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Scrittori al veleno. Mistero alle Cinque Terre – Nicola Lecca

6 min read

Mondadori (Milano, 2024)

pag. 198

euro 18.50

“Il quindici novembre del 2018 quattro scrittori provenienti da diversi Paesi europei muoiono in una lussuosa villa di Manarola, arroccata in cima a una scogliera a strapiombo sul mare”. Il gruppo era composto da cinque autori e autrici che, dopo l’ascesa dai mille scalini, a Villa Paradiso erano ospiti della residenza artistica del Centro internazionale a tutela della poesia e della letteratura. Entrati nelle Cinque Terre dalla finestra d’accesso del genovese e dove seppur in provincia di La Spezia si tifa Genova nel calcio, dunque, erano approdati a Monterosso (domiciliati per un attimo in un ostello che diversamente dal resto degli alloggi è offerto ancora a prezzi decenti): che con Corniglia, Riomaggiore e Vernazza chiude questa proposta di paesaggio firmata dall’Unesco quale Patrimonio dell’Umanità.

I giovani sono morti da un’intossicazione, avvelenamento, da funghi; che loro stessi avevano raccolto. E soltanto la fortunata, guarda un poco, vera e sola scrittrice della squadra, la cinquantenne sarda Antonina Pistuddi, si salva: lei era dovuta andare via prima, ché con un’amica era diretta nella Santa Margherita Ligure, uno di quei frangenti di Liguria con tanto di ville private con accesso privatissimo al mare, agganciata a Portofino – dove intanto è destinata per la gita al faro.

La trama è molto divertente. La descrizione dei luoghi, ed a questo punto mi spiace d’essere in ritardo sulla conoscenza dell’opera di questo brillante Nicola Lecca, è priva di retorica e rimandi alle cartoline. Nonostante si serva, per alcuni momenti per esempio – vedi l’alluvione di Val di Magra e Val di Magra che danneggiò molto le Cinque Terre seppur nel 2011 – di riferimenti a icone: dal cibo ai beni artistici e architettonici. Il momento più esilarante e profondo addirittura, in special modo per noi che abbiamo transitato da quelle parti, è quel campetto di calcetto che guarda il mare e sta ficcato sulla chiesa di Corniglia, e dove dei bambini soltanto possono superare il grande divieto ligure per i “foresti”.

“Iscritta fin da subito nel registro degli indagati per omicidio plurimo volontario, Antonina Pistuddi non può lasciare l’Italia, ma resta una donna libera e questa sera, diretta da Palazzo Vicereggio a Cagliari, sarà protagonista del programma di Lady Doris Coleman: la giornalista inglese che – in cinquant’anni di carriera – ha intervistato, fra gli altri, Madre Teresa, Fidel Castro e Maria Callas. La trasmissione andrà in onda fra pochi minuti, sulla BBC. Per questa intervista, concessa in esclusiva, Antonina Pistuddi percepirà un milione di sterline”.

Sensi di sensi, i luoghi si moltiplicano, in questo romanzo sfrontato. I dialoghi di Lecca, poi, prima di tutto quelli fra la scrittrice ‘vera’ e la giornalista d’esperienza Lady Coleman, aprono contenuti e si assumono il rischio della critica a tante, troppe, cose che s’accettano oramai come scontate: la validazione dell’importanza degli influencer ma a discapito degli autori puri, per esempio, e passando per quel mercato editoriale dove è importante più l’immagine appunto della vera qualità: gli editori fanno soltanto firmare i libri ad alcuni, che loro di certo mai sarebbero – o comunque molto difficilmente – riusciti a scrivere.

Tutta la polemica è affidata a Pistuddi, la quale è a sua volta sotto attacco dell’emittente disposta a tutto pur d’ottenere il massimo dalla sua, prezzolata, esposizione pubblica. Lei è l’avvocato del diavolo.

Per Doris Coleman, anzi diciamo per chi la paga e per il circuito che deve ingrandire la mole di affare per tutti (o quasi), Antonina Pistuddi è colpevole; anzi, ad un certo punto, Coleman, alla stregua d’un pm qualsiasi, presenta l’accusa diretta, con tanto di movente, alla indomabile scrittrice sarda, fermissima sulle sue posizioni di certo, e nata nella terra dei mori come lo stesso autore di “Scrittori al veleno”.

“La morte di Alvaro Moret, Lizzie Eden, Arlanda Levin e Julien Corbusier è stata davvero accidentale come sostiene la scrittrice sarda Antonina Pistuddi? O si è trattato di omicidio?”, rilanciano, insistendo, fra una pubblicità e l’altra dall’emittente in cerca di scoop.

Mentre Pistuddi rievoca all’intervistatrice i bei tempi di Villa Solitudine, quando prima d’aprire forse per necessità economiche oltre che per il cambio dei tempi e della direzione, diciamo, ai personaggi famosi che avessero publicato almeno un libro di successo, il Centro era frequentato da autrici ed autori dediti alla letteratura ed alla ricerca sul campo. Quando, fra le altre cose, si cercava di realizzare interviste nei posti e ad alle persone del posto, per dire.

Da Manarola all’alba attraverso il sentiero di Corniglia per arrivare a Vernazza rimane la sintesi descrittiva, emblematica, testimoniale, rappresentativa del paesaggio con la vita fatta sui sui fianchi. Le viti. I passi dell’agricoltura, per l’agricoltura. Già più presente della pesca. Lì dove piccoli segreti, è ricordato, sono volutamente coperti.

I tornanti messi in cielo possono far paura ai passanti, quando questi scelgono di spiare le scogliere spiando dai finestrini. Se non coi treni zeppi. Ma i paesani aspettano che arrivino, tantissimi, e che però vadano via prima possibile. Dopo aver lasciato più soldi possibile.

Quest’opera di Nicola Lecca m’ha preso meravigliosamente. Stupito. Come, finalmente, uno dei sempre più rari libri nati da passione e dedizione assoluta per e alla scrittura, benedetta però dal talento. E m’ha rimesso in connessione con quel Pinketts che andai a cercare a Milano, senza riuscire a trovare (dove almeno trovai la ‘sua stanza’ a Le Trottoir alla Darsena: spazio a rischio scomparso addirittura).

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