Tutto cominciò quando le famiglie Caprioli e La Raspetta avevano messo le mani su alcuni traffici di cui i Diomene rivendicavano, per così dire, l’esclusiva . Per contrastare le nuove leve di queste famiglie si erano dati ai pluriomicidi ammazzando nei luoghi più disparati, in pubblico e non,
complici e parenti di prima, seconda e terza generazione. Jack aveva assicurato altri tre manigoldi alla giustizia. "Ben fatto Monara, ben fatto", si complimentavano con lui colleghi e dirigenti delle forze di polizia. La mattinata era di dicembre, e precisamente il venti. Era
abbastanza mite per essere una giornata invernale, anche se a Bari non si poteva parlare d’inverno rigido; era circa una settimana che il sole girovagava davanti ad un cielo terso e la tiepidezza dei raggi Jack la sentiva sul viso mentre si trovava all’interno della sua serra di piante
tropicali. Aveva trascurato un po’ le felci ed il piccolo palmeto di cycas, c’era un po’ di vegetazione rinsecchita da strappare, bisognava dare una mossa al terreno e lui era lì con uno zinale verde da lavoro, due guantoni da giardinaggio ed una forbice da potatura. Le gocce di sudore gli colavano dal viso e le sentiva anche scivolare sul dorso della schiena, segno che anche la maglietta era pregna di sudore. Ne approfittò per abbandonare un momento guanti ed utensili e tirare un goccetto dalla bottiglia di vodka che aveva nel cassetto degli attrezzi. Era per questo che gli uomini quando si sposano si dedicavano agli hobby più svariati, pensava Monara: per allontanarsi dalle mogli e non pensare sempre al sesso oppure per fare qualcosa che loro non avrebbero mai approvato, nel caso di Monara, bere. La serra era prevalentemente coltivata ad orchidee e bromeliacee. Le infiorescenze delle Cattleya erano apparse da poco ed ammirare i labelli multiformi e colorati delle Aclandie e delle Mossiae a dicembre era proprio una bella ricompensa. "Papaaaaaaaaà, papaaaaaaaaaà dove sei?" "Cristo Santo!" Mormorò Monara. Era la voce della figlia, e non voleva che lo scoprisse appiccicato alla bottiglia come uno di quei
barboni del sottovia della stazione centrale. "Siiiiiiiii?" Rispose Jack piegandosi dietro le foglie giganti di un Banano a nascondere la mezza pinta di vodka liscia tra gli steli delle radici che affioravano in superficie. Ebbe un attacco di tosse violento che lo costrinse a ripiegarsi di nuovo dinanzi ad Alba con il busto teso. "Questo schifo di influenza! Per quanto tempo me la porterò appresso.!" Poi si schiarì la voce due o tre volte. "Cosa c’è . va tutto bene adesso?" Chiese la
fanciulla. "Tutto ok piccola, va tutto bene." Jack era convinto: la piccola Alba era l’unica donna che gli volesse veramente bene, al diavolo la signora Monara e le altre. Gli occhi verdi e le treccine dorate non ti lasciavano alternative: donne come quelle si amano e per loro puoi dare la
vita, perché "non è niente in confronto al suo sorriso e a quelle ciocche di capelli che le cadono sulla fronte" pensò Jack. Aveva due macchie di colore rosso sulle guance, precise. Andava avanti e dietro nei vialetti della villa ed era corsa da lui dopo che era squillato il telefono. "Era
corsa da me capite?" "Papà ti vogliono al telefono, la mamma dice che è il tuo capo" "aahhhh, ma quando arriva un giorno di ferie per un giudice!"
