
Si presentano sul piano normativo con puntuale periodicità, a riprova non solo della necessità di adeguare la legislazione italiana all’ordinamento comunitario costantemente in divenire[2], ma anche di un approccio, non sempre lucido e improntato all’innovazione, del nostro legislatore in una materia fondamentale per la società dell’informazione in cui viviamo.
Innanzitutto voglio segnalare la piena entrata in vigore delle norme[3] che modificano il Regolamento di attuazione della Legge sul Diritto d’Autore[4], riguardanti il “Diritto di seguito” e le modalità di dichiarazione e versamento dei compensi.
Il “diritto di seguito” (droit de suite), è il diritto dell’autore di opere delle arti figurative e dei manoscritti a percepire una percentuale sul prezzo di vendita degli originali delle proprie opere in occasione delle vendite successive alla prima[5]. Infatti con la Legge comunitaria 2001[6], il Governo era stato delegato ad emanare il decreto di attuazione della Direttiva 2001/84/CE[7] sul “diritto di seguito”. Ciò è avvenuto con il DLgs n.118 del 13/2/2006[8], che prevede il compenso sia a carico del venditore, dovuto per tutte le vendite di opere[9] successive alla prima cui partecipi, come cedente, acquirente o intermediario, un professionista del mercato dell’arte. Saranno quindi soggette ad esso le transazioni di gallerie, case d’asta o mercanti d’arte, mentre saranno escluse le vendite dirette tra privati. L’importo del compenso è in percentuale, individuato per scaglioni, su quanto ottenuto per ogni vendita. La SIAE è incaricata di incassare il diritto di seguito per conto di tutti gli artisti anche se non associati all’Ente, mentre già riceve i diritti dei propri aderenti da parte delle società d’autori consorelle nei cui paesi il diritto di seguito è stato introdotto[10].
In particolare l’art. 2 del nuovo Regolamento citato inizialmente, stabilisce che entro il termine di novanta giorni dall’effettuazione della vendita dell’opera d’arte o del manoscritto, i soggetti interessati, presentano alla Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE) la dichiarazione contenente il nome e il domicilio del dichiarante, il nome dell’autore del manoscritto o dell’opera venduta (e, se conosciuto, anche il domicilio), il prezzo raggiunto nella vendita al netto dell’imposta e, (ove identificabile), il genere artistico a cui appartiene l’opera (come pittura, scultura, disegno, stampa), nonché, (qualora indicati nell’esemplare dell’opera o comunque a conoscenza del dichiarante), il titolo dell’opera[11] e la data di creazione[12].
La SIAE, ricevuta la dichiarazione, ne restituisce copia al dichiarante con la data di ricezione e avvalendosi anche della collaborazione dell’Ente Nazionale di previdenza e Assistenza per i Pittori e scultori, musicisti, scrittori ed autori drammatici (ENAP), cura la tenuta di un separato elenco contenente le generalità degli autori ed il relativo domicilio, ove conosciuti.
Entro il primo mese di ciascun trimestre la SIAE comunica per iscritto agli aventi diritto l’ammontare dei compensi resisi disponibili nel trimestre precedente, nonché l’avvenuta vendita, e pubblica sul proprio sito internet istituzionale l’elenco delle dichiarazioni e delle vendite effettuate nel trimestre precedente, indicando l’ammontare dei compensi resisi disponibili nel medesimo periodo. Decorso il termine di 60 giorni (stabilito per la segnalazione di errori materiali od omissioni), la SIAE versa all’avente diritto i compensi dovuti.
Dunque anche questo aspetto della disciplina del Diritto d’autore evidenzia il ruolo fondamentale nel nostro sistema della Società Italiana degli Autori ed Editori, agevole introduzione al secondo argomento che vorrei affrontare, almeno in parte correlato, in quanto relativo alla natura stessa di questo ente[13]. Infatti, tra le numerose leggi approvate, dimostrazione dell’approccio di cui si parlava all’inizio, si segnala la legge 9 gennaio 2008 n.2[14], definita come “un esempio di come non dovrebbe essere portata avanti la riforma del diritto d’autore…”.
Essa si compone di due articoli: il primo trasforma la SIAE da ente di diritto pubblico a ente di diritto privato (“ente pubblico economico”), con effetti sostanzialmente immutati per autori e pubblico, pur considerando anche la “competenza giurisdizionale” sugli atti dell’Ente, prima della magistratura amministrativa (i T.A.R. in primo grado, organi leggermente più rapidi), ora della magistratura ordinaria (gli “ingolfatissimi” Tribunali civili).
Ma la vera trasformazione che si chiede da più parti riguarda la fine del monopolio SIAE (e dell’IMAIE – Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori) nella gestione/tutela del diritto d’autore e dei diritti connessi[15].
Di segno diverso il secondo articolo della nuova legge, che a prima vista potrebbe indicare un superamento dei limiti che impediscono la libera circolazione della conoscenza, ma che di fatto introduce nuovi, pesanti interrogativi sugli ostacoli a cui potrebbe essere sottoposta.
All’articolo 70 della LDA viene aggiunto un comma che dice: «È consentita la libera pubblicazione attraverso la rete internet, “a titolo gratuito”, di immagini e musiche “a bassa risoluzione o degradate”, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo “non sia a scopo di lucro”. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro dell’università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, “sono definiti i limiti all’uso didattico o scientifico” di cui al presente comma».
Ma cosa significa “bassa risoluzione”? Nella pubblicazione di un’immagine sul web la risoluzione determina le dimensioni dell’immagine stessa in relazione alla risoluzione dello schermo, quindi l’espressione potrebbe essere interpretata nel senso “si possono pubblicare solo immagini piccole”. Per quanto riguarda i suoni, “bassa risoluzione” può significare una minore “frequenza di campionamento”. Ancora: che vuol dire l’aggettivo “degradate”? Immagini sfocate? Suoni distorti o con un forte rumore di fondo? Si attende con curiosità il previsto ulteriore decreto “attuativo”, per capire come sarà risolta la questione.
Ma l’aspetto più preoccupante è che questi usi sono liberi solo “a scopi scientifici o didattici”, e non (come sarebbe logico) per “qualsiasi scopo divulgativo non a fini di lucro”, come per le enciclopedie on-line o per le “riviste amatoriali”.
Il principio, di buon senso, dovrebbe essere che tutto ciò che è disponibile gratis al pubblico dovrebbe “poter essere riprodotto gratis”, alla sola condizione che la riproduzione non abbia fini di lucro. Invece oggi la tendenza è a vietare tutto e ad assoggettare a adempimenti o divieti, qualsiasi uso di testi, immagini o suoni. Tendenza che contraddice la filosofia del web e le possibilità stesse della sua crescita.
In definitiva, se in tutto questo c’è qualcosa di “degradato” è proprio la norma in questione, che riflette l’ormai insostenibile degrado della nostra produzione legislativa.