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Sorveglianza…

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La pena dev’essere sempre adattata al carattere del colpevole,

e tanta che frutti.

U. Foscolo

La Magistratura di Sorveglianza, nell’ordinamento giudiziario italiano, è quella parte della magistratura che funzionalmente si occupa della sorveglianza sull’esecuzione della pena alle persone condannate[1].

Mentre in altri Paesi si ritiene che l’esecuzione della pena detentiva abbia natura semplicemente “amministrativa”, in Italia si è considerata necessaria la sua piena giurisdizionalizzazione: dopo più di vent’anni dall’entrata in vigore della Costituzione, periodo in cui rimase in funzione il sistema previsto dal Codice Penale del 1930[2], intervenne una sentenza della Corte Costituzionale, la n. 204 del 27 giugno 1974. La Consulta affermò che l’art. 27, comma 3, Cost. (“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”), obbliga il legislatore a predisporre tutti i mezzi idonei a realizzare le finalità rieducative della pena ed a prevedere un controllo effettuato da un Magistrato ordinario sulla sua esecuzione[3]. Ecco che la legge 26 luglio 1975 n. 354 ha ridisegnato completamente la funzione di un Magistrato (di Sorveglianza), che decide del percorso di espiazione della pena detentiva del detenuto[4]. Il sistema legislativo, infatti, ha voluto affidare a un Giudice togato, e non all’Autorità amministrativa, ogni aspetto decisionale relativo al contenuto delle sentenze di condanna penale, cioè sulle modalità concrete di espiazione della pena, avendo questa funzione un significato profondo per il Legislatore[5]. Il ruolo del Magistrato di Sorveglianza è dunque fondamentale nel dare senso e contenuto alla pena irrogata e a tutti i contenuti della sentenza, che non conclude il percorso del condannato, poiché essa deve essere compiutamente eseguita. Il Magistrato di Sorveglianza è una figura di cui poco si conosce e si parla in Italia. Un lavoro complesso che incomincia quando un detenuto inizia il suo percorso nello scontare la pena: per la pubblica opinione, bastano la condanna e il carcere, ma dopo che cosa accade? Quanto è complesso rendere reale il dettame della Costituzione per cui la pena sia espiazione ma anche percorso per il reinserimento nella società? Viviamo in un tempo in cui basta il titolo di un giornale per definire un colpevole, emettere una sentenza e voltare pagina. Eppure, esistono mondi complessi che sono propri della legge e della Costituzione che, insieme, definiscono il concetto di Giustizia.

La Magistratura di Sorveglianza è organizzata su due livelli: Il Magistrato di Sorveglianza e il Tribunale di Sorveglianza.

Il primo è un organo giurisdizionale monocratico: i singoli Giudici sono assegnati ad un “Ufficio di sorveglianza” istituito presso ogni Tribunale nel cui circondario si trovi un’istituto penitenziario[6].

Questo Giudice togato e “specializzato” (al pari di ogni altro Magistrato ordinario), ha il compito di:

  • vigilare sulla organizzazione degli Istituti penitenziari[7],
  • segnalare al Ministero della Giustizia le esigenze dei servizi,
  • approvare il programma di trattamento individualizzato per ogni singolo detenuto e i provvedimenti di ammissione al lavoro esterno,
  • provvedere sulla remissione del debito[8] e sulla situazione dei condannati per infermità psichica,
  • decidere sulle concessioni dei permessi (“premio” e “di necessità”), sulle misure di sicurezza e sui reclami disciplinari e in materia di lavoro dei detenuti[9],
  • decidere sulla concessione di misure sostitutive delle pene detentive e sulla liberazione anticipata[10],
  • differire o sospendere (ma solo provvisoriamente, prima che intervenga il Tribunale di Sorveglianza) l’esecuzione di pene detentive, anche se sostitutive[11].

Al Magistrato di Sorveglianza sono attribuiti, dunque, ampi poteri di vigilanza sulla condizione dei detenuti nelle carceri. A questo scopo la legge impone al Magistrato di recarsi in carcere e di sentire i detenuti che chiedono di conferire con Lui[12].