Jack aveva un brutto presentimento, anche perché adesso se la sorbiva la ramanzina di Serra: " Jack! Ma perché cazzo non accendi quel cazzo di telefonino! Ho dovuto prendere la tua scheda personale per trovare il tuo numero di casa" ecc.ecc. In realtà Monara una giustificazione l’aveva, ed era che in quel periodo si filava una ragazza nigeriana. Si chiamava Sofia, e sapete che scena se la signora Linda l’avesse acciuffato al telefono con quella? Le ragazze africane sono le migliori del mondo, non lo sapevate? Be! Provate. "Forza .. Slacciami questo coso da dietro, anzi no perché, arrivo con questo indosso". Uscì dalla serra e si raccomandò con la figlia di chiudere la porta, " è per l’impianto di acclimatazione lo sai, richiede un sacco di energia per mantenere l’umidità e la temperatura costanti." Ma perché i genitori devono sempre ripetere le stesse cose ai figli? E perché questi non ascoltano mai? Linda stava sull’uscio e venne incontro al marito che arrivava saltellando. "Jack, per favore digli che non puoi, abbiamo dovuto già rinunciare alla settimana sulla neve, temo che ti voglia inchiodare ancora. Fallo per me!." Lei aveva già capito che il capo l’avrebbe incastrato con qualche nuovo caso, e non si sbagliò. Quello che le donne chiamavano intuito femminile aveva funzionato in quella circostanza. Tutte le donne possiedono un sesto senso e funziona quasi sempre, ma la maggior parte delle volte hanno bisogno di qualche stratagemma: minigonna, cosce e tette al vento e molta, molta perseveranza. A dire la verità a Jack non sarebbe dispiaciuta un’altra indagine, oramai dovevano rimanere a Bari per le feste natalizie e rimanere in casa a fissare uno stupido albero addobbato con festoni colorati lo disgustava. Odiava il caminetto acceso, i jingle natalizi e la moglie improvvisamente tanto affabile che fingeva di dargli la fica senza tanti complimenti. " Monaara" disse Jack partendo da zero con sicurezza.
"Mooonara, un cazzo! Jack ma perché cazzo non tieni acceso quel.." "Ha ragione Procuratore, ma vede mi ero concesso un po’ di tempo da dedicare alle mie piante lei sa, e poi in un giorno di ferie non credevo che."
"Monara, guardi che lei non è un impiegato della Sears & Co. Lei è un pubblico ufficiale, lo vada a dire a quei ragazzi che le proteggono il culo fuori dal cancello di casa sua. Sono in ferieeeee!!!" Era sicuramente uno dei suoi peggiori exploit, tuttavia Monara continuò ad ascoltare in silenzio. Dopo un po’ si calmò ed espose il motivo della interpellanza con rispetto e decisione. "Devi andare alla Gutrag di corsa" "alla chee?".
"Ehm, mi scusi non ho capito esattamente." "Gi U Ti Erre A Gi, Essepià".
"E’ un’azienda venuta su da poco, è tedesca e si trova nella parte ovest della città. Il polo industriale" poi continuò:
"C’è stato un omicidio ieri notte, sono già sul posto la polizia ed i carabinieri del nucleo cinofilo del presidio zona industriale. Raccogli tutte le informazioni possibili e poi ritorna in procura, voglio essere informato subito."
"Va bene, se mi tocca." Linda disapprovò repentinamente scuotendo la testa da destra a sinistra. Poi guardò negli occhi Jack, profondamente. Stava diventando rabbiosa, conosceva quegli occhi lucidi Monara, era meglio allontanarsi.
" Eh. Un’altra cosa Jack, tieniti lontano dai giornalisti!" L’ultima volta il magistrato si era fatto incastrare da un’attraente giornalista di una Tivù privata; aveva spifferato tutto su di un processo di mafia per un invito a cena. C’erano stati anche seri problemi in famiglia in seguito all’accaduto, ma alle volte a Jack piaceva fare il buffone, alcool a parte.
"Lo sapevo, l sapevo, lo sapeeeevooo!" Inveì Linda allontanandosi e dirigendosi verso la cucina. Jack andò a cambiarsi, cosa che durò qualche minuto, poi prese sciarpa e cappotto dall’armadio. Li indossò, poi prese le chiavi della Fiat della signora e si fermò a raccogliere da un piccolo
vassoio portaoggetti una manciata di cioccolatini al cherry che affondò nella tasca. " Papà, lo sai che la mamma." "Lo so, non devo mangiare dolci né bere." "Ma non ti preoccupare non lo dirò." Jack si compiacque, era sua quella bambina, abbassò un po’ le spalle come per imitare una scena di un film di James Dean, ed accennò un sorriso verso di lei. Il cancello automatico si apri lentamente, i due carabinieri di scorta lo notarono e gli indicarono di seguirli sulla circonvallazione verso la Zona industriale.
