KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Occidente – Ferdinando Camon

7 min read

Apogeo Editore

Narrativa

Pagg. 132

ISBN 9788899479909

Prezzo Euro 15,00

Perché gli attentati?

Credevo di aver finito anni fa con la lettura di opere di Ferdinando Camon, anche se in tempi più recenti qualcosa ha pubblicato, romanzi che a definirli minori può essere eccessivo, ma che se rapportati a La vita eterna e a Un altare per la madre appaiono quantomeno di minor impegno. Non ho mancato tuttavia di tributare a essi gli onori che si meritano, perché in quelle pagine mai viene meno l’impronta dell’autore che sa quel che vuole e che è capace di renderlo interessante per il lettore. Cosa dicevo? Ah, sì, che credevo di aver finito di arrovellarmi su nuovi libri di un uomo che, superati gli ottanta, non dovrebbe avere ancora voglia e spirito per buttarsi a capofitto in una nuova avventura letteraria, e invece ecco che mi arriva fra capo e collo Occidente. Il titolo non mi è nuovo – ho pensato, aggiungendo che probabilmente era una nuova edizione di Occidente. Il diritto di strage che mi aveva impegnato un po’ prima del Natale del 2009 e per il quale, riflessione dopo riflessione, avevo scritto una recensione, manco a dirlo, ampiamente positiva. No, mi ha detto Ferdinando, è lo stesso libro e non lo è, un gioco di parole da mago Zurlì per farmi capire che non era uguale, soprattutto perché riscritto a mente fredda, non con i patemi d’animo che avevano accompagnato la stesura dell’altro nei lontani anni ‘70, anni di piombo, quando, per rendersi complicata vita, lo scrittore padovano aveva iniziato a interessarsi dell’eversione nera, ricavandone minacce, danneggiamenti, insomma quella che si può definire una vita non proprio tranquilla. Allora fu un parto indubbiamente sofferto, oggi invece, in confronto, è stata una passeggiata. Devo dire che la nuova edizione evidenzia una minor partecipazione emotiva dell’autore, guadagnandone sia in leggibilità che in comprensione dei propositi alla base del lavoro. Capire la psicologia di un terrorista non ha solo scopi di curiosità, ma significa conoscere con chi si ha a che fare, e quindi poter più facilmente arrivare a un’azione di contrasto. Sono sicuro che se il libro fosse uscito negli Stati Uniti avrebbe ottenuto il riconoscimento del Premio Pulitzer, e non solo quello pur importante, ma indubbiamente minore, di giornalista dell’anno. Dopo questa chiacchierata, che ritengo utile per focalizzare i motivi per i quali Camon ha deciso di porre mano a un’opera di per sé validissima, penso che forse non sarebbe sbagliato se ne parlassi ed è quello che adesso farò. Premetto che, leggendo, si ha l’impressione di entrare in una sorta di limbo, un mondo a sé stante in cui il terrorista ha una visione dell’esistenza che è completamente diversa da quella della quasi totalità degli esseri umani, con una ricerca del razionale per dare inutilmente un senso logico all’irrazionalità; infatti occorre quasi fare un passo oltre un invisibile ostacolo per cercare di penetrare nell’assurdità di idee aberranti. In quest’ottica la strage non è solo una necessità, ma è un diritto ed è grazie a essa che si può pervenire alla disgregazione del sistema; ne consegue che non può che esistere una situazione continua e crescente di terrore.

Come è noto il nostro paese anni fa è stato travagliato da un lungo periodo di attentati, di matrice di estrema destra e di estrema sinistra, che necessita di una comprensione, per capire il perché, per trovare una giustificazione logica a un qualche cosa di illogico, per sapere, onde evitare che questi anni di piombo si possano ancora ripresentare. In questo il libro di Camon è essenziale, oserei dire indispensabile, anche se è una discesa all’inferno per cercare di comprendere i motivi di questo orrore e in pratica diventa un viaggio nell’incubo, nella follia di menti che, prive di senno, hanno con le loro azioni sconvolto un paese e la vita dei suoi abitanti. Non c’è nulla di più drammaticamente conclusivo dei concetti espressi da Franco, il capo dei neri, un individuo che teme la morte, anzi il solo pensiero che un giorno tutto dovrà finire gli rende impossibile la vita; e allora si fa lui portatore di morte, indiscriminatamente la esporta verso ignari cittadini, ritraendo il sottile piacere di liberarsi momentaneamente del suo incubo per trasferirlo ad altri.

