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Quando i porci avevano le ali!

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Quando i porci avevano le ali!

È oramai passato un quarto di secolo: si trattava del diario di due sedicenni, scoperto da Giuliano Zincone sul "Corriere della Sera", un diario che divenne il bestseller dei giovani di sinistra. Di cosa si tratta? Alla citazione del titolo, "Porci con le ali", ogni dubbio svanisce, perché tutti ne abbiamo sentito quanto meno parlare.
L’articolo di recensione scritto da Zincone datava 1 agosto 1976: forse il giornalista non se lo aspettava, ma quell’articolo finì per lanciare il volumetto di Lidia Ravera e Marco Lombardo-Radice (Savelli, 298 pp., 2.200 lire). E da quel libro se ne trasse perfino un film diretto da Paolo Pietrangeli, ma, soprattutto, subito si accesero le polemiche, che ancor oggi non hanno fine.
Che ne è ai nostri giorni di quella bellissima storia d’amore tra i sedicenni Rocco e Atonia, i due protagonisti? Sembra quasi un racconto storico, una vicenda lontanissima, un’avventura vissuta in una terra distante, sia nel tempo che nello spazio. Siamo a Roma, a metà degli anni Settanta, tra le mura del Liceo Mariani, dove i comportamenti sono filtrati dalla politica, dove si fa sesso con leggerezza estrema, una leggerezza che però spesso diviene autoanalisi, una leggerezza dove persino la masturbazione si fa autoconoscenza del corpo.
Quel libro riempì gli scaffali delle librerie e le vendite superarono qualunque aspettativa, perché era fresco, aveva un linguaggio non troppo letterario: fu una vera e propria bandiera per diversi giovani. Anche se questo non ci deve far pensare che nel 1876 fosse consuetudine per gli adolescenti passare indifferentemente da un’esperienza eterosessuale ad una omosessuale, fare l’amore con uno sconosciuto, magari sposato, su un tappeto grigio con i compagni intorno che ascoltano la radio. La realtà è che quel libro raccontava la vita dei figli di una sinistra bacchettona, la piccola borghesia cittadina ed era un libro scritto da due persone che venivano da un ambiente esclusivo, un’élite di intellettuali comunisti, di una sinistra critica.
Però forse, considerate le vendite, in Antonia e Rocco molti si riconoscevano. Quei molti altri non erano che tutti coloro che cercavano di risolvere le contraddizioni interne della sinistra italiana, anche arrivando a forzare i tabù sessuali. Erano i figli di genitori comunisti che promettevano cambiamenti, rivoluzioni, mentre i gruppi extraparlamentari imponevano una rigidità assoluta. E loro, giusto nel mezzo, si chiedevano quale fosse il senso di certi comportamenti se poi tanto i cambiamenti non c’erano neppure nella vita di tutti i giorni. Ecco allora che capirono che la battaglia non andava fatta solo per il potere, ma anche e soprattutto per divertimento, per la libertà, per i viaggi, esattamente come Atonia sogna assieme alla sua amica Lisa una vacanza a Parigi.
Per tutto questo, "Porci con le ali" non piacque a tutti i critici, anche perché i contenuti entravano in contrasto con la sinistra tradizionale, mostravano le brecce che si stavano aprendo in tutta la sinistra parlamentare ed extraparlamentare.
Il clima politico oggi è cambiato, ma, a distanza di venticinque anni, questo diario fa ancora parlare di sé e viene riproposto in una nuova edizione (Oscar Mondatori)con la prefazione di Lidia Ravera. Ed ecco quanto l’autrice scrive: Leggere un romanzo non recente che hai scritto in tempi non recenti, quando cioè eri un’altra persona, è una prova dei nervi e dell’equilibrio, del tasso di autostima, della modestia e dell’ambizione. Ti mette in relazione con l’ontologia e con la storia, se vogliamo esagerare, con quello che è immutabile (l’arte del raccontare, i caratteri nelle loro connotazioni essenziali, la qualità della scrittura) e con quello che, per suo stesso statuto, deve