DeaR
(Davide Riccio)
GUIDA ALL’ASCOLTO DEI BRANI STRUMENTALI
E TESTI CON TRADUZIONE
Per ascoltare: https://open.spotify.com/album/4hHqowhkG4hdrAAMrIXvYh
(Manca la traccia “Garden of Earthly Delights”, bonus track presente nelle copie “fisiche”)
CD 1
NEW ROARING TWENTIES (NUOVI ANNI VENTI RUGGENTI)
2019
01. GINNUNGAGAP
02. ONE OF PARIS
03. NEW ROARING TWENTIES
04. ALWAYS ON
05. DAIMON
06. ROSA OF VATNSENDI
07. SHAKESPEARE’S SONNET 116
08. SILENT LIGHTS BEJEWEL THE NIGHT
09. DUENDE (FOR DAVID BOWIE)
10. NIGHT TRAIN LULLABY
11. THE RAPE OF EUROPA
12. EARTHRISE
13. MISSING
14. KINTSUGI
15. YES TRESPASSING
16. WHITEOUTS
17. LEBENSUNWERTES LEBEN
CD 2
HUMAN DECISION REQUIRED (SERVE UNA DECISIONE UMANA)
2020
01. A GLITCH OF LOVE
02. UCHRONIA
03. (DON’T) LOCKDOWN
04. A SPLEENFUL OF SECRETS
05. NEED FOR CHANGE
06. PLUTO AND CHARON
07. AWUMBUK
08. WAS MY LIFE A KOHOUTEK?
09. LUCÈDIO (Lo Spartito del Diavolo)
10. I’VE GOT MY DESERTS
11. DEAR FLORIAN
12. GREY GOO (Reloaded)
13. THE COVIDIANS
14. GARDEN OF EARTHLY DELIGHTS
15. AUTOPSY
16. NAÏVETÉ
17. ENJOY
Ghost-Track:
GLADYS AND GEORGE (THE GHOST OF SEGUIN ISLAND)
GINNUNGAGAP
Ár vas alda
þars Ymir byggði
vasa sandr né sær,
né svalar unnir;
iörð fansk æva
né upphiminn;
gap vas ginnunga,
en gras hvergi.
Ginnungagap!
Ginnungagap!
«Al principio era il tempo: Ymir vi dimorava; non c’era sabbia né mare né gelide onde; terra non si distingueva né cielo in alto: il baratro era spalancato e in nessun luogo erba.»
(Edda poetica)
Nella mitologia norrena il Ginnungagap (letteralmente “varco spalancato”) era l’abisso cosmico che esisteva prima della creazione.
ONE OF PARIS
…friday gunshots in the hall
everyone around screaming
somewhere we’ve gone wrong
Paris is about life
that alien people IS man-bombing
we stare at ourselves in the eyes of the dead
it’s hell under obtuse gunmen
perpetrators of the injured world
who calls anyone civilized?
headlines of blood clots black tomorrow
they the wounded they the dead
foliage falling in the wind
one after one to die and we across
remembering Fat Man and Little Boy
carnage falling to the ground
or escaping from bullets whizzing
to daily wars and paranoia of all against all
no peaceful nowhere to hide alive
only when going the way of all flesh
horrible gods are mad at you
idle tears rise and die in the heart
faults are not in our stars *
and not in ouselves too dear Brutus
For I’m not your dead
I want to fuck you all
before dying this way or another
the only species evolved
enough to consciously go
extinct once and for all
for the good of all life
on planet earth
may you live little and die out
VEHMT (vehement) assholes
all ending happily again in Ba-Ta-Clan
all ending happily again in Ba-Ta-Clan **
* “The fault, dear Brutus, is not in our stars” is from Shakespeare’s Julius Caesar
** Ba-ta-clan was first of all a “chinoiserie musicale” in one act with music by Jacques Offenbach and with a “happy ending”.
Il minimalismo elettronico di Ginnungagap introduce l’abisso cosmico che esisteva prima della creazione, come dice il Gyfaginning della mitologia norrena. Il brano apre dunque alla creazione della musica e delle parole che seguiranno da un precedente silenzioso e informe nulla. Nel brano è protagonista lo ehru o huqin, il violino cinese. Il testo declamato con piglio vichingo sulla creazione dell’universo è in antica lingua norrena o antico islandese, tratto dall’Edda poetica, e il rumore della radiazione cosmica di fondo del Big Bang inizia e chiude la traccia.
L’universo mondo si trova subito catapultato nella drammatica condizione storica dell’umanità in “One of Paris”, canzone scritta nel 2016 dopo le stragi di Charlie Hebdo e del Bataclàn, sull’assassinio in nome di un Dio (a luglio del 2016 toccherà anche a Nizza). E sull’epoca attuale in particolare, quella che precede e che ci ha portati ai “nuovi anni venti ruggenti” (ruggenti per modo di dire, ché di ruggente oggi ci sono solo i leoni da tastiera). Una voce recita in arabo il testo della canzone, che scrissi con l’aiuto di una cut up machine. Un messaggio di pace è detto dall’artista newyorchese China Blu Wong, che le chiesi per una puntata radiofonica di “Insolita Musica” dedicata all’11 settembre (lei lavorava nelle Twin Towers e quel giorno scampò all’attentato). Programma che chiusi proprio con una sua composizione dal titolo “The Calls”, fatto con le voci delle ultime chiamate disperate dalle torri del World Trade Center (http://chinablueart.com/the-calls/ per chi volesse ascoltarla). Il mio è quasi uno spoken words chiaramente omaggio a Lou Reed. China Blue, quando ascoltò il brano, apprezzò e lo definì “Bowiesque”. Sono presenti suoni inediti della Tour Eiffel registrati da China Blue per il suo cd “Under Voices – Les voix de la Tour Eiffel” ma poi non utilizzati nel suo disco. Batteria, basso, chitarra elettrica, organo, sax tenore, trombone, tromba, sruti box. Il brano utilizza nei ritornelli una sola nota continuata, un “Re” orchestrale che cita la “Monotone Symphonie” del pittore Yves Klein. In chiusura un sonetto a cartoni forati (sorta di carillon) suona l’Inno alla Gioia di Beethoven su suoni attribuiti a una E.B.E. (Entità Biologica Extraterrestre) del tipo dei cosiddetti “Grigi”. La tromba intona le prime note della Sinfonia numero 5 di Gustav Mahler, primo movimento, “Marcia funebre”. La parola “gunman” in particolare è un riferimento a “Gunman” di Bowie e Belew. La chitarra usa in un punto un fraseggio tipico del soukous, o rumba congolese. Il testo contiene riferimento alla “chinoiserie musicale” “Ba-ta-clan” di Jacques Offenbach (…all ending happily again…), al Giulio Cesare di Shakespeare (…faults are not in our stars / and not in ouselves too dear Brutus), alle prime bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki (Fat Man and Little Boy…), allo Stato Islamico dell’organizzazione jihadista salafita al-Dawla al-Islāmiyya, abbreviato IS o ISIS (…that alien people IS man-bombing). In apertura un launch status check (go/no go poll) della NASA. L’esplosione in chiusura è una di quelle reali avvenuta a Parigi durante l’attacco a Charlie Hebdo.
UNO DI PARIGI
Testo scritto con una cut-up machine utilizzando articoli di giornali all’indomani della strage al Bataclan di Parigi.