Per far questo si costruisce anche un’idea che sia lo specchio della coscienza, così da giustificare il suo odio e il suo crimine. In questo mondo ci sono gli eletti e lui è uno di questi, mentre tutti gli altri sono comparse inutili, o meglio sono utili quali vittime sacrificali per la purificazione di un sistema in cui l’apoteosi è solo il senso di onnipotenza del carnefice, in una convulsione di egocentrismo che prevede solo la sua esistenza.

E’ inutile dire che in simili individui non esistono né la pietà, né la consapevolezza dei propri limiti; per loro uccidere diventa così una necessità quale respirare per vivere e le stragi che pongono in essere non vengono considerate atti criminosi, trovando giustificazione in una contorta e aberrante filosofia che non è alla base del loro comportamento, ma è stata adattata appositamente per fornire una motivazione dello stesso.

In realtà gente come Franco è il ritratto dell’insoddisfazione per ciò che realmente si è, rispetto a ciò che si vorrebbe essere, è la figura di frustrati, pavidi e in rotta con se stessi, ma che trovano sfogo al rancore che li pervade scaricandolo su altri, del tutto inermi ed incolpevoli, e proprio per questo idonei capri espiatori.

Camon ci ha fornito un quadro, un’analisi attenta e apolitica di un movimento, sondando gli aspetti psicologici dei componenti e mettendo a nudo l’altra verità che è in noi, quella paura ancestrale che a volte, come nel caso specifico, può portare a uno stato di follia individuale e collettiva. L’onnipotenza bramata dall’uomo è quindi il segno manifesto della sua debolezza, l’uccisione di altri, del tutto innocenti, è rivelatrice di una sete di vendetta per la propria condizione di immaturità.

Ma il terrorismo è anche rosso ed ecco allora il narratore che ci parla di Miro che, a differenza di Franco, non sogna di distruggere una società, ma brama cambiare un sistema, un fine da raggiungere con qualsiasi mezzo, anche con l’omicidio di coloro che rappresentano la struttura portante dello stato.

E’ una figura in apparenza solo migliore di quella di Franco, se non altro perché non c’è una vocazione nichilista, ma anche qui esiste quel diabolico potere – che si autoalimenta – di poter disporre della vita d’altri, una frenesia che sconvolge e travolge.

Nel caso di Franco è la visione dell’individuo che prevale, in quella di Miro invece è quella della massa, un fiume che avanza e che spezza tutto.

Nel primo si potrebbe dire che i mezzi sono il fine, nel secondo i mezzi servono a raggiungere il fine, ma in entrambi è presente un egocentrismo che li porta a considerarsi superiori a tutti e quindi a decidere anche per gli altri.

Occidente è un romanzo complesso, ma anche rivelatore, in grado ri rispondere logicamente al perché di tante illogicità, e proprio per questo assume una valenza notevole, tale da classificarlo fra le più riuscite opere di Ferdinando Camon.

Ferdinando Camon é nato nel 1935 in un piccolo paese della campagna veneta. Il suo primo romanzo, uscito con una prefazione di Pier Paolo Pasolini, è stato subito tradotto in Francia per interessamento di Jean-Paul Sartre. Nei suoi libri Camon ha raccontato la crisi e la morte della civiltà contadina (nei romanzi “Il quinto stato”, “La vita eterna”, “Un altare per la madre”, Premio Strega, “Mai visti sole e luna”, Premio Stazzema, e nelle poesie “Liberare l’animale”, Premio Viareggio, e “Dal silenzio delle campagne”), la crisi che si è nominata terrorismo (“Occidente”), la crisi che porta in analisi (“La malattia chiamata uomo”, “La donna dei fili”, “Il canto delle balene”) e lo scontro di civiltà, con l’arrivo degli extracomunitari (“La Terra è di tutti”). I suoi romanzi più recenti sono “La cavallina, la ragazza e il diavolo” (2004, Premio Giovanni Verga) e “La mia stirpe” (2011, Premio Vigevano-Mastronardi). Nel 2019 è uscito da Ediesse “Tentativo di dialogo sul comunismo”, con Pietro Ingrao. Nello stesso anno Guanda ha pubblicato “Scrivere è più di vivere”. Nel 2020 con Apogeo Editore è uscito “A ottant’anni se non muori t’ammazzano”. È tradotto in venticinque paesi. Le sue opere sono pubblicate anche in edizioni per ciechi, in Italia e in Francia. Nel 2016 gli è stato assegnato il premio Campiello alla Carriera.
http://www.ferdinandocamon.it/

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti