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Bambole perdute – Renzo Saffi

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Dario Flaccovio Editore  
Pag. 192 – Euro 14,00
 
Renzo Saffi ha talento da vendere e lo dimostra in questo eccellente romanzo noir che a tratti ricorda pellicole del cinema  italiano anni Settanta come Romanzo popolare e La classe operaia va in Paradiso. Bambole perdute è molto di più che narrativa di genere, non è soltanto opera di mero intrattenimento, perché l’autore affronta il problema delle attuali condizioni degli operai all’interno di una fabbrica siderurgica e dimostra buona conoscenza della realtà. L’ambientazione bergamasca è perfetta, i notturni di periferia sono vissuti e ben metabolizzati, la storia si dipana tra città e provincia accompagnando il lettore in una vera e propria discesa negli inferi. Lo stile di Saffi è tagliente e rapido, alterna poche descrizioni a dialoghi, conduce il lettore per mano in una storia sempre più degradante. Tutto comincia con una fattura d’amore in un campo di zingari alla periferia di Bergamo, un uomo molla la famiglia per inseguire una bambola perduta che lo vuole soltanto per sé, ma troppe cose non tornano, tanti misteri vengono alla ribalta e anticipano un tragico finale. Non è possibile dire molto sulla trama, perché il palinsesto da giallo misterioso è un elemento più importante e non va svelato. Saffi conduce un’interessante analisi psicologica sui personaggi, costruiti come un uomo che cerca la sorella morta nelle donne che incontra e come una donna alla perenne ricerca d’un padre scomparso. Bambole perdute è un segnale di vitalità della narrativa italiana contemporanea, un noir crudo e senza speranza, molto vicino alle storie del terrore. La scrittura è talmente cinematografica da far pensare a una sceneggiatura, ma non né un difetto e neppure una critica nei confronti di un autore che è stato capace di tenermi incollato alla pagina per un’intera giornata. Consigliato a chi ama la suspense.

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