KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Tremendi quegli anni!

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Quando si sente parlare di Golden Age del fumetto, a noi lettori voraci e collezionisti compulsivi, quelli che sono andati un po’ oltre il mito di Tex e del manga giapponese (meglio precisare, perché il termine indica il fumetto in generale), che nel tempo non si sono limitati ad impilare albi su albi o comprare tutto ciò che viene dalla terra del Sol Levante (gente informatissima, certo, ma anche leggermente monotematica), vengono alla mente i primi eroi in calzamaglia.

Sono quelli buffi, anche se combattevano con tutta la serietà possibile contro la triade malvagia (Hitler, Mussolini, Hirohito): casalinghe inquiete con mantello e pentola in testa (Mà Hunkle, AKA Red Tornado) oppure pugili suonati con improbabili costumi da gatto (Wildcat).

Storie dove il machismo supereoistico era stemperato dai siparietti comici della spalla dell’eroe (Doiby Dickles, ad esempio, compagno del primo Lanterna Verde, Alan Scott)

Ne è invece esistita un’altra, non meno dorata, molto meno mascherata, e che ci riguarda da vicino.

L’epoca d’oro del fumetto italiano inizia grossomodo nel 1977 e finisce, grossomodo, vent’anni dopo, già da qualche anno agonizzante, nel 1987.

I primi vagiti provengono da un pugno di albetti sporchi, brutti (per modo di dire) e cattivi.

Hanno una numerazione volutamente criptica, flip book estranianti, e un titolo accattivante che denuncia un contenuto per palati non troppo schizzinosi: Cannibale.

All’interno, storie di generi diversi, con un occhio al fumetto underground di Robert Crumb e soci (Friz the cat, per intenderci), non troppo seriali così da prendere subito le distanze dai supereroi made in USA, ma con un’eccezione: Ranxerox, il cyborg coatto di Tamburini e Liberatore.

Fin dall’inizio c’erano Stefano Tamburini e Massimo Mattioli, poi coadiuvati da Andrea Pazienza, Filippo Scozzari, Tanino Liberatore.

Soprattutto il primo, morto di overdose a soli trent’anni, si era fatto le ossa su ciclostilati come Combinazioni o Festa continua.

Cinque anni prima Massimo Mattioli aveva creato per Il Giornalino rivista di chiara origine cattolica, il personaggio di Pinky, una specie di Pimpa ante-litteram. Bisognava pur campare.

Erano anni turbolenti, anche fumettisticamente, non solo in Italia ma, soprattutto, in Europa.

Da noi imperversavano i pocket usa-e-getta, come quelli della diabolica e prolifica coppia Barbieri/ Cavedon: erotici (Lando e Tromba), horror (Zora e Wallestein), avventurosi (Isabella e Angelica), western (Mortimer), thriller (Gordon Schott), neri (Diabolik e Kriminal), per non dimenticare quelli con personaggi disneyani (Tiramolla, Geppo, il lupo Pugacioff).

Tre almeno le riviste che si contendevano il mercato, soprattutto con materiale comico a strisce: Linus, classe 1965, più politico e ricco di editoriali e redazionali; Eureka (1967), che strizzava un occhio alla serialità americana, anche se non ancora supereroistica; Il mago (1971) di Bepi Zancan.

Sulle loro pagine avevano trovato spazio anche autori nostrani come Magnus, Silver, Bonvi, Jacovitti.

In Francia invece il formato rivista era già padrone del mercato.

Nel 1959 era uscito Pilote, con Asterix e Lucky Luke, che aveva fatto da rompighiaccio per l’arrivo della nouvelle vague del fumetto: nel 1972 l’Ècho des Savanes di Claire Bretécher, Marcel Gotlib e Nikita Mandryka, e nel 1975 Métal Hurlant partorito da Moebius, Jean-Pierre Dionnet, Philippe Druillet e Bernard Frakas, che un anno prima avevano fondato per l’occasione la casa editrice Les Humanoide Associés.

Il Metallo Urlante, classico sasso gettato nella palude a creare onde infinite, verrà tradotto ed esportato in America nel 1977 come Heavy Metal, e in Italia nel 1975, mantenendo lo stesso titolo.

Da Cannibale a Frigidaire, il passo fu breve: due anni appena, passando però attraverso la satira corrosiva de Il Male (1978), la creatura di Pino Zac.

Avevano in comune editorialisti (Vincenzo Sparagna), vignettisti (Vincino) e cantastorie di ormai chiara fama (Pazienza, Scozzari, Mattioli). Nel 1978 Scozzari e Sparagna fondavano la Primo Carnera editore che intendeva fare da ombrello per questi giovani ribelli del fumetto.

Alcuni dei quali però nel tempo non disdegneranno di donare il proprio talento anche ad editori più mainstream (Rizzoli e Mondadori), prima nelle loro produzioni più avanguardistiche (Alter, ad esempio, una costola di Linus), poi in lussuosi cartonati (Milano Libri).

La prima italica rivista di questa new wave fu L’Eternauta (1980) che inaugurò anche la moda di avere al suo fianco un nume tutelare, nel suo caso l’eroe post-apocalittico di Héctor Oesterheld e Solano Lopez, mentre il marinaio di Hugo Pratt lo sarà più tardi (1983) per la rivista che avrà l’onore di portare il suo nome.

Faranno seguito: 1984 (1980) versione italica dell’omonima statunitense che trattava materiale fantasy e fantascientifico; Pilot (1981), quella della quasi omonima rivista francese; Metal Hurlant (1981); Orient Express (1982), diretta da Luigi Bernardi, creatore delle più importanti case editrici del periodo (Granata press, L’Isola Trovata, Glénat Italia); Comic Art di Rinaldo Traini (1984), già direttore del Salone Internazionale dei Comics di Lucca, poi Lucca Comics and Games; Il Grifo (1991, ormai fuori tempo massimo) diretta da Vincenzo Mollica.