…venerdì colpi di fucile nella hall
tutti stanno gridando d’intorno
da qualche parte abbiamo sbagliato
Parigi riguarda la vita
che uomini-bomba alieni
stanno d-IS-integrando
fissiamo noi stessi negli occhi dei morti
è l’inferno sotto ottusi banditi
fautori del mondo ingiuriato
chi può chiamare chiunque civilizzato?
titoli di sangue nero rappreso domani
loro i feriti loro i morti
fogliame che cade nel vento
uno dopo l’altro un morire e noi
(una croce) attraverso
ricordando Fat Man e Little Boy
carnaio che cade a terra
o fugge da pallottole sibilanti
da guerre quotidiane e dalla paranoia
del tutti contro tutti
nessun luogo di pace per nasconderci vivi
soltanto quando si va la via di ogni carne
Dèi orribili sono arrabbiati con te
lacrime inutili sorgono e muoiono nel cuore
le colpe non sono nelle nostre stelle
né in noi stessi caro Bruto*
dal momento che io non sono il vostro morto
voglio fottervi tutti
prima di morire in questo modo o un altro
la sola specie evoluta
abbastanza cosciente
da estinguersi una volta per tutte
per il bene di tutta la vita
sul pianeta terra
possiate vivere poco ed estinguervi
stronzi VEHMT**
tutto finendo lietamente ancora in Ba-Ta-Clan
tutto finendo lietamente ancora in Ba-Ta-Clan***
* “La colpa, caro Bruto, non è nelle nostre stelle” è dal Giulio Cesare di Shakespeare.
** Simpatizzanti del Movimento per l’estinzione umana volontaria
*** Ba-ta-clan fu prima di tutto un’operetta in un atto con musica di Jacques Offenbach e con un “lieto fine”.
NEW ROARING TWENTIES
Om Mu Ye Le
(Tibetan mantra of compassion)
Welcome
to the new Roaring Twenties
when all the music streams free
and most of the music is crap
like a dancing Charlie stoned
the only roar we can hear is that
of the keyboard lions
hit and run borderline
onto emptiness of NPS
boys jumping from the fifth floor
down the Way of the Future
inside the AI church
hikikomori’s on the rise
Every year eighty seven thousand women
and girls are violently killed
worldwide and it’s called femicide
and boys and men no longer know
how to let go to life
building on the quicksand
of the deep web
the only truth is that everyone is lying
and faking for fucking you
plastination and body worlds
a new Manson Family
religion is still
the greatest killer of all
seven seven billion people
ninety nine and nine per cent
of all species
ever existed
are already extinct
why shouldn’t we too?
building on the quicksand
of the deep web
the only truth is that everyone is lying
and faking for fucking you
NUOVI ANNI RUGGENTI
Benvenuto
nei nuovi Anni Ruggenti
quando la musica sarà trasmessa gratis
e la maggior parte della musica farà schifo
come un Charlie sballato che balla
(Charleston… Charlie stoned…)
il solo ruggito che possiamo ascoltare è quello
dei leoni da tastiera
mordi e fuggi borderline
sul vuoto delle nuove sostanze psicoattive
ragazzi che saltano dal quinto piano
giù nella Via del Futuro
nella chiesa dell’Intelligenza Artificiale
hikimori in ascesa
ogni anno 87 mila donne
e ragazze vengono violentemente assassinate
in tutto il mondo e lo chiamano femminicidio
e uomini e ragazzi non sanno più
come lasciarsi andare alla vita
costruendo sulle sabbia mobili
del profondo web
la sola verità è che tutti stanno mentendo
e falsificando per fotterti
plastinazione e cadaveri plastinati
una nuova famiglia Manson
la religione è ancora
la più grande assassina
sette miliardi e settecento milioni di persone
il 99,9 % di tutte le specie
mai esistito
si è già estinto,
perché non dovremmo anche noi?
* NPS (Novel Psychoactive Substances)
** Way of the Future – The AI Church of Anthony Levandowski
*** Gunther Von Hagens’ body worlds (The Human Body Exhibition)
Om Mu Ye Le è un mantra tibetano che invoca la compassione. È il pezzo di benvenuto nei nuovi anni venti ruggenti, lento, ipnotico e paranoico, si muove tra immagini deprimenti del nostro tempo: le nuove sostanze psicoattive e lo sballo (Charlie stoned, invece della danza del Charleston – emblema gioioso degli anni Venti Ruggenti del ‘900 -, come in una nuova psicotica famiglia Manson), i leoni da tastiera e la violenza che viaggia nel deep web, le nuove religioni come la Way of Future (Artificial Intelligence Church), il fenomeno dello hikikomori, il femminicidio, e su tutto una domanda: estintosi il 99,9 per cento di tutte le specie mai esistite, perché l’uomo non dovrebbe anch’esso estinguersi?
ALWAYS-ON
Always-on we’re walking
through the smartphone-zombies hordes, oh Lord!
Passing data screen to screen
children don’t scream, now they just display…
We should get together sometime
really and take a selfie to post
All of us would be better off dead
We’re all mice with their eyes red
Silverfish and book lice
are eating all the books
Mould and mildew
fungus and bacteria
are eating all of the books
We are googlers by now
Gooble, gobble, Google Gogle, we accept you, we accept you!
Gooble, gobble, Google Gogle, one of us, one of us!
Always-on we’re someplace else
and it’s a non-place on the web
Huntsman spider stuff of nightmares
is waiting to devour you
Looking for yourself in vain
through your soul-searching engine
You will grow old on your own
then you will die completely alone in ageism
Silverfish and book lice
are eating all the books
Mould and mildew
fungus and bacteria
are eating all of the books
We are googlers by now
Gooble, gobble, Google Gogle, we accept you, we accept you!
Gooble, gobble, Google Gogle, one of us, one of us!
SEMPRE CONNESSI
Sempre connessi stiamo camminando
tra le orde di smartphone-zombie, oh Dio!
Passando dati di schermo in schermo
i bambini non urlano, ora (dis)giocano col display
Dovremmo incontraci una volta per davvero
e farci un selfie da postare
Tutti noi staremmo meglio da morti
Siamo topi dagli occhi rossi
I pesciolini d’argento e i pidocchi dei libri
stanno tutti i libri mangiando
Sedimenti e muffe
funghi e batteri
stanno mangiando tutti i libri
Noi siamo googlers ormai
Gooble, gobble, Google Gogle, ti accettiamo, ti accettiamo!
Gooble, gobble, Google Gogle, uno di noi, sei uno di noi!
Sempre connessi siamo altrove
ed è un non-luogo nella ragnatela del web
Il ragno cacciatore, cosa da incubi,
sta aspettando per divorarti
cercando te stesso inutilmente
attraverso il tuo motore di ricerca interiore
Invecchierai per conto tuo
poi morirai completamente solo
discriminato
I pesciolini d’argento e i pidocchi dei libri
stanno tutti i libri mangiando
Sedimenti e muffe
funghi e batteri
stanno mangiando tutti i libri
Noi siamo googlers ormai
Ageismo è un inglesismo (in inglese: Ageism) che indica la discriminazione nei confronti di una persona in base alla sua età.
“Always on”, per pianoforte e legni, riprende il coro dei “Freaks” di Tod Browning… Ma gooble goble diventa “Google gogle… We accept you, one of us”… Canzone di sapore decadente sulla oramai allucinante dipendenza dell’umanità dai media elettronici e sulla fine dei libri, sugli smartphone zombie, sui bambini che (dis)giocano (coi display) fin dalla più tenera infanzia, isolati, derealizzati e “depotenziati” nella virtualità di telefonini e gli altri dispositivi elettronici.
