Siamo negli anni ’70. Luca Simoni è un giornalista d’assalto, un cronista di “razza”, che , a soli ventisette anni, ha in pugno la città. Inizia a soffrire di lieve depressione, incomincia a bere, avverte “il mal di vivere”e in questo ci ricorda molto il personaggio di “La nausea” di Sartre. La sua vita professionale e provata viene a essere sconvolta dall’incontro con Martino Mozzati, conosciuto una notte. Un personaggio, meglio conosciuto come il “boia di Cavalta”, condannato perché riconosciuto colpevole dell’omicidio, avvenuto il 15 agosto del 1944, di 16 tedeschi. Adesso l’uomo è accusato della morte dell’amante, la bella Francesca Benvenuto e si rivolge a Luca affinché lo aiuti a dimostrare la sua innocenza. Una donna che Martino dichiara di avere amato profondamente e di non avere ucciso. L’uomo è ricercato dalla polizia, è considerato un orco, ha tutto e tutti contro, ma Luca prova per quest’uomo una attrazione anche perché, fondamentale, crede nella sua innocenza. Una figura, questa di Martino, che affascina il giovane giornalista e con il quale ha degli incontri , sempre di notte, grazie all’ intermediazione di Recchia e puerco. Un uomo, l’ex reduce di Salò, che si imbottisce di pillole eccitanti, che frequenta prostitute, che gira in casa nudo, che scappa continuamente, in fuga da un passato e da se stesso. Luca si innamora di Anna, la figlia di Francesca che odia Martino, l’uomo che ha sottratto la propria madre al padre e alla famiglia e il giornalista., nonostante ami la ragazza, alla fine, tra i due, sceglie Martino con il quale ha intenzione di scrivere un memoriale che scagioni l’uomo, non solo dall’omicidio di Francesca , ma anche da quello dell’odiato ginecologo Ferrosi, accusato da Martino di avere abusato della donna, ricoverata in una clinica psichiatrica e di avere avuto un figlio da lei senza averlo riconosciuto. Il finale del romanzo è poetico, struggente, anticiparlo sarebbe un peccato per chi non ha letto il libro. Pubblicato una ventina d’anni fa, la casa editrice palermitana ha deciso di ristampare questo libro che merita di essere letto per una serie di motivi: Bordon ci offre una trama narrativa certamente complessa ed articolata, con personaggi ben caratterizzati, ci delinea il contesto storico in cui hanno vissuto i reduci di Salò come Martino, il libraio ebreo Tegolino, ma ci pone di fronte alla complessità del male, effettua un’acuta indagine sulla violenza tanto che lo scrittore fa dire a Luca che “non potrò mai capire chi uccide un essere umano, ma non si può autorizzare un uomo a uccidere in guerra, insegnargli a farlo, premiarlo se lo si fa bene, punirlo se si rifiuta e poi scandalizzarsi se non riesce più a pensare che la vita umana è sacra”. Lo scrittore è abile nel riuscire a coniugare la storia con le vicende personali dei protagonisti, alternando descrizioni di personaggi e dialoghi seducenti. La migliore definizione di questo libro é stata data dallo stesso scrittore che ha definito ” Il canto dell’orco” “un noir morale”. Ma, si chiede, fra le pieghe del romanzo Bordon, Martino è stato un vero orco o una vittima di un sistema più complesso della sua vita disgregata?
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