Il Tribunale di Sorveglianza è, invece, l’organo collegiale, competente sulle questioni più delicate; e così da un lato le sue funzioni si intersecano con quelle del Magistrato di Sorveglianza[13], dall’altro, funge da Giudice d’Appello nei confronti delle decisioni di quest’ultimo. Attualmente sono attivi 29 Tribunali di Sorveglianza presso ogni capoluogo di Distretto di Corte d’Appello, con competenza territoriale estesa al relativo Distretto; ad esso “partecipano” tutti i singoli Magistrati di S. in servizio presso tutti i circondari del territorio regionale[14]. Nel collegio sono presenti, oltre a due Magistrati di Sorveglianza, uno dei quali in veste di Presidente, anche due componenti esperti, nominati (dal C.S.M.), tra sociologi, psicologi, criminologi e medici, quali figure che possono fornire il loro contributo professionale per la decisione da assumere[15].

In primo grado è competente in tema di:

  • concessione e revoca delle misure alternative alla detenzione,
  • concessione della riabilitazione[16];
  • emissione del parere (obbligatorio) sulle domande di grazia[17].

Il Tribunale di Sorveglianza è dunque il Giudice che decide principalmente sulle misure alternative alla detenzione, cioè sulle istanze che consentono al condannato, in presenza delle condizioni di legge, di evitare la carcerazione ordinaria. Le pene detentive sotto i quattro anni possono, in pratica, essere espiate con misure alternative, ma occorrono “condizioni esterne” positive (un domicilio e talvolta un lavoro, o comunque un’autonomia economica) e valutazioni prognostiche (relative alla probabile condotta futura del detenuto), da parte del Magistrato di Sorveglianza, perché la misura possa essere concessa.

Prendiamo come esempio la prima (e forse più nota) misura alternativa alla detenzione “l’affidamento in prova al servizio sociale”. Secondo l’art. 47 l. n. 354/1975, il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni può essere affidato al servizio sociale fuori dell’istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare, con l’imposizione di svolgere lavori di pubblica utilità (come, ad esempio, collaborare con la “protezione civile”, assistere persone disabili ecc.) oppure impegnandosi a svolgere una propria attività lavorativa. La misura può essere chiesta prima ancora che la condanna venga eseguita, quando questa sia inferiore a quattro anni, oppure interrompendo l’esecuzione della pena già in corso, nel momento in cui restano quattro anni da scontare rispetto a una pena maggiore[18]. In pratica, può accedere all’affidamento in prova al servizio sociale tanto il condannato a pena fino a quattro anni, quanto il condannato a cui restano ancora quattro anni di carcere come residuo di una pena maggiore. L’affidamento in prova è revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate dal Tribunale di Sorveglianza, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova[19]. L’esito positivo del periodo di prova estingue la pena e ogni altro effetto penale.

In questo come negli altri casi di misure alternative alla detenzione (“Detenzione domiciliare”[20], “Semilibertà[21]”, “Lavoro di pubblica utilità”[22], ecc.), il Magistrato di Sorveglianza deve verificare, all’atto della richiesta, il percorso “trattamentale” effettuato fino a quel momento dalla persona condannata, alla luce anche del tempo trascorso dalla commissione del reato, per pervenire a un giudizio di esclusione della pericolosità sociale e di meritevolezza di quanto richiesto. Si tratta di una valutazione molto complessa, essendo evidente quanto sia difficile stimare, in maniera oggettiva, il percorso interiore di una persona per comprendere se abbia compiuto dei progressi o meno, al fine di avviare il recupero all’esterno del carcere[23].

Come detto, senso della funzione di sorveglianza è la rieducazione della persona in modo che la pena sia utile al fine di restituire una persona diversa alla società. “Si tratta di un ruolo che richiede una continua sfida, legata proprio all’impegno che assorbe e che riguarda il raggiungimento di un ideale di giustizia effettiva, quella che porta a cancellare il male, anche gravissimo, arrecato, ripristinando la vittoria dello Stato senza la perdita di una ulteriore vita, quale è quella del condannato[24]. L’azione del Magistrato di Sorveglianza rappresenta quella concreta possibilità che uno Stato democratico deve dare innanzitutto a sé stesso prima ancora che al reo. Lo impone la Costituzione, ed è uno strumento che può garantire la pace sociale dopo la commissione di un reato. Affidare alla mera detenzione l’unica risposta della società al reato, senza curarsi di dare una alternativa per impedirne la reiterazione, è non risolvere il problema.