DÁIMŌN (δαίμων)
believed she was assigned
to watch over my life
she was blonde
she was from North
she was eight like me
when she drowned
My mind was free
so I could see
my fylgja following me
so beautiful during my sleeps
I met her in my lucid dreams
In my lucid dreams
Oh Heaven-In
my animus
watched over me
along the way on this earth
way on this earth
way on this town
but you’re in
she drowned one earthly
life before
for I was child I knew no more
I had to pay my karmic debts
as lighthouse keeper lonely and sad
we both planned prior
so to being born
on this earth over again
my heart is hard now
like black diamond
So I can’t see my dáimōn anymore
White Magic anymore
Oh Heaven-in
my animus
come back again
to watch over me
watch over me…
On this cat walk
Oh Heaven-In
my animus
come back to me
to watch over me
watch over me…
She who follows
from the other side
was Heavenin the name
I gave to her
DAIMON
Quando ebbi otto anni
credevo di esserle stato assegnato
per vegliarmi in vita
Era bionda
veniva dal Nord
come me aveva otto anni
quando annegò
La mia mente era libera
per questo potei vedere
la mia fylgja seguirmi
bellissima nei miei sogni
la incontravo nei miei lucidi sogni
nei miei lucidi sogni
Oh cielo in me
mio animus
vegliava su di me
lungo la via su questa Terra
via su questa Terra
via su questa città
ma tu sei in me
(But you’re in suona anche but Turin)
Annegò un giorno
di una vita già terrestre
e poi che ero un bambino
non ne seppi di più
Pagavo i miei debiti al Karma
come custode di un faro
solitario e malinconico
Entrambi pianificammo
un altro ritorno sulla terra
Il mio cuore ora è duro
come diamante nero
così che non posso più
vedere il mio dáimōn
Non più bianca magia
Oh cielo in me
mio animus
torna da me
torna a vegliare su di me
torna su questo balcone del faro…
Lei che segue
dall’altro lato
Heavenin (come il cielo dentro)
il nome che le diedi
Nella mitologia norrena, un/una fylgja è un essere o spirito soprannaturale che accompagna una persona in relazione al proprio destino o fortuna
“Daimon” è un brano scritto in ricordo di una mia esperienza (forse) di “pre-morte”, quando fui salvato da un annegamento a otto anni. Cose tipo la pace, il tunnel, la luce… Una visione. Nonostante la quale posso affermare con certezza che non ho imparato comunque a morirmene in pace. Né più a nuotare (ma si vive lo stesso…). In seguito, per un periodo, ebbi una sorta di bambina amica immaginaria, bionda, straniera, anch’ella morta per annegamento tanto tempo prima. La sognavo anche di notte. Magari era una… Fylgia?
Quando in Islanda un bambino nasce con la “camicia”, cioè con una membrana attorno al corpo, è segno che durante tutta la sua vita sarà accompagnato da uno spirito protettore, una sorta d’angelo custode che, dal nome islandese della membrana, si chiama Fylgia. Normalmente questo spirito è invisibile e si trova sempre uno o due passi dietro il “padrone”. Io non nacqui con la camicia, ma per certo fui quella volta fortunatamente salvato. Il daimon o demone nella filosofia greca era un essere che si poneva a metà strada fra ciò che è divino e ciò che è umano, con la funzione di intermediario tra queste due dimensioni. Secondo Socrate e gli Stoici i demoni (altro dal significato loro attribuito poi dalla religione cristiana) erano esseri che vigilano sugli uomini. Secondo Platone la forza demonica consentiva all’uomo di elevarsi verso il sovrasensibile. Fylgia o daimon che fosse, le diedi il nome di “Heavenin” (“Il cielo dentro”). Il finale evolve in un frammento al violino da una sonata di Tomaso Albinoni.
ROSA OF VATNSENDI
Icelandic traditional lullaby
To my mother Rosa (29.10.2019)
SHAKESPEARE’S SONNET 116
Let me not
to the marriage of true minds
Admit impediments.
Love is not love
Which alters when it alteration finds,
Or bends with the remover to remove.
Love’s not Time’s fool, though rosy lips and cheeks
Within his bending sickle’s compass come;
Love alters not with his brief hours and weeks,
But bears it out even to the edge of doom.
O no!
it is an ever-fixed mark
That looks on tempests
and is never shaken;
It is the star
to every wand’ring bark,
Whose worth’s unknown,
although his height be taken.
Love’s not Time’s fool, though rosy lips and cheeks
Within his bending sickle’s compass come;
Love alters not with his brief hours and weeks,
But bears it out even to the edge of doom.
SONETTO DI SHAKESPEARE 116
Non sia mai ch’io ponga impedimenti
all’unione di anime fedeli; Amore non è Amore
se muta quando scopre un mutamento,
o tende a svanire quando l’altro s’allontana.
Oh no! Amore è un faro sempre fisso
che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
è la stella-guida di ogni sperduta barca,
il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama;
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio.
SILENT LIGHTS BEJEWEL THE NIGHT
Cesare Pavese
Silent lights bejewel the night
strings of lamplights
adorning the avenues
the long consuming solitude
of the miserable days
meets the tall houses
re-ignites with all my blood
and raises to my eyes and up to the sky
and raises to my eyes and up to the sky
white lights in the vertiginous avenues
unforl in the distance
without a sound
without a living being
I’m alone in the midst
of the universe of all these lights
from aside the avenues
disclosing me the azure dust
utterly miserable memories fall aside
utterly miserable memories fall aside
of an instant
Silent lights bejewel the night
Silent lights bejewel the night
the sky dazzles vanishes tomorrow
under the lurid sun solitary life will continue
and the sky dazzles vanishes tomorrow
under the lurid sun solitary life will continue
LUCI MUTE INGIOIELLANO LA NOTTE
Luci mute ingioiellano la notte
le collane, nei viali, dei lampioni.
La lunga macerante solitudine
del giorno vile tra le case altissime
si riaccende di tutto il mio sangue
e mi s’aderge agli occhi fino al cielo.
Luci bianche, nei viali di vertigine,
si snodano lontano e senza un suono,
senza un essere vivo.
Io sono solo in mezzo all’universo
di tutte queste luci.
Da ogni parte mi s’aprono nei viali
le polveri azzurrine.
I ricordi vilissimi
tacciono per un attimo.
Ed il cielo è abbagliato, scomparso.
Domani, sotto il sudicio del sole,
riprenderà la vita solitaria.
(Cesare Pavese)
“Silent lights bejewel the night” è un brano composto nel 2007 al fortepiano (con il titolo di “There and then” nel cd “Taurus”), e rifatto al pianoforte nel dicembre del 2015 con la poesia “Luci mute ingioiellano la notte” di Cesare Pavese da “Blues della grande città”, del 1929, tradotta in inglese. La musica è basata su alcune battute dal secondo movimento, andantino, della sonata per pianoforte n. 20 D959 in la maggiore di Franz Schubert. Del fortepiano ho mantenuto il pedale delle turcherie. Nella prima versione in “Taurus” era presente una musical saw (sega musicale), qui sostituita dal Theremin Moog Etherwave.
