Ciao Marta. Noi ci siamo incontrati durante la presentazione del tuo libro il 23 febbraio e quindi molte delle domande che ti sto per fare saranno un riprendere quello che tu (o il tuo editore) avete detto allora. Spero che comunque non ti dispiaccia presentarti in modo che i nostri lettori possano sapere qualcosa di te e di quello che ti fai.
Ma partiamo con ordine: come descriveresti Marta Poggi?
Ho una percezione un po’ frammentata di Marta Poggi. Quindi rispondo con un elenco, ovvero eludo abilmente la domanda. Dunque: Marta Poggi ha ventisei anni. Marta Poggi fa teatro, nel senso che prima scrive per il teatro e poi recita quel che ha scritto e in passato ha anche fondato un gruppo teatrale, che si chiamava Futuro Remoto. Marta Poggi scrive narrativa e ora ha pubblicato un romanzo visivo con Riccardo Falcinelli. Marta Poggi ha finito gli esami di filosofia e sta trattando con Pico della Mirandola per convincerlo a fare il protagonista della sua tesi. Marta Poggi convive felicemente con il suo compagno e ha un figlio di otto mesi, un gran bel pupattolo di nome Giordano.
Come hai incontrato Riccardo Falcinelli (coautore del vostro libro "Cardiaferrania")?
L’ho incontrato dieci anni fa, mentre lui, già appassionato di multimedialità si iscriveva "da pittore" alla mia stessa scuola di recitazione.
Come è nata la prima traccia di "Cardiaferrania"? Come mai avete scelto un noir "introspettivo" per una resa di questo tipo?
E’ stato, in un certo senso, proprio il linguaggio verbovisivo a chiedermi una figura molto iconica. Pescando liberamente nell’immaginario letterario e filmico del ‘900, ho incontrato la dark lady. Mi divertiva molto l’idea del riuso postmoderno di una tipologia. E quella donna mi ha convinto subito. D’altronde, come si vede, Cardia ha un carattere molto risoluto.
"Cardiaferrania" è un esperienza piuttosto particolare per un lettore. Pensi che potreste usare questo originale nuovo modo di proporre una storia anche per future pubblicazioni?
Sì, infatti stiamo a lavorando a un nuovo progetto. Ma non sarà, stilisticamente parlando, una mera replica. Cercheremo di spingere oltre il linguaggio verbovisivo, di trovarne altre potenzialità, in fondo di reinventarlo di nuovo.
Quanto della tua/vostra esperienza teatrale è entrato nel vostro libro?
Tanto per cominciare il teatro è stato utilissimo in fase di elaborazione. Ho fatto diverse improvvisazioni sulle situazioni vissute da Cardia, mentre Riccardo scattava fotografie. E poi il teatro c’è nell’organizzazione spaziale di diverse tavole. Molte scene sono l’equivalente verbovisivo di un monologo sul proscenio.
Com’è avvenuto l’incontro con Minimum Fax? E come mai Minimum Fax?
Come ogni incontro che si rispetti, è avvenuto per caso. Ma con loro ci siamo subito "trovati".
Come si vive da "dentro" il vedere promuovere un proprio libro? Come hai vissuto nello specifico l’esperienza modenese?
E’ un’esperienza strana, per certi aspetti anche massacrante. C’è un’esposizione molto alta: chi scrive, fino alla pubblicazione, deve fare i conti con sè stesso e con il proprio giudizio (e non è detto che sia facile), ma quando poi si ritrova "pubblicato" è come se il suo lavoro non gli appartenesse più. E’ giusto così. Ma ti senti sottilmente derubato.
A Modena, comunque sono stata benissimo. Senza neppure parlare dell’ospitalità e della gentilezza degli organizzatori (nè, scusate l’inciso materialista, dell’ottima cucina locale), il clima sereno, intimo che si è creato, ha dato alla "presentazione" l’aspetto di una bella chiaccherata fra persone sinceramente ineressate ai libri e alla letteratura.
Cosa ne pensi dell’editoria elettronica, nello specifico quella che avviene on-line?
Internet è molte cose. E’ una rete dall’enorme potenziale democratico e "orizzontale". E’ un media. E’ una tecnologia che, per quel che ho visto finora, ancora non ha trovato qualcuno in grado di utilizzarla come linguaggio artistico.
Se per editoria virtuale si intende libri pensati "cartacei", semplicemente visibili e leggibili in rete, questa è una dubbia risorsa. Intanto ci sono problemi per i diritti d’autore. L’idea di un’arte gratuita, a disposizione di tutti, ha senso se è riferita a un arte non-contemporanea, i cui protagonisti siano, diciamo così, estinti. Ma per opere prodotte oggi la gratuità, diretta (scaricare gratis dal sito "editoriale") o indiretta (scaricare a pagamento, ma poi inviare via "mail-inoltra a tutti" il testo ) provocherebbe un’ulteriore de-professionlizzazione degli scrittori. L’industria editoriale è già debole e non garantisce, se non a pochi best-selleristi, la possibilità di fare un mestiere del loro scrivere. Credo che l’unica vera "morte dell’arte" e in particolare del romanzo, stia qui: nel malinteso romantico che vuol postulare di necessità un divorzio tra l’artista iperuranico e il "sozzo" denaro. Scrivere deve essere anche un lavoro, semmai un lavoro per cui serve un certo "talento" o predisposizione, ma comunque un lavoro, una professione. E’ difficile scrivere bene se lo si fa solo di domenica. E il dilettantismo è foriero di un’infinità di sciagurati malintesi. Chi, per esempio, racconta che l’unica fruizione possibile è quella emotiva, sta semplicemente mentendo. Quello che nelle arti figurative è solo più evidente, non è meno vero per la letteratura: ci sono livelli diversi di fruizione, alcuni dei quali richiedono dei presupposti culturali, la capacità di riconoscere e di apprezzare le variazioni di schemi formali dati, in uso da duemila anni ma ancora capaci di trasformarsi e di accogliere una qualche piccola verità.
Comunque, chiudendo la tirata pratica e politica, direi che l’aspetto più interessante della questione starebbe nell’inventare una narratività nuova e specifica per il mezzo-internet, non una virtualizzazione del cartaceo, ma un linguaggio che abbia senso proprio perché internettiano e al limite on-line. Ma ho la sensazione che il mezzo sia troppo giovane ancora per permettere una cosa del genere.
Ok. Grazie per la disponibilità e in bocca al lupo per la tua carriera.
Intervista a Marta Poggi
Marco Giorgini