Le carceri italiane sono sovraffollate. La presenza effettiva di 61.134 detenuti (dati al 29/07/2024), contro 47.004 posti regolarmente disponibili è causa delle forti difficoltà della Magistratura di Sorveglianza, che conta ad oggi solo 236 Giudici nelle 29 sedi dei Tribunali distrettuali, nel gestire o anche solo “monitorare” l’iter penitenziario di ogni recluso, senza considerare le pesanti carenze del personale amministrativo, e di risorse materiali per gli Istituti penitenziari. Da un recente articolo giornalistico sull’argomento, emerge l’affermazione di una “realtà della Magistratura di Sorveglianza” come “drammatica” di fronte alla necessità (stima sulla carta), di almeno 1000 Magistrati in più[25].

Un’altra sfida per la “riforma della giustizia” italiana…

Quis custodiet ipsos custodes?

(Chi sorveglierà i sorveglianti?)

Giovenale

  1. Cfr. “La magistratura di sorveglianza, definizione e caratteri”, in www.diritto.it, sez. penale.
  2. Con l’art. 144 C.P.(ora abrogato), con il vecchio codice di procedura penale (art. 585 c.p.p.), in vigore fino al 1989, così come con il Regolamento per gli Istituti di Prevenzione e di Pena, entrambi del 1931, fu introdotta e disciplinata la “vigilanza” di un Giudice sull’esecuzione delle pene detentive. Questo Giudice svolgeva funzioni di natura amministrativa e precisamente ispettive, deliberative e consultive. I pareri del Giudice di sorveglianza, anche se obbligatori, non erano mai vincolanti.
  3. Costituzione – PARTE I – Diritti e doveri dei cittadini – Titolo I – Rapporti civili (artt.13-28).
  4. “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” Pubblicata nella Gazz. Uff. 9 agosto 1975, n. 212, S.O. Cfr. “41-bis OP: carcere duro” di Alberto Monari, in Kultunderground n.181-AGOSTO 2010, rubrica Diritto https://kultunderground.org/art/1666/
  5. Cfr. “Chi è e cosa fa il Magistrato di Sorveglianza: intervista a Giovanna Di Rosa” (Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano), di Sergio Nazzaro, 3 Maggio 2021 in https://www.leurispes.it/
  6. Attualmente sono 58 gli Uffici presso altrettanti Tribunali ordinari.
  7. Il Magistrato monitora le condizioni di detenzione per assicurarsi che siano rispettati i diritti di tutti i detenuti e le finalità rieducative della pena.
  8. La pena non è solo quella detentiva, quasi sempre si affianca quella pecuniaria; dunque il Magistrato di Sorveglianza decide le istanze dei condannati che riferiscono di versare in condizioni economiche disagiate e quindi di non poter pagare le spese processuali, a volte molto ingenti, del loro processo, oltre alle spese di mantenimento in carcere.
  9. Tra le misure alternative alla detenzione ci sono anche i cosiddetti “permessi premio”, che consentono al condannato di allontanarsi dal carcere per coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. I permessi premio sono concessi solamente se il condannato ha dato prova di buona condotta e di volontà di reinserirsi in società. La durata dei permessi premio non può essere superiore a 45 giorni per ciascun anno di pena espiata.
  10. Può concedere la liberazione anticipata ai detenuti che hanno mostrato buona condotta. Ai sensi dell’art. 54, legge ord. pen., al condannato che ha dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione è concessa, quale premio, una detrazione di 45 giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. Si tratta, in pratica, in uno sconto di pena per buona condotta. Ad esempio, il detenuto che ha trascorso un anno in carcere ha diritto a 90 giorni (45 giorni x 2 semestri) di detrazione dalla pena complessiva, come se avesse già scontato un anno e tre mesi anziché uno solo.
  11. Ad esempio, se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica, è possibile chiedere al Magistrato di Sorveglianza che l’esecuzione venga sospesa o differita in attesa che le condizioni di salute migliorino.
  12. Decide anche sui risarcimenti richiesti dai detenuti in caso di condizioni di detenzione contrarie all’art.3 della CEDU (Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali); in altri termini, ed è fenomeno di stringente attualità con le condizioni di attuale sovraffollamento delle carceri italiane, può sancire che le condizioni concrete dei detenuti siano riconosciute come “inumane e degradanti”, di conseguenza meritevoli di risarcimento pecuniario da parte dello Stato italiano.
  13. Il Magistrato (monocratico), spesso anticipa in via provvisoria decisioni di competenza del T.d.S. organo collegiale, considerata la lentezza con cui spesso intervengono le decisioni del Tribunale.
  14. Nella composizione del collegio del Tribunale che dovrà decidere su un provvedimento di un singolo M.d.S. quest’ultimo non potrà ovviamente far parte dell’organo per evidenti problemi di incompatibilità.
  15. Secondo la circolare del Consiglio Superiore della Magistratura che reca i “criteri per la nomina e conferma degli esperti dei tribunali di sorveglianza”, “la qualifica di esperto conduce a ravvisare nel componente privato del tribunale di sorveglianza un “cittadino idoneo estraneo alla Magistratura
  16. Istituto che consente, in presenza delle circostanze previste dalla legge, la cancellazione dei reati dal certificato penale della persona condannata.
  17. Cfr. “Troppa Grazia…(e poca Costituzione…)” di Alberto Monari, in Kultunderground n.107-APRILE 2004, rubrica Diritto. https://kultunderground.org/art/14219/
  18. Tizio viene condannato a 3 anni di reclusione. Prima di andare in carcere, il PM gli comunica che ha trenta giorni per chiedere l’affidamento in prova al servizio sociale. Così facendo, Tizio, dopo l’autorizzazione del Tribunale di Sorveglianza, evita di andare in carcere, potendo scontare l’intera pena in affidamento (art.656 Codice Procedura Penale).