DUENDE (FOR DAVID BOWIE)
Many headed as Hydra you were
I was kind of Heracles
and his labours to find my feet
Driven mad by the Era of DIY
No miracles into the deep cave
Of the twenty-first century
Of Post-modern creatures
Next and Net degenerated
Eala David engla beorhtast
Ofer middangeard monnum sended
’87 I cry
I had to cut off each head
And two and two heads growing back
Such a struggle hopelessly
For any but a hero I was not
not even for a day
I couldn’d get out of my way
Of Post-modern creatures
Next and Net degenerated
Eala David engla beorhtast
Ofer middangeard monnum sended
’87 I cry
A cheap imitation
Waiting for duende
Up from the soles of the feet
Into the inner fire
To burn all dragon heads
And bury the Immortal One
Under the rock history
We are making no more
We’re making no more
Eala David engla beorhtast
Ofer middangeard monnum sended
’87 I cry
I go into the jumpgate of Io
Into 6 and 9 of Yin and Yang
Young never more
DUENDE (PER DAVID BOWIE)
Tu eri dalle molte teste come un’idra
E io una specie di Eracle
Con le sue fatiche nel trovarmi la via
Reso folle dall’Era del DIY (fai da te)
Senza miracoli nella grotta profonda
Del ventunesimo secolo
Delle creature post-moderne
Next e Net degenerate
Un saluto a David, il più splendente degli angeli
mandato agli uomini sulla Terra di Mezzo
’87 io piango
Dovevo tagliare ogni testa
E a due a due le teste ricrescevano
Tale una lotta da essere senza speranza
Per chiunque non fosse un eroe il quale non ero
Neanche per un giorno
Io non ho potuto trovare la mia via
Delle creature post-moderne
Next e Net degenerate
Un saluto a David, il più splendente degli angeli
mandato agli uomini sulla Terra di Mezzo
’87 io piango
Una imitazione scadente
Che aspetta il duende
Salirgli dai palmi dei piedi
Fino al fuoco interiore
Che bruci tutte le teste del drago
E seppellisca l’unica immortale
Sotto il macigno della storia del rock
Che non stiamo più facendo
Non stiamo più facendo
Un saluto a David, il più splendente degli angeli
mandato agli uomini sulla Terra di Mezzo*
’87 io piango
Me ne vado nel portale di salto di Io
Nel 6 e nel 9 di Yin e Yang
Mai più giovane
* Da versi di Cynewulf in antico inglese (il saluto a Earendel diviene il mio a David, il più splendente degli angeli)
Coda: sonificazione della stella Hya Xi, uno spezzone di Au clair de la lune, fonoautogramma del 1860 di Scott de Mairtinville e illusione acustica della scala di Shepard discendente (apparentemente) all’infinito.
Bowie è morto a 69 anni, e il 69 mi ha evocato il simbolo dello Yin-Yang, la dualità di tutte le cose.
NIGHT TRAIN LULLABY
To take a train
between comers and goers
knee to knee face to face
in an old wagon train
opening up a bit yourself
To look outward
thoughts you have closed
roadbed flowing
as it flows the past
softening quite (quiet) a bit yourself
comforting the memory
is a cradling tatantatà
and supports the ghost
of a dear nursery rhyme
from heartbeat to heartbeat
from beat to beat
from station to station
on steel guides
finally surrender yourself
to the certainty to arrive
to the certainty to arrive
sleeping a bit
cardiac contraction
and arterial pulse
roll on tracks
from each tunnel dark
fearless to born again
fearless we born again
CANTILENA DEL TRENO DI NOTTE
Prendere un treno
tra chi va e chi ritorna
ginocchio contro ginocchio
viso contro viso
in una vecchia carrozza
aprirsi un po’
guardare di fuori
pensieri che hai dentro
la massicciata scorre
come scorre il passato
ovattarsi nella quiete un po’
conforta la memoria
il tatantatà che culla
e sostiene il fantasma
di una cara infantile filastrocca
di battito in battito
di stazione in stazione
sulle guide di acciaio
lasciarsi andare finalmente
alla certezza di arrivare
dormire un po’
cardiaca contrazione
arteriosa pulsazione
rotolano sui binari
e da ogni buio tunnel
rinascere
“Prendere un treno” è stata una delle mie poesie più apprezzate e pubblicate. Quando ascoltai il brano dei “Twist of Fate” (concepito e pubblicato come strumentale nel loro album “September Winds”), ricordai questa vecchia poesia e, traducendola in inglese, mi sembrò starci particolarmente bene. Ai Twist of Fate (Giuseppe Verticchio e Daniela Gherardi) piacque ed ecco questa versione alternativa, per la quale lo stesso Verticchio (Nimh) ha realizzato a suo tempo un video dal finestrino di un treno al tramonto.
THE RAPE OF EUROPA
Europa was gathering daisies
when the white bull of Brexit
deceived everyone,
betrayed by imperial ambitions
all around.
We were all enamoured with Europa.
Europa caressed his flanks
and got onto his back,
they ran to the sea drowning
in the waves of globalization.
It was the rape of Europa.
Don’t you remember der Todesstreifen,
the heavily guarded Death Strip
with walls on either side and the Cold War
and our joy when the Berlin Wall fell?
Now walls again rise everywhere,
again and again.
No more apocalypses
or iron curtains we thought,
but old pathologies of anti-semitism
and racism and populist nationalisms
have returned.
We all see the same old shit
of tensions, of ignorance, of decadence,
between majorities and minorities,
we do not gentle into the good night,
in the dying of the light.*
Don’t you remember der Todesstreifen,
the heavily guarded Death Strip
with walls on either side and the Cold War
and our joy when the Berlin Wall fell?
Now walls again rise everywhere…
again and again.
Europa is now queen of the island of Cretins,
guarded by the crazy high
bestiality of the minotaur
or the lows of poverty
of bipolar democracy’s demons.
And the shape of a black hole
is in our twelve stars.
LO STUPRO DI EUROPA
Europa stava raccogliendo margherite
quando il toro bianco della Brexit
ingannò tutti,
traditi da ambizioni imperiali
tutte intorno.
Eravamo tutti innamorati di Europa.
Europa gli accarezzò i fianchi
e salì sulla schiena,
corsero verso il mare affogando
nelle ondate della globalizzazione.
Era lo stupro di Europa.
Non ti ricordi della Todesstreifen,
la Striscia della Morte pesantemente sorvegliata
con i muri su entrambi i lati e la Guerra Fredda
e la nostra gioia quando cadde il muro di Berlino?
Ora i muri si alzano di nuovo ovunque,
ancora e ancora.
Niente più apocalissi
o cortine di ferro pensammo,
ma vecchie patologie di antisemitismo
e razzismo e nazionalismi populisti
sono tornati.
Vediamo tutti la stessa vecchia merda
di tensioni, di ignoranza, di decadenza,
tra maggioranze e minoranze,
non andiamocene docili nella buona notte,
nel morire della luce.*
Non ti ricordi della Todesstreifen,
la Striscia della Morte pesantemente sorvegliata
con i muri su entrambi i lati e la Guerra Fredda
e la nostra gioia quando cadde il muro di Berlino?
Ora i muri si alzano di nuovo ovunque … di nuovo.
Europa è ora regina dell’isola dei Cretini,
sorvegliata dalla pazzesca
bestialità del minotauro
o la depressione della povertà
dei demoni della democrazia bipolare.
E la forma di un buco nero
è nelle nostre dodici stelle.
