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Ritorno al mondo perduto – Edward D. Malone

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Edizioni Simple – 2007 – 12,00 Euro

Doyle, padre del giallo con Holmes, nel fantastico Mondo perduto restituisce identità alla penna di Malone, personaggio narratore che diviene anche autore co-protagonista. Ritorno al mondo perduto, a suffragare questa ricostruzione, è un manoscritto ritrovato recentemente e per il quale Stefano Berni, il “cacciatore di libri”, ha curato note e traduzione. Qui si aprono le prospettive di un secondo viaggio con altrettanti straordinari particolari celati da Maple White, altopiano con risvolti evoluzionistici devianti e a noi più prossimi nell’icona di Jurassic park.  Emerge un tardo ottocento più propenso a risolvere la storia nella scienza per interpretare etica e destino dell’uomo, quello di Spencer e di Darwin che ricorre, oltretutto, citato nel testo, ma anche una parte di un “universo adolescenziale”, così come lo ha vissuto lo stesso Berni, di una letteratura legata ad un immaginario collettivo dove scorrono ancora Moby Dick e il capitano Nemo insieme a tutto l’esotico più nostrano di Salgari. Un filone fantastico e avventuroso caratterizzante un’epoca in cui il mondo smise di preservare misteri nella sua totale compenetrazione. Un’enclave come la foresta amazzonica, nell’ambientazione, sembrerebbe già essere l’ultima frontiera per carpirne l’estremo segreto. Stampa e impaginazione lasciano a desiderare, anche a causa di un carattere troppo piccolo che ne appesantisce la lettura. Il libro, invece, è ricco di colpi di scena, self-control ed humour inglese della migliore tradizione. Agli interessi filantropici e scientifici della spedizione s’intrecciano quelli delle facili ricchezze riposte in un bacino ricco di diamanti. Maple White risulterà poi un luogo noto anche ad avventurieri senza scrupoli e persino ad un artista americano, figura del tutto integrata in una sorta di prigione-paradiso e non così lontana dal popolare Tarzan che, a conti fatti, dovrebbe appartenere ai tempi.
Lord John, provetto cacciatore, e il dottor Stapleton, entomologo, sono i compagni di viaggio con cui Malone raggiungerà il Rio Parà. Di lì, risalendo il fiume tra facendas ed avamposti legati all’estrazione della gomma, giungeranno finalmente a destinazione. Gli squilibri lasciati dalla precedente missione affiorano subito attraverso gli indigeni Accala ormai soggiogati dagli “uomini scimmia” e destinati all’estinzione. Pipistrelli giganti e feroci pterodattili sono solo un assaggio delle prove che li aspettano, saranno ben presto ostaggio del balordo Leroy Adams per poi liberarsene conoscendo la più terribile delle minacce di quel remoto luogo, quella di gigantesche mantidi evolute a specie intelligente ed organizzata. Insieme al pittore nonché poeta re degli alberi, riescono in modo rocambolesco a rompere un incantesimo che li vede eterni ostaggi, ma lui, idealista inselvatichito, non se la sente di abbandonare quel posto e lì preferisce perire, in una provvidenziale lava che seppellirà tutto e tutti occultando per sempre un mondo, a tutti gli effetti, due volte perduto. Fuoriesce ancora un eden violato, reso instabile dal passaggio dei pionieri, soprattutto dall’uso di tanta dinamite sulla sopita sottile crosta del sottostante vulcano. Stapleton, sprezzante della sua stessa esistenza nel perseguire la fede della scienza, non esiterà a prelevare un’ooteca contenente le uova dei mostruosi insetti prima di abbandonare per sempre l’empirico empireo, ragione di una vita di ricerche. Epilogo allusivo, dove si lascia intendere un’ulteriore storia di “baccelloni” che si sovrappongono all’umano. Trenta esemplari sfuggono al controllo dell’entomologo ritirato in Cornovaglia, un bambino viene ritrovato dilaniato e Malone naturalmente, sospeso com’è tra storia e leggenda di questo libro, ne custodisce l’ultimo segreto.

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