*****
Lo stabilimento era abbastanza grande, si vedeva già dalla Statale.
L’insegna troneggiava sulla facciata: Gutrag S.p.a. L’auto di Jack si fermò davanti all’ingresso ed aspettò dietro la volante di Tom e del commissario Mancini che si aprisse la sbarra. I sorveglianti lanciarono una furtiva occhiata verso di lui; dalle cinque di mattina erano entrati più di trenta ufficiali tra personale investigativo, fotografi ed espertivari, in più cani e relativo becchino. Era un’azienda di produzione di trasmissioni a livello internazionale, il cliente maggiore era la General Motor, era tedesca ma con varie sedi negli USA, in Inghilterra e India.
Aveva una decina d’anni di vita ed il personale dipendente formato da un migliaio o poco più di unità, aveva un’età media di circa trentacinque anni. I tre si diressero verso uno degli ingressi in officina, ad est dove trovarono un agente che li indicò il luogo del delitto. Il corpo della ragazza sui trent’anni era stato rinvenuto nei sotterranei, e precisamente in uno dei cinque impianti di alimentazione di lubrificante per le trasferte, in poche parole la donna fu trovata a testa in giù immersa per metà nell’olio in una grande vasca. I due agenti lasciarono Jack e si fermarono appena scese le scale del sotterraneo, lui continuò a camminare per il corridoio, aggrappandosi al passamano giacché il pavimento grigliato era scivoloso per via del fluido proveniente da alcune perdite del circuito ed anche perché il sottovia era poco illuminato. Ad un certo punto il tunnel diventò buio e raggiunse il posto seguendo le voci che sentiva vicine dall’area dell’impianto. Quando entrò nella sala irraggiata dai vari riflettori riconobbe subito l’ispettore Rossino, il dott.
Cervieri capo del dipartimento di medicina legale del Policlinico di Bari, il commissario Al Padolecchia ed il maresciallo dei carabinieri Anselmi; accanto a lui vi era un altro ufficiale dell’arma forse capo del nucleo cinofilo. "Fatemi passare. Per favore." Disse Jack con autorità cercando di non avvicinarsi troppo al gruppo di poliziotti che sostavano dinanzi la vasca. Era leggermente su di giri e barcollava per via della vodka trangugiata a casa. Vodka polacca, la migliore. "Heei! Jack, è destino non è vero?" Rossino dimostrava a suo modo riconoscenza verso il giudice. "Non me ne parlare John, abbiamo appena concluso un caso, credevo che mi lasciasse libero questo periodo. La bambina.Il Natale e tutta ‘sta roba qua. Salute a tutti!" Alzò il tono di voce, ma solo qualcuno rispose." Al Padolecchia sollevò il capo per richiamare l’attenzione di Monara. Poi i due scesero nella vasca per mezzo di una scaletta e di uno sgabello posto all’interno. Jack intanto si era tolto gli indumenti ingombranti ed era rimasto in camicia. La vasca naturalmente era stata svuotata dal fluido ed il corpo era coperto da un lenzuolo marrone. Appena lo sollevò Jack si rialzò istintivamente e velocemente sporse il capo al di fuori del bordo della vasca. Quello che rigettò per poco non acchiappava qualcuno degli agenti sul viso. Si fece lattescente in volto ed ebbe un paio di singulti. "Oh Cristo!" Disse quando riuscì a parlare. Forse era stato il bere, ma era da un po’ di tempo che non reagiva così ai superalcolici. Forse le esalazioni putride che provenivano da quell’acqua stagnante o forse la ragione era che non riusciva ad abituarsi alla vista dei cadaveri. La donna sembrava molto attraente, i tratti del viso erano evidenti, anche se la pelle si era avvizzita poiché sembrava essere stata a mollo per diverse ore. Gli si misero tutti attorno, poi gli diedero una mano ad uscire ed il dott. Cervieri lo condusse di sopra. "Non è niente dottore, non si preoccupi, ho bisogno solo di una rinfrescata in bagno e sono da voi."
