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La notte perfetta per andare in Cina – David Gilmour

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Einaudi 2008 – 161 pagine
 
In una gelida notte invernale Roman, conduttore televisivo di Toronto, attirato dalla musica proveniente da un bar nel quartiere cinese, lascia solo suo figlio Simon per pochi minuti, giusto il tempo di una bevuta; quando torna il bimbo è scomparso.
Un solo fatale errore, l’unico seme di trama veramente concreto, come un colpo di pistola sparato a bruciapelo, e la vita di un padre perde consistenza, si affloscia su se stessa. Le ore si susseguono uguali le une alle altre, le giornate sono infinite: il suo tempo è ormai privo di struttura.
A fronte di una realtà sempre più grigia e fosca, di un’esistenza che assume la forma della perdita, Roman vive una dimensione onirica assolutamente vitale e “piena”: i suoi sogni prendono così le sembianze di un’afosa città caraibica, gremita e festosa, di un variopinto “regno dei morti” in cui ritrovare le persone care. Sogno e realtà si rincorrono sulla pagina, nella totale assenza di confini nitidi; le istanze del logico deragliano in una sarabanda di incontri e dialoghi tra l’assurdo e il paradossale, mentre il filo sottile della speranza è affidato alla discontinua voce di Simon, per un attimo vicina e subito dopo distante, una voce che, nella sua consistenza sfumata ed ambigua, diviene per Roman l’unica ragione di vita.
Quando anche questo flebile contatto cesserà, il protagonista maturerà la decisione di partire per la terra dei sogni, Grenada, l’isola in cui ha vissuto da bambino; qui i suoi pensieri si ridesteranno all’improvviso, la vita comincerà a rifluire in lui, fino a condurlo ad una casetta gialla fatta di assi di legno, nel cuore di una foresta che profuma di oceano.
Lo stile è piano, senza asperità, equilibrato nel suo esprimersi in prima persona, rotto qua e là solo da qualche potente suggestione metaforica; quella di Gilmour è però una pacatezza visibilmente dissimulata, una veste modellata sulla disperazione che si cela dietro di essa.
La lettura deve necessariamente essere attenta, partecipe, quasi soffocata nell’orizzonte di senso delineato dall’autore, nel suo mostrarci quanto la realtà di un padre può essere ripugnante senza il suo bimbo, l’unico vero grande amore della sua vita.

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