Ognuna si faceva carico di ospitare materiale estero, soprattutto francese o americano, ma anche italiano dando spazio e voce a chi era alla ricerca di un po’ di visibilità: Franco Saudelli, Massimo Rotundo, Vittorio Giardino, Massimo Cavezzali, Daniele Panebarco, Roberto De Angelis, la coppia Brandoli e Queirolo.

Le edicole erano vere e proprie cornucopie di prelibatezze, con l’unico rischio, per noi, di finire per indebitarsi.

Nel 1976 le edizioni Cepim avevano pubblicato la collana Un uomo, un’avventura, con prestigiose firme del fumetto in una lussuosa mise cartonata.

La Cepim era una costola della Sergio Bonelli Editore, già Edizioni Audace (1940) nelle mani di Gian Luigi, poi di sua moglie Tea (1945) e infine del fglio Sergio. Nelle collane Zenit, Rodeo e Audace aveva pubblicato Zagor (1961), Comandante Mark (1966, affidato allo studio EsseGiEsse), Piccolo Ranger (1958), Storia del west (1966) e ovviamente Tex (1948).

Nel 1974 aveva lanciato la collana I protagonisti concepita da Rino Albertarelli, e Ken Parker di Berardi e Milazzo. Insomma: western, western e ancora western.

Anche i nuovi autori raccontavano storie avventurose, ma spaziando in ogni epoca, anche futuribile, come nella miglior tradizione francofona, e con un occhio di riguardo alla scrittura e alla drammaturgia. Fumetto d’autore, insomma, che si era fatto le ossa sui tascabili usa e getta e ora cercava di fare altro: Milo Manara con Lo scimmiotto e Giuseppe Bergman; Magnus con Lo sconosciuto e I briganti.

E la caustica satira? Il giornalismo d’inchiesta? La provocazione a tutti i costi?

Il Male, falsificando i più blasonati quotidiani era arrivando a vendere quasi più di loro; Frigidaire, dopo aver raggiunto le ventimila copie, aveva osato pubblicare il Manuale del Killer risvegliando il sonno dei censori e segnando così l’inizio della sua fine; nel 1985 era spuntato Frizzer, una sua costola; nel 1987arriverà Zut diretto da Vincino e spacciato come il ritorno della rivista di Pino Zac che aveva chiuso i battenti cinque anni prima; nel 1986 Tango come inserto dell’Unità, dove Sergio Staino sbeffeggiava anche i suoi compagni di partito, seguito da Cuore (1989), che ne sarà la diretta conseguenza.

Per inciso, di tutto ciò, satira compresa, oggi non rimane più nulla.

E poi fanzine, mostre, festival, mercatini.

Un ricco humus culturale che favoriva anche l’inosabile.

Un pugno di velleitari ed incoscienti fumettisti (meglio artisti, ormai il concetto di Nona Arte era stato sdoganato) crearono a Bologna un vero e proprio movimento, al pari della scuola bauhaus o delle avanguardie dadaiste, che non si poneva limiti né problemi di comprensibilità o leggibilità: il gruppo (meglio collettivo) dei Valvoline Motorcomics, quasi una band post-punk, post-futurista, post-pop. Un vero e proprio rigurgito di colore ed idee, libero, intransigente. Lorenzo Mattotti, Igort, Giorgio Carpinteri, Daniele Brolli, Marcello Jori, Jerry Kramsky esordiscono nel 1983 con un allegato di Alter per volere di Oreste del Buono, uno che aveva la vista lunga, anche più di Superman.

Le riviste erano uno splendido contenitore, a volte un po’ troppo discontinuo e disomogeneo, dove sperimentare. Alter, ad esempio, ad un certo punto tentò la via del giornale-poster, idea balzana che durò pochi numeri, causa ingestibilità del medesimo.

Poi, improvvisamente, la caduta.

Due furono le cause: l’arrivo dei fumetti giapponesi importati dalla Granata, e il ritorno dei supereroi, questi ultimi chiamati a gran voce da noi vigili lettori che avevamo sentito che l’aria sul suolo americano era cambiata ed avevamo iniziato a correre dietro agli albi in lingua originale.

Erano i tempi della british invasion.

A riproporceli ci provò prima la Labor, poi più massicciamente la Play Press.

Il tentativo fatto da Fulvia Serra, direttrice responsabile di Corto Maltese, di cavalcare l’onda e pubblicare, ignominiosamente, Watchmen di Alan Moore o il Superman di John Byrne in albetti pseudorilegabili infilati al centro della rivista, fu l’ultimo canto di un cigno già morente.

Meglio accadde a All American Comics, la rivista tutta stelle e strisce della Comic Art e gli albetti DC Comics presenta con materiale Vertigo (Swamp Thing, Hellblazer) la linea editoriale per veri intenditori della Dc.

Ma forse più semplicemente non era più il tempo degli spacchettamenti, ma di formati più gestibili e soprattutto autoconclusivi.

D’altronde lo spazio nelle nostre librerie era quello, i soldi pure.

Erano arrivati i barbari e avrebbero resistito solo i bonelliani (nel 1982 aveva esordito il detective dell’impossibile di Castelli e nel 1986 l’indagatore dell’incubo di Sclavi) e i lussosi cartonati. Arrivarono le fumetterie e le edicole cominciarono a svuotarsi.

I valvolinici trovarono i loro spazi vitali all’estero.

Paz invece ci lasciava nel 1988 a disastro avvenuto, ma lui sicuramente avrebbe trovato il modo di stupirci ancora.

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