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L’inferno di Ciudad Juarez – Victor Ronquillo

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FEMMINICIDIO[1]
 
Per il numero di vittime e per il grado d’impunità, il caso […] è unico negli annali della storia criminale. Le vittime, perlopiù di modestissime condizioni economiche, in maggioranza giovani, rappresentano la triste allegoria di una società contrassegnata dalla violenza e da una mentalità sessista. Lo scenario di questi crimini, la frontiera tra Messico e Stati Uniti, patisce il flagello del narcotraffico, un potere in grado di creare terribili codici di violenza e corruzione. Non si sa quante donne siano state uccise a Ciudad Juarez: secondo Amnesty International, 370[2] […]
(dalla prefazione all’edizione spagnola)
 
… E da qui comincia una babele di cifre, discordanti al punto da rivelare una marea montante di omissioni, coperture, sviamenti d’indagine, sconcertante superficialità degli organi di polizia ed inquirenti messicani.
Succede di tutto, ivi compresi infliggimenti di torture a colpevoli di comodo perché tali appunto si dichiarino.
Un inferno, dove sguazzano finanche serial killers – mai individuati però come tali dalle autorità – dove la violenza è pane quotidiano, un orrendo, sistematico, attributo di quotidianità che mi mancano francamente le parole per descrivere.
 
Ciudad Juarez l’ha creata il business, ai tempi del proibizionismo; ora è la sede delle maquiladoras, ovverosia opifici in cui vengono assemblati componenti base per l’elettronica; per i nostri stereo, i nostri videoregistratori, per intenderci.
E vengono assemblati dalle nuove schiave: giovanissime donne sottopagate, che si avviano al patibolo-“posto di lavoro” all’alba, su fatiscenti autobus, e, se mai riescono ad arrivare a destinazione, li riprendono poi la sera tardi.
Queste ragazze, sovente inurbate dalle miserrime campagne, il più delle volte prive di documenti d’identità, hanno la stessa certezza di sopravvivere in quell’inferno che hanno gli stormi di uccellini in stagione venatoria.
 
Uno scempio accade, in quel deserto da Apocalisse che circonda la torrida Ciudad Juarez; uno scempio di poveri corpi, ritrovati come si ritroverebbe una conchiglia su una spiaggia, perfino abbigliati con abiti appartenuti ad altre povere sventurate.
 
E la polizia svia, mente, tortura colpevoli di comodo, fa uccidere avvocati di parte civile… e chi più ne ha…
 
Di queste nuove desaparecidas, una volta di più, nessuno si cura; ed i loro assassini, seriali e non, la fanno arcifranca.
 
Il libro di Victor Ronquillo va letto, diffuso, meditato; come lampante esempio di ciò che diavolo può accadere quando la violenza di genere abbia come brodo di coltura l’omertà istituzionale.
Il 25 novembre è vicino – e tutti noi dovremmo sapere contro cosa questa giornata mondiale è nata; ed invece spesso non è così! –, i delitti di genere sono, nel nostro progredito occidente, all’ordine di sempre più sensazionalistiche cronache nere.
E non sono solo gl’immigrati a compierle! E soprattutto la violenza di genere ripropone se stessa sempre nei soliti barbari modi, informati al solito postulato: la donna è un oggetto, serve a soddisfare il maschio, tuttalpiù a partorirgli figli.
 
Pochi giorni fa un energumeno arrogante e cisposo montò una polemica da finestrino a finestrino con me perché, a suo dire, non avevo parcheggiato bene sotto casa mia.
E sapete cosa bofonchiò mentre lo invitavo ad allontanarsi? «Ma statevene a casa!!!»…
 
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.
Victor Ronquillo (Città del Messico, 1959), giornalista e saggista messicano. Ha realizzato importanti inchieste su temi sociali per testate giornalistiche, canali televisivi e radiofonici nazionali. È anche autore di molti libri sulla violenza e l’impunità della polizia nel suo Paese.
 
Victor Ronquillo “L’inferno di Ciudad Juarez. La strage di centinaia di donne al confine Messico-USA”, Edizioni Mondolibri s.p.a., Milano, 2007 su licenza Baldini Castoldi Dalai Editore s.p.a., Milano, 2006.
Traduzione e cura di: Raul Schenardi
 
Prima edizione: Las muertas de Juarez. Crónica de una larga pesadilla, 2004

Da questo libro è stato tratto un film con Jennifer Lopez ed Antonio Banderas tra gli interpreti



[1] Sull’eloquente neologismo: femminicidio = genocidio di donne – come c’informa la nota a piè di pagina n. 3 di pag. 13 – è in corso un dibattito nel movimento femminista dal 1992, a partire dalla pubblicazione di Feminicide. The politics of Woman Killing, di Jill Radford e Diana Russel.
[2] I dati si riferiscono all’arco cronologico 1993-2003.

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