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La pianura dei portici – Boschini, Cecchin, Terzi e Veneri

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Nei giorni scorsi è uscito il libro “La pianura dei portici”. In un paese come l’Italia, dove si tende a categorizzare ogni cosa, l’Editoriale Sometti ha deciso di fregarsene, pubblicando un volume che mescola tante cose. Forse anche troppe, per il pubblico italiano. Scopriremo nei prossimi mesi dove i librai abbiano deciso di esporlo. Nel frattempo, i lettori che avessero deciso di acquistarlo, vi troveranno narrativa, letteratura di viaggio, storia e un pizzico di poesia. Noi autori lo abbiamo definito un libro di “narrativa saggia”. perché racconta e descrive con la sensatezza di chi ha qualche capello bianco in testa. Se è vero che cambiando l’ordine degli addendi della addizione la somma non cambia, è anche vero che descriverlo come un “saggio narrativo” sarebbe stato diverso. A scanso di equivoci, “La pianura dei portici” non è un saggio di architettura.

Il libro che abbiamo scritto, Giacomo Cecchin, Simone Terzi, Fabio Veneri, Giuseppe Vitale ed io, celebra non solo la nostra collaborazione, ma almeno altri due incontri. Il primo è stato con i portici, gli elementi più caratteristici dell’identità urbana della Pianura Padana. Ogni capitolo celebra questo felice connubio, con un focus particolare sulle terre emiliane e sulla provincia di Mantova. Quest’ultima, in bilico tra acqua, cielo e terra, tra i confini reali di Lombardia, Emilia e Veneto, e quelli immaginari della Lunezia, è un po’ come il nostro protagonista: nel mezzo tra la casa e la piazza, tra la sfera privata e quella pubblica, tra la strada e il marciapiede, tra il sole e l’ombra, tra il caldo e il fresco. Il secondo incontro, più auspicato che reale, dovrebbe essere con i lettori, che ispirati anche dagli scrittori, dagli artisti e dai cantautori che in passato hanno immortalato i portici in modi diversi, sono spinti a conoscerli meglio. Il capitolo scritto da Fabio Veneri, il numero due, racconta proprio quest’ultimo aspetto, dei vari modi nei quali sono stati trattati e di come lui stesso li vede, a dimostrazione di come i portici, oltre alla ovvia conformazione geometrica, siano anche un elemento transversale che accomuna luoghi e persone. Essi assumono un valore “trans”, non solo perché “nel mezzo”, ma anche per la loro natura metafisica, che travalica l’esperienza diretta a favore di altro.

Per quanto ho detto fino ad ora, “La pianura dei portici” è anche e soprattutto un invito a un viaggio che, paradossalmente, pur essendo un susseguirsi di rette (i portici), travalica in maniera non lineare province, dialetti e campanili, oltre che i capitoli. Ne approfitto infatti per fare io stesso un passo indietro, tornando al primo capitolo, quello scritto da Giacomo Cecchin. Lo storico mantovano descrive i portici attraverso lo scorrere del tempo, dalla loro genesi ai giorni nostri, con la descrizione particolareggiata di alcuni di essi. Tra questi, quelli di Luzzara, luogo che è un po’ la chiave di volta dell’intero libro, a partire dall’introduzione scritta da Simone Terzi, direttore della Fondazione “Un Paese”, che ha sede proprio nel paese natale di Cesare Zavattini. Se Parigi avesse il mare sarebbe una piccola Bari, se Luzzara avesse i laghi sarebbe una piccola Mantova. Non tanto per la conformazione, quanto per la sua natura, che ricorda l’equilibrismo dell’altra, già citato sopra. Se Mantova è la città più emiliana delle città lombarde, Luzzara è il centro più mantovano dell’Emilia. Entrambe sono “trans”, a cavallo di più mondi. E per questo si trovano bene con i portici, che ne hanno la stessa natura. A mio avviso, Terzi coglie a pieno una delle prerogative del libro: un’acuta osservazione di qualcosa di talmente evidente, che quasi non si vede. Io stesso non ho fatto altro che rimarcare la cosa, nel terzo e ultimo capitolo.

La mia parte è un susseguirsi di racconti sparsi, ambientati sotto portici di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia e Parma, ma anche di Luzzara, Gualtieri, Guastalla, Comacchio, Carpi, Correggio, Novellara, Comacchio, Quingentole, Governolo, Gonzaga, Castel Goffredo, San Martino dall’Argine e Marmirolo. Un viaggio, il mio, ancora una volta non lineare, enfatizzato dallo stile narrativo adottato, a cavallo tra sentimenti e metafisica. Mi piace definirli “buzzatiani”, e con il senno di poi mi rendo conto di come il peregrinare mi abbia portato dal “Settimo piano” al cuore dei portici stessi, elementi architettonici che notano in pochi e che quasi tutti danno per scontati. E dire che tutti coloro che mi hanno preceduto, da Terzi in poi, mi avevano avvisato.

Ma non è finita qui. In un libro come questo, ho volutamente tenuto in coda il nome di Giuseppe Vitale, senza il quale “La pianura dei portici” sarebbe probabilmente un libro molto più ordinario di quello che è nella realtà. Le sue illustrazioni, sia in bianco e nero che a colori, accompagnano il lettore tra una pagina e l’altra, tra un portico e un capitolo, tra un paese e una città, tra un autore e l’altro. Grazie alle sue immagini, i portici prendono vita e si comportano da trait d’union, esattamente come fuori dalle pagine, nella realtà di tutti i giorni. O forse nell’irrealtà grazie alla quale è possibile spingersi, seguendone le colonne, i capitelli e le volte. “La pianura dei portici” è in definitiva tutto questo, un viaggio tra il reale e l’immaginifico, alla scoperta o riscoperta dei portici della pianura.

Massimiliano Boschini

Poeta e scrittore, con un passato da fotografo, ha pubblicato alcuni libri per case editrici No EAP, tra le quali Profondo Rosso e Miraggi. Organizza da anni un festival dedicato alle arti in pianura, chiamato FUMANA e che si tiene a Mantova.

 

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