* Citazione di una poesia di Dylan Thomas, We do not gentle into that good-night, in the dying of the light…
EARTHRISE
Oh despair, sweet despair!
I can only see you
and, like a man on the moon,
I return clair de lune
sans l’amour vainqueur
on my deluding moon in itself.
I never took the first one small step to you,
no giant leap for my lifetime with you.
You’re there on the pale blue dot
and me on this far side,
stranded on arid maria,
in my secret Moon Museum,
no more Koenig or Straker,
a phantom cosmonaut
floating ‘round his bedroom
where I am not
and you’ll be never.
At the foot of the bed
of a space-goer lost
in his space suit for EVA,
my last self connects
to the fetus next
and the Star Child annexed.
I never took the first one small step to you,
no giant leap for my lifetime with you.
Oh everyday you are my earthrise
I can see far from down here.
No replicas of you instead
nor metemsomatosis ahead,
no more Koenig or Straker,
me a fallen astronaut
in orbit around the earth
where I cannot land
and you can’t leave
to fly up to me.
IL SORGERE DELLA TERRA
Oh disperazione, dolce disperazione
Io posso solo vederti *
e come un uomo sulla luna,
torno chiaro di luna
senza l’amore vincente **
sulla mia luna in sé deludente.
Non ho mai fatto il primo
piccolo passo verso di te,
nessun salto da gigante
per la mia vita con te.
Tu sei laggiù sul puntino blu pallido
e io su questo lato nascosto,
incagliato negli aridi mari lunari,
nel mio segreto Museo della Luna,
non più Koenig o Straker,
un cosmonauta fantasma
che galleggia intorno alla sua stanza da letto
dove io non sono
e tu non sarai mai.
Ai piedi del letto
di un viaggiatore perduto
nella sua tuta spaziale
per l’attività extraveicolare,
io mio ultimo Sé si connette
al prossimo feto
e al Bambino Stellare annesso.
Non ho mai fatto il primo
piccolo passo verso di te,
nessun salto da gigante
per la mia vita con te.
Oh, ogni giorno tu sei il mio sorgere della Terra
che posso vedere lontano da quaggiù.
Nessuna replica al tuo posto
né metemsomatosi più avanti,
non più Koenig o Straker,
io un astronauta caduto
in orbita intorno alla Terra
dove non posso atterrare
né Terra che tu puoi lasciare
per volare da me.
* Riferimento a una poesia di Cesare Pavese (Ti ho sempre soltanto veduta)
** Riferimento a una poesia di Paul Verlaine (Clair de Lune).
Star Child (Bambino Stellare), v. 2001 Odissea nello Spazio. Il brano si chiude tra i suoni della Stazione Spaziale Internazionale.
MISSING
More true
and with no longer rhetoric
I would live
dilatant with you
the fulfilling
small cove of time
which is still missing
to the euphemism of missing.
Everything with you
I would redo again and again because better:
I would fail no more
in never getting you tired
in not letting you miss never more
anything or anyone.
With you I would grow old capable
of a still drugged brain and babble sighing,
not this remnant of an actor
failed colorless in a silent cinema,
now that my ascetic film
releases acetic acid
and every memory, delay and holiday
it sticks and curls and breaks agonizes
in sterile descent of a vain prayer,
nor I can
in the absence of anybody else.
I wouldn’t fail with you at the hours
and to the passionate calls of life,
to the stages still possible on a journey,
not missing me now or never
the sun and the courage
of melting me and holding on tight to someone.
Finally adult red underwing moth realized
from the caterpillar no longer an inchworm,
desire would no longer be missing,
nor the ground beneath my feet
nor the wing to the daytime and the night flight
unto a tenth heaven.
With you I would grow old capable
of a still drugged brain and babble sighing,
not this remnant of an actor
failed colorless in a silent cinema,
now that my ascetic film
releases acetic acid
and every memory, delay and vacation
it sticks and curls and breaks agonizes
in sterile descent of a vain prayer,
nor I can
in the absence of anybody else.
Finally, if all poets miss a verse,
well, I miss you.
MANCANZE
Più vero e senza più retorica
vivrei dilatante con te l’acquietante
piccola calanca del tempo
che ancora manca
all’eufemismo del mancare.
Tutto con te rifarei nuovamente
perché migliore:
nulla più mi mancherebbe
nel non farti mai stanca
mancare più nulla e nessuno.
Non mancherei più con te alle ore
e agli appelli appassionanti della vita,
alle tappe ancora possibili a un viaggio,
non mancandomi ora o mai più il sole e il coraggio
di sciogliermi e stringermi a qualcuno.
Finalmente adulta catòcala
verificarsi dal bruco non più misuratore,
non mancherebbe più la voglia,
né il terreno sotto i piedi o l’ala al volo diurno
e notturno a un decimo cielo.
Con te invecchierei capace
ancora di cervello drogato e sospiroso farfuglio,
non già questo rimasuglio di attore
mancato in un cinema muto
e incolore, ora che il mio film
ascetico rilascia l’acido acetico
e ogni ricordo, ritardo e vacanza
s’appiccica si arriccia si rompe agonizza
in sterile discesa di vana preghiera,
né posso in mancanza d’altra.
Se a tutti i poeti manca infine un verso,
ebbene, mi manchi.
KINTSUGI
Dream on the dream within a dream
Like sandglass
hold within your hand
the sands of time
be time always on your side
Dream on while at sea of Hopes
and while at berth
salvation for souls
only dreams at rest
to anchor in the daily life
and if something goes wrong
what is broken is for to be repaired
with the golden seams of kintsugi
and what is broken is for learning
the art of broken pieces
to fix with powdered silver
to fix with powdered gold
Dream on till nothing to be explained
is beauty
gazing at itself in a mirror
thinking longer
before reflecting
and if something goes wrong
Beauty is imperfect
beauty is impermanent
beauty is incomplete
it’s wabi-sabi
When the crack in a vase
is more interesting
for the art of broken pieces
you become what you think about
what is broken is for to be repaired
with the golden seams of kintsugi
and what is broken is for learning
the art of broken pieces
to fix with powdered silver
to fix with powdered gold
you become what you think about
KINTSUGI
Continua a sognare il sogno
dentro un sogno,
come clessidra
tieni nelle tue mani
la sabbia del tempo e la sua fine*.
Possa essere il tempo dalla tua parte.
Continua a sognare
mentre il mare vai delle speranze
o quando all’ormeggio,
salvezza per le anime,
soltanto sogni a riposo
ad ancorarvi la vita quotidiana.
E se qualcosa va male…
quanto è rotto è per essere riparato
con cuciture dorate di kintsugi…
e quanto è rotto è per imparare
l’arte dei pezzi spezzati
da incollare con polvere d’argento,
da incollare con polvere d’oro.
Continua a sognare
finché niente da spiegare
sia la bellezza
che guardi se stessa in uno specchio
pensando a lungo
prima di riflettersi.
E se qualcosa va male…
la bellezza è imperfetta
la bellezza è impermanente
la bellezza è incompleta
è wabi-sabi…
Quando la crepa in un vaso
è più interessante
per l’arte dei pezzi spezzati,
tu divieni ciò che vi stai pensando.
Quanto è rotto è per essere riparato
con cuciture dorate di kintsugi…
e quanto è rotto è per imparare
l’arte dei pezzi spezzati
da incollare con polvere d’argento,
da incollare con polvere d’oro.
