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Il senso della frase – Andrea G. Pinketts

4 min read

HarperCollins (Milano, 2023)

pag. 345

euro 15.00

“Non so sciare, non so giocare a tennis, nuoto così così, ma ho ‘il senso della frase’. Il senso della frase è privilegio poiché, se lo possiedi, permette a una tua bugia di essere, se non creduta, almeno apprezzata. Nel caso poi, una volta tanto, tu ti decida a dire la verità, quella vera, qualle che puzza perché non si lava con gli eufemismi, quella brutta perché non si ritocca né si abbellisce con la chirurgia estetica del ricordo, nel caso tu dica la verità, la verità pelosa, la verità arrapata, se possiedi il senso della frase la verità avrà l’aspetto un po’ puttanesco eppure di classe di una bella menzogna”. Questo è solo e soltanto l’incipit, dell’ultimo romanzo di Andrea G. Pinketts, “Il senso della frase”, che l’editore HarperCollins ha ripubblicato dopo “Il vizio dell’angelo”, “Lazzaro, vieni fuori”, “L’assenza dell’assenzio”.

Il protagonista, il “solito” Lazzaro Santandrea, invece che dall’angolo più meraviglioso della Liguria, inizia “a Cattolica, una cittadina della Riviera Adriatica citata nell’Inferno di Dante. (…) Spendevamo le nostre sere al Rose and Crown, un ibrido tra un pub e una balera, con tanto di orchestrina dal vivo e grassi tedeschi in pista sull’aria di Rosamunda, Rosamunda…”. E, certo, continua a Milano, dove avrebbe vissuto i night degli anni Sessanta ma é costretto a quelli degli anni Ottanta, uguali come idea eppure tanto più squallidi e tristi di vent’anni prima.

Il libro è la terza indagine di Lazzaro Santandrea, “investigatore suo malgrado in un noir che non assomiglia a nessun altro romanzo poliziesco”. Eroe immaturo, di quelli che vivono ancora coi genitori, “con molte macchie e qualche paura”, ascolta per caso una conversazione in un bar: una ragazza racconta le stesse identiche storie di Nicky, bugiarda patologica da tempo sparita dalla circolazione. Lazzaro Santandrea è l’unico detective che, anziché cercare la verità, vuole ritrovare la bugia, “per dare a Cesare quel che è di Cesare e a Nicky quel che è di Nicky”.

In una Milano allucinata, tra paralitici massacrati, Babbi Natale armati di revolver e Cappuccetti Rossi in fuga, con l’aiuto di un taxista psicopatico e d’un attore fallito, comincia “la ricerca del tempo perduto (a poker), ascoltando menzogne innaffiate da lacrime, sangue e diluvi universali”. Andrea Rodolfo Giovanni Pinchetti, é morto nel 2018, dopo una lunga malattia, ragionando, prima d’esalare l’ultimo respiro, sulla parola di vita, sul senso della frase. Che Santandrea ripete, o crea, in ogni pagina. E lui in ogni pagina di vita.

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