    Caio viene condannato alla pena definitiva di 5 anni di reclusione. Solo dopo aver scontato un anno potrà chiedere di accedere all’affidamento in prova, scontando così i rimanenti quattro anni lontano dal penitenziario.

  19. Si pensi a chi si era impegnato a svolgere una determinata attività lavorativa senza poi presentarsi dal datore di lavoro.
  20. Art. 47-ter, legge ord. pen. Il condannato sconta la pena presso il proprio domicilio o in un altro luogo di residenza, con eventuali limitazioni alla libertà di movimento. Modalità di esecuzione della pena per alcune categorie di condannati nei confronti dei quali la reclusione in carcere non può essere normalmente eseguita: Si pensi, ad esempio, al condannato che soffre di particolari patologie, alla donna incinta, alla persona particolarmente anziana o invalida.
  21. Artt. 48 – 50, legge ord. pen. Il condannato può trascorrere parte della giornata fuori dal carcere per lavorare, studiare o partecipare ad attività di reinserimento, rientrando in carcere solo per la notte.
  22. Art. 20ter, legge ord.pen. Il condannato svolge attività non retribuite a favore della collettività, in sostituzione della pena detentiva.
  23. La struttura del carcere redige periodicamente “relazioni di osservazione scientifica” della personalità dei detenuti attraverso esperti presenti negli istituti, che svolgono colloqui ripetuti con i reclusi e li osservano durante il loro percorso. Il complesso di questi elementi, accompagnato dalla conoscenza e verifica diretta, da parte del Magistrato di Sorveglianza cui è affidato il singolo caso del detenuto, porta alla decisione in ogni caso davvero molto complessa, che non raramente ha portato alla liberazione temporanea di individui che, nuovamente liberi, hanno commesso delitti gravi.
  24. “Chi è e cosa fa il Magistrato di Sorveglianza: intervista a Giovanna Di Rosa”, cit. sopra.
  25. Cfr. Giovanni Rossi “Decreto Carceri, il Colle firma”, Il Resto del Carlino, p.2, venerdì 9 agosto 2024.

 

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