Tu divieni ciò che vi stai pensando
*The sands: parola con cui si intende anche la fine di un ciclo di tempo dato dal passaggio completo della sabbia da un contenitore all’altro della clessidra, che quindi è da capovolgere.
“The dream within a dream” è una citazione dei versi di Edgar Allan Poe (Dream within a dream).
Brano del 2014. L’arte del kintsugi, o kintsukuroi, letteralmente “riparare con l’oro”, utilizzata come simbolo e metafora di resilienza, è una pratica giapponese che consiste nell’utilizzo di oro o argento liquido o lacca con polvere d’oro per la riparazione di oggetti in ceramica, usando il prezioso metallo per saldare assieme i frammenti. La tecnica permette di ottenere degli oggetti preziosi sia dal punto di vista economico (per via della presenza dei metalli preziosi) sia da quello artistico: ogni ceramica riparata presenta un diverso intreccio di linee dorate unico e ovviamente irripetibile per via della casualità con cui la ceramica può frantumarsi. La pratica nasce dall’idea che dall’imperfezione e da una ferita possa nascere una forma ancora maggiore di perfezione estetica e interiore. Il Wabi-sabi in Giappone costituisce un’estetica fondata sull’accoglimento della transitorietà delle cose ed è descritta come “bellezza imperfetta, impermanente e incompleta”. Wabi identifica la semplicità rustica, naturale. Può anche riferirsi a stranezze o difetti generatisi nel processo di costruzione, che aggiungono unicità ed eleganza all’oggetto. Sabi è la bellezza o la serenità che accompagna l’avanzare dell’età, quando la vita degli oggetti e la sua impermanenza sono evidenziati dalla patina e dall’usura o da eventuali visibili riparazioni. La pedal steel guitar è stata suonata dal californiano Brendan Dunn (The Alien Telegraph). La registrazione (causa Wabi-sabi) è rimasta incompleta e… imperfetta).
YES TRESPASSING
SÌ OLTREPASSARE
Preghiera buddhista. Musica per rkang-gling, dung-chen, ciotola cantante, koto, pipa, arpa eolia, percussive strings.
WHITEOUTS
w. Snekula
Few minutes to midnight
as humanity in the clock dial of the earth
from four billions years and a half
Theia and the Moon up to me now
breathing of stromatolites
with my spine of metasprìggina
and brain of cephalaspis
with my lungs of hynerpetòn
and heart of petrolacosaurus
with canines of dimetrodon
and hips of euparkeria standing
in uteros of catarrhines
with my multifocal glasses
Here I am waiting for you
I am waiting for my second day now
for not to sleep until forever
few seconds to midnight
as humanity in the clock dial of the earth
I go through whiteouts
Whiteout: an atmospheric condition consisting of loss of visibility and sense of distance and direction due to a uniform whiteness of a heavy cloud cover and snow-covered ground, which reflects almost all the light it receives.
WHITEOUTS
pochi minuti a mezzanotte
come l’umanità nel quadrante dell’orologio
da quattro miliardi e mezzo di anni
di Theia e la luna fino a me oggi
respiro di stromatoliti
con la spina dorsale del metaspriggina
e il cervello del cefalaspide
coi miei polmoni di inerpeton
e il cuore di petrolacosauro
coi canini del dimetrodon
e le anche dell’euparkeria eretto
nell’utero dei catarrini
coi miei occhiali multifocali
sto qui aspettandoti
sto aspettando il mio secondo giorno ora
per non dormire per sempre
pochi minuti a mezzanotte
come l’umanità nel quadrante dell’orologio
me ne vado attraverso i whiteouts
“Whiteouts” è un gelido brano elettronico kosmische di Snekula su cui scrissi le parole, composi e registrai il canto, caldo per contrasto, nel dicembre del 2015. Il “whiteout” è una condizione atmosferica che consiste nella perdita di visibilità e del senso della distanza e della direzione a causa di un biancore uniforme e riflettente delle pesanti nuvole e della terra ricoperta dalla neve. Il testo prende spunto dagli ultimi minuti sul quadrante di un orologio di 24 ore nei quali è comparso l’uomo rispetto ai 4,5 miliardi di anni dalla formazione della Terra e dall’impatto con Teia, che generò forse la Luna. Una serie di animali primitivi chiave, ognuno dei quali ha segnato l’evoluzione svoltando verso una forma superiore e più complessa fino ai mammiferi e all’uomo; e io, noi tutti che aspettiamo la fine della mezzanotte di questo primo giorno sulla Terra, con l’inizio di un secondo migliore giorno, una nuova era. O anche un secondo giorno come un dopo la vita che non ci faccia solo dormire per sempre. Ai sintetizzatori algidi di Snekula ho aggiunto, oltre ai vari effetti elettronici sulla voce per sottolineare il graduale passaggio e l’inesorabile trasformazione del vecchio al nuovo uomo elettronico, prossimo step evolutivo, un suono molto particolare che emerge a 4 minuti e 38: è la sonificazione della radiazione cosmica di fondo del Big Bang dalla sua origine ad oggi.
LEBENSUNWERTES LEBEN
Vita indegna di essere vissuta.
Colonna sonora per il film documentario “La vera follia – La chiamavano Aktion T4”
A GLITCH OF LOVE
w. Alessandro De Caro
Victims of ghosting
he’s your foil from now on
like the spectre of
Lord Banquo for Macbeth
disfunctioning yet to compare
one to the other
a glitch in your life
for an aesthetic of failure
Freeze frames
freezing memories
no ghost of a chance
to get back to who you were
and to the bonus genius
your ghostwriter is dead
and so the director’s cut
to capture film-truth
the man who escaped
from your future
he’ll keep the pavement clean
because time is life
No feelings
in the market of emotions
better to be a mayfly
a mosquito into a cake
for your eating sweet
a simony of millennials
whose feet are burning
UN ERRORE IMPREVEDIBILE D’AMORE
Vittime di sparizioni improvvise
d’ora in avanti lui è il tuo antagonista
come lo spettro di Lord Banco per Macbeth
disfunzionale tuttavia nel comparire all’altro
un errore imprevedibile nella tua vita
per un’estetica dell’errore
Fermi immagine
che congelano ricordi
nessun’ombra di possibilità
di tornare a chi tu eri
e al buon genio guida
il tuo scrittore fantasma è morto
e così la director’s cut
per catturare il film-verità
l’uomo che fuggì dal tuo futuro
terrà il lastricato pulito
perché il tempo è vita
Nessun sentimento
Al mercato delle emozioni
meglio essere un’effimera
un moscerino nella torta
per il tuo cibo dolce
una simonia di quelli del millennio
a cui i piedi bruciano
Il testo nasce intorno all’amore al tempo dei millennials. Tutti prima o poi – anche noi predecessori della Generazione X – siamo stati vittime del “ghosting” almeno una volta. Siamo la generazione per altro (quella già X 1960-1980, ora per taluni mutatasi in L, cioè dei cinquantenni che vogliono tenersi tutto il “potere” e non più trasmetterlo ai giovani) che si fa influenzare e mascherare dalle nuove per somigliarvi ridicolmente piuttosto che il contrario. Eterni Peter Pan? Tra le citazioni Macbeth e il “foil to Macbeth” Lord Banquo, ma anche il film del 1971 “L’uomo che fuggì dal futuro (THX 1138)” diretto da George Lucas, dove in una scena voci filodiffuse ripetono frasi socio-condizionanti tra cui quella solo apparentemente assurda: “Mantenete pulito il pavimento, perché il tempo è vita”. E fosse l’estetica dell’errore solo un ambito o un problema della glitch-music! Nella simonia conclusiva è la “compravendita” che ormai sola vuole reggere tutto di noi, anche le relazioni umane (con tutto lo “stupido mercato delle emozioni” invece che la ricerca e costruzione dei sentimenti). Dante pose i simoniaci fra i dannati nella terza bolgia dell’ottavo cerchio dell’Inferno, qui condannati a restare capovolti all’interno di fori nella roccia, con una fiamma rossastra che brucia sui loro piedi (simbolo di libertà, poiché ci consentono di muoverci). Ah, dimenticavo, i versi bisbigliati sono di John Keats. L’amico Alessandro De Caro è mancato tra il 14 e il 15 maggio 2020; a lui è dedicata la successiva “Autopsy”.
