficiente a realizzare una melodia vera e propria, ma solamente l’espressione di effetti sonori, ciascuno col proprio significato. E’ il caso dei “Whistles of Death” cosiddetti o “fischi della morte” dei Maya, degli Aztechi e tutta la civiltà messicana e guatemalteca vissuta da 1800 anni avanti Cristo fino all’arrivo degli europei. Il primo “Whistle of Death” fu scoperto, accanto a uno scheletro, dall’esperto di archeologia di musica preispanica Arnd Adje Both.
Fino a dieci anni fa non se ne sapeva nulla. Per lungo tempo ritenuti niente più che gingilli ornamentali, l’ingegnere meccanico messicano Roberto Velazquez, affiancato da un’équipe composta da archeologi, storici e musicisti, ha dedicato molti anni della sua vita a rivalutare e ricostruire i “Whistles of death”, nel modo più fedele possibile, utilizzando materiali naturali quali creta, canne da zucchero, legno, piume di uccelli e pelli di animali. Hanno forme variegate, talvolta poetiche e grottesche, come musi e corpi di animali, tal’altra minacciosa e angosciante come teschi, demoni e maschere. Ciascuno di questi fischietti e flauti assolveva un compito preciso durante la caccia o le feste, i riti propiziatori (spesso con sacrifici) o quelli funebri e tutti gli altri momenti importanti della vita.
Qualche amante della cultura delle tradizioni esoteriche e sciamaniche del Messico precolombiano aveva avanzato una ulteriore funzione o proprietà di questi fischi: quella di indurre la trance o uno stato di semi-coscienza, alterando la frequenza cardiaca e l’attività elettrica del cervello, ricreando una sensazione vicina all’effetto delle moderne droghe allucinogene o finanche di curare il corpo da certe malattie. Secondo Velazquez, i fischi di morte servivano per dialogare con gli spiriti e gli dei. Velazquez ha rifabbricato questi strumenti dopo aver viaggiato per tutto il Messico e rileggendo tutta la documentazione scritta sull’argomento. Ha dovuto poi scoprire anche il modo di poterli suonare, come soffiarvi, come maneggiarli. Non è infatti così scontato fare un’ancia con la pelle di rana e riuscire a suonarla.
Potete ascoltare e ammirare i fischi della morte collegandovi ai seguenti link:
AUDIO: ASCOLTA LE MUSICHE PRECOLOMBIANE
http://tv.repubblica.it/home_page.php?playmode=player&cont_id=21739
http://www.repubblica.it/2006/08/gallerie/spettacoliecultura/strumenti-pre-colombiani/ 1.html
http://www.repubblica.it/2006/08/gallerie/spettacoliecultura/strumenti-pre-colombiani/ 1.html
I fischi della Morte e Roberto Velazquez.