Ritengo opportuna una premessa: in questointeressante saggio di Bordoni non si parla delle calzature del filosofotedesco, perché in fondo a nessuno può interessare di che tipo e misurafossero, bensì si disserta sulla diatriba intervenuta, a seguito dellapubblicazione del libro L’origine dell’opera d’arte dello stessoHeidegger, con lo storico dell’arte ed esperto nella pittura di Van Gogh MeyerShapiro e con il filosofo francese Jacques Derrida.
Le scarpe in questione, in verità, sonoquelle che compaiono in numerosi quadri del grande pittore olandese e che attrasserol’attenzione del filosofo tedesco.
In buona sostanza, nel suo saggio L’originedell’opera d’arte, pubblicato nel 1950 ed elaborazione di unaconferenza tenuta a Friburgo nel 1935, si dice che nell’origine di qualsiasiprodotto artistico consiste la sua essenza, vale a dire che l’essenza è ciò dacui e per cui una cosa è quel che è ed è come effettivamente è. Da questaconstatazione deriva che è l’artista l’origine dell’opera, anche secontemporaneamente l’opera è origine dell’artista, in quanto, realizzandola,egli diventa un’artista.
Questa deduzione impone però un’altradeduzione e che cioè la comune origine dell’artista e dell’opera d’arte sial’arte, il che fa sorgere il problema di definire l’arte, cioè di determinarela sua essenza. Poiché un concetto deduttivo imporrebbe che il concetto di arteesisterebbe prima e in modo indipendente dell’opera d’arte stessa, mentrequello induttivo riveniente dall’analisi diretta di alcune opere d’artesignificherebbe ammettere di essere già in possesso di quel concetto di arteche si tende a definire, si rende necessario procedere all’analisi di unaprecisa opera, onde constatare o meno se in essa sia presente l’elementoartistico.
Ed è qui che entrano in gioco le scarpedipinte da Van Gogh, scarpe da contadina, e il pittore olandese ha il pregio diaverci fatto conoscere che cosa veramente esse siano, cioè un semplice mezzousato per meglio camminare.
Tale posizione è contrastata da Shapiro cheè dell’opinione che quelle siano le calzature usate da Van Gogh, precisando chese anche fossero state scarpe da contadina egli le avrebbe dipinte conl’intento di eseguire un parziale autoritratto, dal che ne discende un concettodi soggettività dell’arte opposto all’oggettività di Heidegger e cioè conl’opera si concretizza la piena soggettività dell’artista e quindi il soggettodel quadro, le scarpe per intenderci, sono l’espressione della individualepersonalità dell’artista.
Nella diatriba intervenne poi Derrida, purelui in netta contrapposizione a Heidegger e quindi, pur se in altro modo,sostenendo la piena soggettività dell’artista.
Le scarpe di Heidegger non è certo unsaggio facile, perché non è difficile perdersi nei meandri del pensiero diHeidegger, mentre quelli di Shapiro e di Derida sono assai più accessibili,anche perché concreti, ma va dato merito a Carlo Bordoni di essere riuscito ariepilogare una contesa che infiammò gli animi dei filosofi e degli artisti,secondo un preciso filo logico che riesce a mantenere dall’inizio alla fine,una sorta di corda di sicurezza a cui il lettore può tenersi agganciato nelprocedere in una lettura appassionante, sia pur così complessa.
Carlo Bordoni è docente di”Editing e scrittura editoriale” all’Università di Pisa. Si occupa disociologia dei processi culturali e ha insegnato nelle Università di Firenze,Milano e Napoli. Per Solfanelli ha pubblicato La paura ilmistero l’orrore dal romanzo gotico a Stephen King (1989), La fabulabella. Una lettura sociologica dei Promessi Sposi (1991), l’antologia diracconti Cuori di tenebra (1993), La dismisura immaginata (2009)e Le scarpe di Heidegger (2010). Tra le altre sue pubblicazioni: Lapratica editoriale. Testo contesto paratesto (Felici, Pisa 2010), Dal sublimeai nuovi media (Felici, Pisa 2010), L’identità perduta. Moltitudini,consumismo e crisi del lavoro (Liguori, Napoli 2010); Libera multitudo(Franco Angeli, Milano 2008); Introduzione alla sociologia dell’arte(Liguori, Napoli 2008), Società digitali (Liguori, Napoli 2007), Iltesto complesso (Clueb, Bologna 2005). Nella narrativa ha esordito col romanzo L’ultimafrontiera (Ponzoni, Milano 1965) e, negli ultimi anni, si è riproposto con Ilnome del padre (Baroni, Retignano 2001), Istanbul Bound (Tabulafati, Chieti 2006) e Il cuoco di Mussolini (Bietti, Brescia 2008). Collabora a “Prometeo” e dirige la rivista “IF”,trimestrale dell’Insolito e del Fantastico.
Nasce a Mantova l’8 maggio 1947. Laureato in economia e commercio, dopo aver lavorato per lungo tempo presso un’azienda di credito ora è in pensione e vive con la moglie Svitlana a Borgo Virgilio (MN). Ha vinto con la poesia Senza tempo il premio Alois Braga edizione 2006 e con il racconto I silenzi sospesi il Concorso Les Nouvelles edizione 2006. Sue poesie e racconti sono pubblicati sulle riviste Carmina, Isola Nera, Prospektiva e Writers Magazine Italia, oltre a essere presenti in antologie collettive e in e-book. Ha pubblicato le sillogi poetiche Canti celtici (Il Foglio, 2007) e Il cerchio infinito (Il Foglio, 2008).
E’ il dominus del sito culturale Arteinsieme (www.arteinsieme.net)
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