KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Return to Castle Wolfenstein

6 min read

Return to Castle Wolfenstein
Ovvero
Come ammazzare un (altro) po’ di Nazisti e sentirsi felici


La razza umana è diventata forte nella lotta perpetua, e non potrà che perire in una perpetua pace.
Adolf Hitler

Ormai troppi anni fa (no non mi sento vecchio ma la nostalgia gioca brutti scherzi) entrai nella mia edicola preferita con la voglia di acquistare una rivista specialistica. Salutato il mio edicolante ( che purtroppo ha finito la sua avventura in questa valle di lacrime, buona giornata ovunque tu sia), mi girai per dare un occhio alle nuove uscite mensili. Immediatamente, lo sguardo mi fu catturato da un mensile che conteneva due giochi in prova per 30gg, due onesti shareware pensai. Le immagini in copertina erano due screen shot: se il primo era un tranquillo clone di Arcanoid, il secondo gioco non aveva paragoni. Quello che si poteva vedere era veramente poco, l’immagine era piccola e la rivista posta in alto, ma già quel poco fece scattare una molla dentro di me: "Diamine, ma sembra di vedere attraverso gli occhi del protagonista e quella che pistola è?"
Senza pensarci due volte, chiamai l’edicolante che fu ben disposto ad allungarmi il giornale: pagai ma la mia mente era già a casa dinnanzi al pc. Mi precipitai alla mia abitazione e installai il tutto (cavoli erano i tempi dei dischetti da 3¼!!) e cominciai; davanti a me iniziò a scorrere uno schema di gioco che ha fatto storia: un uomo, solo, contro innumerevoli nemici corre in corridoi angusti e pieni di pericoli. La storia era ben costruita ma non era fondamentale: quello che più mi colpì fu il coinvolgimento dato dalla visuale; non mi ero mai trovato a comandare un alter ego virtuale dal suo punto di vista, non mi ero mai trovato a gridare in cerca d’aiuto dinnanzi allo schermo! Mi ritrovai a stare attaccato al pc per ore cercando di risparmiare colpi e fare fuori più possibile nemici. Camera chiusa, luci assenti, tapparella giù, cuffie. Ore. Ricordo ancora la mano di mia nonna battermi sulla spalla cercando di richiamarmi per la cena. Sobbalzai mimando un fucile nell’aria e solo dopo alcuni secondi capii che ero nella mia camera e l’anno era il 199x . Per tutto il pomeriggio ero stato nel 194x, in Germania, rinchiuso all’interno di Castle Wolfenstein (un evento molto simile mi accadde anche con DooM).
Inutile rilevare come quello shareware fosse Wolfenstein 3D, capolavoro indiscusso della (al tempo sconosciuta) id Software. Ricordo ancora quando nei primi anni delle superiori cercassimo di capire come 30 o poco più righe del motore 3D, ci permettessero un divertimento di quel calibro. Lo schema di gioco creato dagli id è alla base di una caterva di titoli che sono usciti negli anni seguenti. Il primo mitico W3D è divenuto leggenda ed il suo seguito ed evoluzione DooM, è uno dei giochi per PC che, ancora prima di Tomb Raider, è stato convertito per piattaforme alternative quali ad esempio il GameBoy o il Pocket PC.
Parecchi anni più tardi, la id ha deciso di ritirare i nazisti fuori del dimenticatoio e di creare un seguito degno di un posto d’onore nella bacheca giochi di un appassionato. Inutile dire che il successo è stato pieno. Vorrei ricordarvi come l’ultimo titolo della casa americana sia Quake III (Arena), un titolo profondamente improntato sul versante Multiplayer che, nonostante la storia assente, è un dei titoli più giocati sulla grande rete. A dispetto della grafica strepitosa, non a caso il gioco è utilizzato come benchmark, la mancanza di un filo conduttore mi tenne lontano da quel titolo: ripiegai agilmente su Half-Life e vi posso giurare come, anche se inizialmente scettico, apprezzai fino in fondo il titolo Valve. Rimasi in ogni modo nell’attesa dell’uscita di un nuovo titolo id, che mi facesse riprovare sensazioni sopite. Return to Castle Wolfenstein è proprio questo: tutto quello che vorreste se W3D uscisse oggi.