Jack in alcuni periodi della sua vita si era abituato a rovesciare anche più volte al giorno, era il prezzo che ogni alcolista doveva pagare, ma dopo si stava bene. Uscì dalla toilette ed imboccò il corridoio degli uffici dirigenziali, quattro, uno per ogni area produttiva. Doveva raggiungere il giaccone e prendere una sigaretta; in passato aveva sperimentato questa cosa: fumare toglieva di mezzo la nausea e dopo consentiva di ricominciare a bere. Lo stabilimento sembrava quasi vuoto, le linee erano ferme perché si era deciso lo stop di un giorno per consentire il lavoro delle forze dell’ordine. Poi notò accanto ad una macchina circondata da un siparietto scuro plastificato, di cui Jack non pensava minimamente alla funzione, un signore sui cinquantacinque anni che l’aveva seguito con gli occhi. Lo sguardo seguiva una traiettoria sopra gli occhialini che indossava appoggiati sulla punta del naso. Aveva i capelli radi brizzolati e quelli della fronte che portava all’indietro, gli arrivavano tre dita sopra la nuca. Era fisicamente minuto ed indossava una camicia bianco panna a quadri blu e dei pantaloni grigi a tubo che gli coprivano i mocassini. Fece una smorfia e Jack rispose al saluto, poi notando che una sigaretta gli spuntava tra le labbra approfittò subito.
Era una Pall Mall, ma non fece storie, ringraziò l’uomo che rispose ancora con espressione sorridente e si avviò verso la scala dei sotterranei. Non ppena sbucò dietro la fila di box degli uffici lo imbeccò Al Padolecchia entre l’ispettore Rossino li raggiungeva aumentando l’andatura uscendo dal tunnel. "Jack abbiamo preso un uomo!" Anche Al sembrava essersi affrettato e dal sotterraneo, era un po’ in affanno. "Ah, si? C’ègià un sospetto?". Chiese Jack, mentre un carabiniere lo invitava a riprendersi cappotto e tutto il resto che aveva lasciato lì sotto. Solo adessosi era accorto di avere le spalle gelate, effetto dell’alto tasso d’umidità all’interno del tunnel. "Grazie, appuntato." "E’ in pratica, anzi era, il compagno della vittima. Anche se alcuni impiegati ed operai che abbiamo interrogato ci hanno confermato che i due avevano rotto da qualche settimana." "Unnn.momento Al. Chi era la vittima?" Tentò di interromperlo Jack. "E’ una ragazza italo-tedesca, madre tedesca e padre italiano" prese la parola Rossino dandosi una passata con la mano sulla testa calva. "Era rimasta a fare il turno di notte insieme ad altre tre impiegate. Inventari merci di fine anno credo." Jack appena sentite quelle parole volse lo sguardo verso l’interno degli uffici. Dalle grandi vetrate che li circondavano si vedevano qua e là alberelli sintetici natalizi con le lucine intermittenti colorate. Per un momento ripensò a casa. "Probabilmente il movente è passionale: i due avevano una storia che andava avanti da otto anni e vivevano insieme da tre" riprese Al. "Continua Al, molto interessante!" Jack ascoltò con attenzione le informazioni pervenute alla polizia. Al poi aveva sempre quel suo modo concitato di raccontare e descrivere indizi e dettagli sulle uccisioni, alle volte molto crudi. Jack notò in lui come una ricerca di morbosità nel racconto dei particolari, era tipico della sua personalità, e qualche volta rendeva le trame talmente suggestive che sembrava di trovarti in qualche puntata del "Tenente Colombo". Al Padolecchia era l’ombra di John Rossino, certo non fisicamente, poiché il commissario pareva essere la controfigura di Chuck Norris noto attore di film d’azione americani anni ’80: aveva capelli, barba e corporatura simili, una cosa voluta a dire la verità. Al era un esperto di arti marziali e ci metteva tutta la volontà per assomigliare al più volte campione del mondo di judò. Al vedeva tuttavia l’ispettore Rossino come una sorta di guru, lo ammirava ed era giusto; Rossino era furbo come una volpe, aveva tatto e coraggio allo stesso tempo, un vero leone nella foresta della criminalità barese. Non c’erano testimoni, era lunedì, ed il turno di lunedì, da mezzanotte alle sei ed in particolare dalle tre del mattino fino alle sei, era poco produttivo. Sicuramente l’omicidio doveva