Maggie entra in una stanza spoglia. Su una parete c’è un buco. Maggie lo guarda con aria interrogativa. Una ragazza le spiega in cosa consiste il lavoro. Gli uomini entrano nella stanza adiacente, infilano il proprio attrezzo nel buco, lei lo deve prendere in mano e masturbarlo, poi pulire e aspettare il prossimo.
Un passo indietro.
Maggie ha un nipotino che sta per morire. Le cure mediche costano molto, forse un viaggio in Australia potrebbe guarirlo. C’è bisogno di soldi. Visto che i giovani genitori hanno problemi finanziari, Maggie decide di aiutarli.
Di nuovo dentro al Sexy World, locale a luci rosse di Soho.
Maggie davanti al buco. Aspetta il primo cliente. In questo modo si possono guadagnare fino a sei, settecento sterline la settimana. Pagare quel viaggio diventa una speranza possibile.
Maggie diventerà Irina Palm, la mano destra più brava di Londra.
La commedia di Garbaski è uno spaccato (ironico e commovente) della working class britannica. Non c’è nulla di scandaloso, nella pellicola, gli organi genitali maschili sono sempre tenuti fuori campo o nascosti da qualche oggetto. Si assiste ad una narrazione in un certo senso programmata, che sa bene quali corde emotive toccare, che strizza l’occhio ad alcuni personaggi di Loach, che trova in Marianne Faithfull un’interprete con il giusto distacco e l’adeguata dignità.
L’aspetto più interessante di questo film è la descrizione del lavoro masturbatorio di Maggie. La sua rappresentazione filmica non è tanto distante da quella della catena di montaggio fordista. In questo caso è il cazzo degli uomini l’oggetto su cui lavorare. La sessualità maschile diventa la sua estensione erettile. Di fatto Maggie non vede mai gli uomini che masturba ma solo il loro pene. E per l’uomo farsi toccare non ha tanto il valore di un contatto emotivo e sessuale quanto quello di farsi svuotare. Finito uno ne arriva subito un altro. Quindi lavarsi le mani, spalmare nuova crema lubrificante sul proprio palmo, afferrare il pene, masturbarlo. E così di nuovo. Come in un catena di montaggio. Come in fabbrica. Gesti meccanici, ripetitivi, sempre uguali a se stessi.
Il lavoro di Maggie non ha niente di erotico o pornografico o indecente. E’ proprio un lavoro ripetitivo come ce ne sono tanti. Con i suoi incidenti (il gomito del seghista) e i suoi guadagni (molto alti). E proprio come un vero lavoro crea complicazioni con i colleghi e con la concorrenza di altri operatori nel settore. E fa riflettere che una donna di sessant’anni, in cerca di una forma di guadagno, altro posto non trovi che quello della hostess, tanto per fare un eufemismo. E che in un paese come l’Inghilterra (ma si pensi anche all’Olanda), lontano dal cattolicesimo, tutto questo sia possibile. Senza stupide e inutili interferenze morali e religiose.
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