Iniziando dalla grafica rimarrete a bocca aperta: è incredibile come il motore di Q3A possa essere stato migliorato a tal punto; la bellezza è indescrivibile, guardatevi un’immagine del lanciafiamme e confermerete la mia impressione, la fluidità pure. Sul mio Athlon 1000 con Radeon VE, a 1024×768 a 32bit colore non ho notato nemmeno un cenno di rallentamento: fate conto che in questo momento la mia scheda è quotata 65€! Ciò dimostra che, anche se esistono schede che costano dieci volte tanto, è inutile avere hardware succhia Euro, se i programmatori dei nostri giochi preferiti riescono ad ottimizzare a tal punto le prestazioni!
Il sonoro è invece da Oscar. Il mio consiglio personale è quello di uscire, entrare nel vostro videonoleggio preferito ( a proposito ciao Laura!!! ) e prendete a prestito il DVD / videocassetta di Salvate il soldato Ryan: dopo la visione o durante se preferite provate a giocare a RtCW. Vedete il fucile che ora sta usando il Capitano Miller (un ineguagliabile Tom Hanks) ? Provate a guardare mentre lo ricarica, ascoltatene attentamente il rumore: ora selezionatelo e sparate in Wolfenstein: IDENTICO!!! E’ bellissimo potersi ritrovare immersi a tal punto anche sul versante sonoro e in maniera così precisa nell’Europa del Secondo Conflitto Mondiale: ciò contribuisce in modo decisivo a coinvolgere il videogiocatore all’interno dell’avventura ludica. Un plauso anche alla localizzazione che con il passare degli anni è divenuta sempre più precisa: in RtCW veri e propri doppiatori professionisti hanno dato voce ai vari personaggi che si rivelano con lo svolgersi della trama. E’ bello sentire parlare i nostri superiori nella nostra, più volte bistrattata, lingua madre: in qualche modo, essi sembrano più reali e ciò contribuisce a vederli come entità da rispettare. Più volte, ai loro complimenti, mi sono sentito rincuorato dopo aver passato un’ora di lotta intensa contro un Über Soldat e innumerevoli salvataggi. Il netto accento tedesco delle guardie (avrei preferito che parlassero solo tedesco ma capisco che questo avrebbe impedito ad ampi stralci della trama di essere compresi, da me in prima persona poiché non capisco che poche parole dell’idioma germanico) è fondamentale per identificare con il nemico nazista l’insieme di poligoni, incredibilmente dettagliato non c’è che dire, che ci troviamo davanti: c’è da dire che a qualsiasi giocatore italiano appassionato di fumetti, il grido "Attenti all’americanen!" pronunciato dai soldati, richiamerà alla mente le mitiche Sturmtruppen e più di un sorriso.

Vorrei soffermarmi un attimo sulla trama siccome essa è certamente una delle molle che non permettono di lasciare la tastiera senza prima aver completato almeno un livello, ciò nonostante non voglio scendere troppo nei particolari anche per non rovinarvi la sorpresa.
Il gioco gira intorno all’introduzione: durante un’epica battaglia medievale contro un super cavaliere soprannaturale, un altrettanto sorprendente chierico riesce a bandirlo e a seppellirlo nella terra; dopo mille anni le truppe naziste, venute a conoscenza della presenza del cavaliere nel terreno vicino a Castello Wolfenstein, cercano in tutti modi di rievocarlo per creare il soldato perfetto, in modo da conquistare il mondo. Tratta da numerose notizie sulle manie esoteriche del Terzo Reich ed in prima persona dal Fürer Hitler, la storia ci fa ritrovare nei panni di un soldato scelto dell’armata Americana la cui missione è volta a comprendere quello che la divisione soprannaturale e di ricerca avanzata dei Nazisti ha in mente. Inizialmente saremo all’interno di Castello Wolfenstein ma ben presto saremo coinvolti a combattere non morti, ad entrare in controllo di un super aereo della difesa germanica e altro ancora: il tutto inframmezzato da numerose scene d’intermezzo attraverso le quali ci saranno dati gli ordini per proseguire al prossimo stadio.

Come vi dicevo, lo schema di gioco è rimasto lo stesso dei tempi passati ma sono aumentate in modo esponenziale le armi a nostra disposizione; inoltre, il numero di locazioni nelle quali ci ritroveremo a combattere non sono più limitate a stretti corridoi ma ad intere distese larghe la maggior parte delle volte parecchi chilometri. Il tutto coadiuvato da una decina di tipologie di nemici differenti, ognuno dotato di peculiari caratteristiche e personalità.

Il mio consiglio è di acquistare il gioco a scatola chiusa: solo il nome id è una garanzia ma vi ripeto l’esperienza di RtCW è a tutto tondo ma soprattutto c’insegna come alla software house di DooM siano ancora capaci di creare capolavori di trama e coinvolgimento videoludico capaci di gareggiare con i loro giochi del passato. Spero, anche questo mese, di avervi reso l’idea per un acquisto più oculato.
Nell’augurarvi buon anno mi eclisso.

Sito consigliato:
http://www.activision.com/games/wolfenstein/home.html


Ci leggiamo presto!

Simone Rebucci

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti

8 min read
2 min read
2 min read