mutare (i gerghi, le mode, gli accidenti della cronaca, i piccoli eventi, le diverse fasi). Se il romanzo che rileggi, oltretutto, ti ha sbalzata fuori, ventenne, dall’oscurità piena di promesse della giovinezza, facendoti "santa" per un giorno, come capita nella società dello spettacolo, ed "ex santa" per tutto il resto della tua vita, l’affare si complica. E se poi, ancora, quel romanzo l’hai scritto con un altro ragazzo che era ragazzo come te allora e adesso non è, come te, un signore di mezza età alle prese con le trascorse glorie perché si è sottratto all’invecchiare nell’unico modo umanamente possibile (morire), la prova si fa ancora più dura. Vien quasi voglia di lasciar perdere. Invece no, a 25 anni dalla prima edizione, era il luglio 1976, ancora ti chiedono, ormai soltanto a te, con le benedizioni degli eredi del tuo antico compagno, di pubblicare Porci con le ali.
Siamo alla quinta riedizione: Savelli, Rizzoli Bur, l’Unità, Mondadori i Miti. E adesso ancora Mondadori, Gli Oscar. Una collana così importante che ti ricordi ancora il numero uno (Addio alle Armi. Ernest Hemingway).
Accetti, certo, sì sì, grazie. E intanto ti chiedi: chi lo dovrà leggere ancora? Nel corso di tutti questi anni, a ogni presentazione dei tuoi successivi 14 romanzi, a conferenze, simposi, dibattiti, a cena, in tivvù, in pizzeria, non hai fatto che incontrare antichi lettori di quell’unico libro. Alcuni si scusavano di aver letto soltanto Porci con le ali, altri no, pensavano che dovevi scusarti tu, di non aver prodotto altri bestseller, cioè libri capaci di tirar fuori dallo stato di rifiuto della parola scritta altre centinaia di migliaia di pigri o somari, lettori di giornali o di niente.
Non l’hai fatto, un altro Porci con le ali, e te ne vanti, cioè: ti vanti di non esserti posta il problema.
Forse porsi o non porsi il problema del successo commerciale marca la differenza tra chi fa lo scrittore e chi è uno scrittore (scrittrice).
Comunque ti sei formata la convinzione che Porci con le ali l’abbiano letto tutti quelli in grado di decifrare le letterine dell’alfabeto. Le cifre superano i due milioni. E in Italia il bacino dei leggenti non passa i ventimila. Allora a chi? A chi vogliamo venderlo ancora?
Ti dicono: venticinque anni sono una generazione. Ci sono i figli di Rocco e Atonia, adesso. Certo, e fra altri 25 anni ci saranno i loro nipoti. I miei figli, un maschio e una femmina, sono già un po’ più vecchi dei loro fratelli di carta.
L’hanno letto, si sono divertiti. Si sono anche rispecchiati, l’hanno letto i loro compagni di scuola, gli amici. Non si sono arrabbiati come si arrabbiarono anni fa i loro ipotetici genitori, i sedicenni del Settantasei… Forte dell’assenza di sdegno, della complicità dei giovani "recenti" anche tu, dopo venticinque anni, provi dunque a rileggerlo, Porci con le ali.
"Cazo, cazzo cazzo cazzo, fica fregna…". Leggi, e pensi che non ritroverai mai più l’innocenza dell’opera prima, quell’assoluta libertà…, effetto collaterale dell’incapacità di immaginare un pubblico. Scrivevi ancora per te. E allora perché hai pubblicato? Già: perché?
Te lo rammenti all’improvviso: doveva essere un pamphlet, un libello a circolazione interna, come gli atti di un congresso, come un gran volantino. E’ stato stampato in mille copie, mille copie dovevano essere distribuite a mille particolari interlocutori…
Lo leggeranno dunque questo storico libro oggi? Probabilmente sì: lo riprenderanno in mano tutti coloro che in passato ne hanno fatto la loro bandiera, che si sono riconosciuti e identificati nei protagonisti e proveranno nostalgia; lo leggeranno i loro figli e nascerà in loro la curiosità per quella terra lontana, dove vivevano ragazzi con grandi speranze; e lo leggeranno i loro nipoti e ricorderanno che un c’era un tempo in cui… i porci avevano le ali.

Francesca Orlando

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