UCHRONIA
Somewhere in my hidden corner
from the real world
in the deepest underground
in the most remote island
Maybe one day I will be found
out of time out of place like an oopart
like in a novel of the late
Victorian Age
on King Solomon’s mines
Still waiting She
my eternal woman
Ayesha
You’ll discover me among
Kosekin and Megamicri
In Pellucidar
or in Kukuanaland
The missing link of myself
and of a never coming race
an underground race
still waiting to occupy
its place in the sun
Still waiting She
my eternal woman
Ayesha
In this voyage to my inner world
In this voyage in my lost world
a land that time forgot
and that time maybe will return
to Uchronia
Still waiting She
my eternal woman
Ayesha
UCRONIA
Da qualche parte nel mio angolo nascosto
dal mondo reale
nell’isola più remota
Forse un giorno sarò trovato
fuori tempo fuori posto come un oopart
come in un romanzo della tarda Età Vittoriana
sulle miniere del re Salomone
Sto ancora aspettando Lei
la mia donna eterna
Ayesha
Mi scoprirai tra
Kosekin e Megamicri
a Pellucidar
o in Kukuanaland
L’anello mancante di me stesso
e di una razza che non verrà mai
una razza sotterranea
ancora in attesa di occupare
il suo posto al sole
Sto ancora aspettando Lei
la mia donna eterna
Ayesha
In questo viaggio nel mio mondo interiore
In questo viaggio nel mio mondo perduto
una terra dimenticata dal tempo
e quel tempo forse tornerà
a Uchronia
Sto ancora aspettando Lei
la mia eterna donna
Ayesha
L’ucronìa (anche detta storia alternativa, allostoria o fantastoria)
è un genere di narrativa fantastica basata sulla premessa generale che la storia del mondo abbia seguito un corso alternativo rispetto a quello reale.
Ayesha (la “donna eterna” da Il ritorno di Ayesha o The return of She) e Le miniere di Re Salomone, sono romanzi di H. Rider Haggard, considerato un capostipite del filone fantascientifico “Lost World”.
L’Icosameron (1788) di Giacomo Casanova è una storia dove i giovani protagonisti, fratello e sorella, cadono all’interno della Terra scoprendo l’utopia sotterranea dei Mégamicri (“grandi-piccoli”), una razza di nani pacifici, multicolori ed ermafroditi. L’autore ipotizza che potrebbe trattarsi del vero Giardino dell’Eden.
Il prolifico scrittore statunitense Edgar Rice Burroughs – famoso per il ciclo di Marte e Tarzan – si dedicò a sua volta al tema del “mondo perduto” con il ciclo di Pellucidar. A Strange Manuscript Found in a Copper Cylinder, il miglior romanzo del canadese James De Mille, pubblicato postumo, è una storia avventurosa, satirica e fantastica è ambientata in un’immaginaria “terra perduta” semitropicale in Antartide, abitata da mostri preistorici e da adoratori di un culto della morte chiamati Kosekin.
(DON’T) LOCKDOWN
“Lockdown” è la prima traccia realizzata il 15 marzo 2020, al termine della prima settimana di lockdown. Non ne potevo più di sentire le continue sirene delle ambulanze dell’ospedale a pochi metri da casa. Avevo bisogno di trasformare quell’inquietudine restrittiva con un qualche atto creativo e liberatorio. Il brano, che inizia con una lenta assolvenza (e altrettanto lentamente si dissolve), è ritmato dal suono oscillante delle cellule vive di un lievito, infine morte (una sorta di rumore bianco). Su questo ritmo si avvicendano suoni o rumori industrial e sci-fi, un crescendo microtonale di archi verso un primo falso picco, poi un altro, il megafono della polizia che invita a non uscire di casa se non per necessità, le campane infine suonate a distesa dal Duomo di Torino. Nascosto, per pudore, c’è brevemente anche il suono di una ventilazione meccanica.
A SPLEENFUL OF SECRETS
Each and all of us
Pillars of salt
All men could be saved
And none of us want to
That’s our lot’s wife lot
When we look back to
A Sodom and Gomorrah of things
We could’ve done good
We could’ve done better
We could’ve done good
We could’ve done perfect
Like in our picture-tube
Instead of our picture tube
Honey honey ha!
You could be so sweeter than money
But you see what this love needs is money
Life is a spleenful of secrets
You are forcced to buy
A Sodom and Gomorrah of things
We could’ve got good
We could’ve got better
We could’ve got good
We could’ve got perfect
Like in our picture-tube
Instead of our picture tube
UNO SPLEEN PIENO DI SEGRETI
Ognuno di noi
Colonne di sale
Tutti gli uomini potrebbero essere salvati
E nessuno di noi che lo voglia
Questo è il nostro destino
Da moglie di Lot
Quando guardiamo indietro
A una Sodoma e Gomorra di cose
Che avremmo potuto fare bene
Avremmo potuto fare meglio
Avremmo potuto fare bene
Avremmo potuto fare alla perfezione
Come nel nostro tubo catodico
Invece del nostro tubo catodico
Tesoro tesoro ah!
Potresti essere così tanto più dolce dei soldi
Ma vedi che questo amore ha bisogno di denaro
La vita è piena di segreti noiosi e deludenti
Che sei obbligato a comprare
Una Sodoma e una Gomorra di cose
Che avremmo potuto ottenere bene
Avremmo potuto ottenere meglio
Avremmo potuto ottenere bene
Avremmo potuto ottenere alla perfezione
Come nel nostro tubo catodico
Invece del nostro tubo catodico
NEED FOR CHANGE
“Need for change” è del 20 aprile 2020. È passato più di un mese dal brano precedente. Di cose se ne sono già dette e fatte (o non fatte) abbastanza e tutti abbiamo sofferto quel tanto. Eppure non si intravede ancora l’inizio di una fine. Quel giorno ho sentito, insieme al “bisogno di un cambiamento”, la necessità di mettermi a suonare – dentro le maglie della techno, quindi dell’illusione di scienza e tecnologia – qualcosa di positivo, di ballabile. La presenza di alcuni strumenti musicali anche etnici di varia provenienza sottolinea la globalità dello psicodramma vissuto: la cornamusa (che nelle sue varie forme è uno strumento non solo scozzese, ma di tutta la tradizione europea), una chitarra andalusa, una ricca sezione di fiati (l’America delle “band di rock and roll coi fiati” come in Chicago e Blood Sweat and Tears o nel sound of Philadelphia, che ebbe un certo impatto su di me durante l’infanzia), il gong e le diplofonie del canto armonico Khoomei di Tuva (l’Asia passando per la Siberia e quindi la Russia), fino al didgeridoo (Australia e Oceania). Il brano è introdotto dal respiro di un uomo che sta facendo jogging. Aria! In tutto il disco ho fatto massiccio uso di strumenti a fiato: sassofoni, tromba con o senza sordina, trombone, clarinetto, fagotto, corno inglese, oboe, armonica, flauto… Non è casuale. Polmoni e fiato, in questi mesi, avevano bisogno di affermare la loro forza e vittoria sul morbo.