essere stato commesso in quelle ore di bassa produttività, quando le linee erano semi deserte ed il passaggio tra le sedi amministrative ed il tunnel era poco frequentato, ad eccezione di qualche operatore che interveniva per effettuare manutenzione sulle macchine. "Dobbiamo farlo Jack!" Rossino zittì il commissario. "Racconta di essere rimasto solo in ufficio con Katarina, lui svolge la mansione di coordinatore, e si sa di notte quelli non fanno un cazzo, per lo più dormono negli spogliatoi, mi hanno riferito." "Mmmhh. Alibi poco convincente, ma è comunque troppo poco John, il Gip lo farà uscire domattina!" "Andiamoo, Jack! Lo interrogheremo in Questura e poi i ragazzi vedrai che troveranno qualcosa." "Avete sentito Cervieri? Cosa dice riguardo le cause della morte?" Domandò Monara non aspettando che Rossino finisse di parlare. "Ha notato dei segni evidenti sul collo, niente macchie di sangue apparentemente. Un lavoro pulito sembra" "Già gli strangolamenti fatta eccezione per le reazioni delle vittime non lasciano nessuna traccia" Jack rispose con un po’ di preoccupazione, anche se sperava che la donna, magari con le unghie durante la colluttazione, avesse asportato qualcosa del suo omicida tipo derma o forse gli avesse strappato dei capelli. Squillò un portatile, era di John che diede un’occhiata al display e prima di rispondere chiese: "Ecco, è il Questore! Abbiamo tra poco una conferenza stampa. Allora diciamo che l’abbiamo fermato questo Adasso convivente della vittima?" "Va bene.ma portatemi tutto ciò che siete riusciti a raccogliere massimo entro le sette, okay? Io vado a dare un’ultima occhiata giù e poi sono in ufficio." I tre si salutarono in fretta e presero direzioni diverse. John ed Al si diressero verso l’uscita e Jack imboccò la scala del tunnel, si felicitava del fatto che avessero per il momento un indagato, anche se non esistevano prove a suo carico e questo lo preoccupava un pochino. Dopo aver discusso con gli altri investigatori dell’Arma, il dottor Cervieri ed il dirigente conduttore del settore di produzione per il quale la vittima lavorava, Monara si sentì ancora più insicuro e agitato. Aveva ansia di concludere
il caso. Nonostante tutto a Linda spettava almeno il capodanno nella baita di famiglia in Baviera, e nello stesso tempo un senso di rassegnazione lo pervadeva. Questa volta riuscì senza problemi ad avvicinarsi al corpo della donna: doveva indossare dei pantaloni blu stretti in vita ed un
golfino di lanetta celeste, scollato forse esageratamente dopo l’aggressione. Naturalmente tutto era pregno dell’emulsione lattiginosa ed i capelli che dovevano essere biondissimi e lanosi si erano appiccicati diventando un’unica coda fradicia che le arrivava sotto le spalle. E così niente testimoni, o per lo meno fino a quel momento; un alibi difficile da controbattere ma un forte movente. In ogni caso Jack sapeva che c’era ancora molto da conoscere riguardo alle vite dei due e sicuramente tutto ciò che ne sarebbe venuto fuori sarebbe uscito da quel luogo, la fabbrica.
Discusse ancora su alcuni particolari con Mancini e diede una veloce occhiata ai dintorni della rampa d’accesso al tunnel. Dal settore forni arrivavano dei rumori pazzeschi, la movimentazione di bracci pneumatici e spifferi di gas che fuoriuscivano, emettevano striduli molto intensi e lunghi. Da una saletta in mezzo ai box si vedevano dei signori che discutevano attorno ad un tavolo ovale. Doveva essere un incontro fra tutta la dirigenza aziendale; si scorgevano uomini dalla corporatura robusta e dai capelli chiari. In serata sarebbe ricominciata la produzione, tutto sarebbe ritornato come ventiquattro ore prima? Chissà.
Eppure qualcuno doveva sapere qualcosa pensò Monara quando uscì e notò le lettere illuminate dell’iscrizione sul prato: Buon Natale diceva, in due lingue, inglese e tedesco.
(continua)
Omicidio in fabbrica
Era un giorno di ferie per il giudice Monara. Aveva appena mandato in galera tre sicari della famiglia Diomene, mafiosi del luogo che avevano dato vita ad una faida cittadina che proseguiva da circa un decennio.
Joe Ferrara