PLUTO AND CHARON
(Plutone e Caronte)
“Pluto and Charon” l’ho scritta e suonata il 22 aprile: Plutone, declassato, e Caronte, pianeta doppio o sistema binario, lei e io, per sempre a orbitarci intorno ai limiti più bui e freddi del sistema solare senza mai raggiungerci come nel mio pensiero di noi non destinati. La solitudine insomma che all’improvviso non è più come una meravigliosa conquista ma una tremenda condanna (per parafrasare Bertolucci). Il brano inizia con un arpeggio atonale e si sviluppa sempre più perso nella memoria degli anni ’70, che in fondo costituiscono la gran parte della mia identità sonora (a cominciare dalla kosmische musik e dallo space-rock). Il suono di Giove che si confonde con i suoni del Moog accompagna come un lontano bordone e affiorano suoni dallo spazio come sferiche (o statiche) e tweeks captati da una radio VLF e sono il risultato delle onde radio emesse dai temporali che si propagano nella ionosfera. Il Theremin è usato invece per simulare un’astronave che si allontani dal pianeta ma anche i whistlers, altro fenomeno dell’energia dei temporali che viaggia dalla ionosfera alla magnetosfera attraverso il vento solare. Dopo le tre dimensioni dello spazio (cosmico), il brano sfuma in un suono molto particolare, quello del tempo ovvero il diapason che fa funzionare gli orologi sonici Bulova Accutron.
AWUMBUK
“Awumbuk”… del 24 aprile. Per gli indigeni della Nuova Guinea Awumbuk è una parola che significa la tristezza o la nostalgia che ti assale quando se ne sono andati via tutti. Brano scritto pensando a tutti i miei recenti lutti. La casa è ormai inesorabilmente vuota. Dopo aver riempito distrumenti i precedenti brani per horror vacui, avevo bisogno di fare qualcosa in cui anche pause e silenzio avessero un ruolo; in cui anche il vuoto tornasse ad essere accettabile.
WAS MY LIFE A KOHOUTEK?
“Was my life a Kohoutek?” è del 2 maggio. Qui sono tornato a cantare qualcosa, introdotto e punteggiato dai glissandi di un’arpa e di una viola, ma brevemente: “Was my life a meteor? Was my life a comet? Was my life a Kohoutek?” In questi mesi ho ricordato la cometa Kohoutek (che per altro ispirò una pletora di gruppi e musicisti, anche Weather Report, Pink Floyd, Sun Ra, Argent, Journey ecc. ecc.). La cometa Kohoutek fu visibile per un anno nel 1973 e fu chiamata cometa dell’anno, credendo che entrasse nel sistema solare lasciando una coda spettacolare. Il che non accadde, il tutto scendendo molto al di sotto delle aspettative. Così la “cometa Kohoutek” divenne sinonimo di fiaschi spettacolari. Bene… Fu la mia vita una meteora, come coloro che hanno suscitato grande eco anche se per breve tempo, entrando comunque nella storia? O fu la mia vita una lunga (deludente) aspettativa, come la cometa Kohoutek? Tra gli strumenti più particolari, l’electro-theremin o tannerin.
Was my life a meteor?
Was my life a comet?
The comet Kohoutek?
Fu la mia vita una meteora?
Fu la mia vita una cometa?
La cometa Kohoutek?
LUCEDIO (LO SPARTITO DEL DIAVOLO)
“Lucedio” è del 22 maggio. Una leggenda narra che un demone raggiunse l’abbazia di Lucedio e si impossessò dei frati i quali da allora si dedicarono alle messe nere, abusarono delle novizie e torturarono e uccisero persone innocenti. Dopo diversi anni, un monaco compose una musica con la quale riuscì a liberare l’abazia dal maligno, imprigionandolo in una cripta sotto la chiesa. Quello spartito, detto “del diavolo”, è riprodotto su un muro della chiesa della Madonna delle Vigne ed è uno spartito bifronte, ovvero è leggibile in entrambi i versi. Suonato al contrario avrebbe il potere di liberare nuovamente il diavolo. Nella sala dove i monaci si riunivano per effettuare le messe nere e gli abusi sulle novizie, le colonne sembrano inoltre versare lacrime. In realtà il fenomeno è dovuto al fatto che Lucedio è costruito in una zona ricca di fontanili. Ho ascoltato una interpretazione di questo spartito ad oggi davvero insoddisfacente, sia in un verso che nel suo contrario. Nel suonarlo anch’io all’organo non ho potuto esimermi dall’interpretarlo con più costrutto compositivo di quanto non abbia fatto finora chi l’ha sottoposto a un software midi. In tutta questa storia del covid c’era un altro diavolo da catturare e rinchiudere con la magia della musica e dell’arte.
I’VE GOT MY DESERTS
I’ve got my just deserts
with an oasis of loving you alone
to shelter from the frailty of human condition
Time after time the end is approaching
My ship of the desert
take me where my ship comes to my father’s house
before the water I write in
is standing and finally drained
Take me as far as I can find
unlosable something
wherewith to wind my memoirs off
wherewith to wind my memoirs away
not to the four winds
Oh no I’ve got my just deserts once more
Mirage by mirage
I’ll learn finding God in the desert
Just when I’m quite wise to tell
the mirage from the real
the Big Bang from the miracle
and the miracle from the Big Rip
My ship of the desert
take me where my ship comes to my father’s house
The last of the shifting selves
maybe mistakes prevent me towards
Take me as far as I can find
unlosable something
wherewith to wind my memoirs off
wherewith to wind my memoirs away
not to the four winds
Oh no I’ve got my just deserts once more
HO AVUTO I MIEI DESERTI
Ho avuto quel che meritavo
ho avuto i deserti che meritavo
con un’oasi d’amarti soltanto
per riparo dalla fragilità della condizione umana
Tempo dopo tempo la fine si avvicina
Mia nave del deserto
portami dove la mia nave giunga alla casa di mio padre
prima che l’acqua in cui scrivo
sia stagnante e infine prosciugata
Portami tanto lontano da trovare
qualcosa di imperdibile
con cui riavvolgere le mie memorie
con cui svolgere le mie memorie
non ai quattro venti
Oh no ho avuto ancora una volta quel che meritavo
Oh no ho avuto ancora una volta i deserti che meritavo
Miraggio dopo miraggio
imparerò a trovare Dio nel deserto
solo quando sarò del tutto saggio e in grado
di distinguere il miraggio dal reale
il Big Bang dal miracolo
e il miracolo dal Big Rip
Mia nave del deserto
portami dove la mia nave giunga alla casa di mio padre
forse gli errori mi salveranno
dall’ultimo dei Sé fluttuanti
Portami tanto lontano da trovare
qualcosa di imperdibile
con cui riavvolgere le mie memorie
con cui svolgere le mie memorie
non ai quattro venti
Oh no ho avuto ancora una volta quel che meritavo
Oh no ho avuto ancora una volta i deserti che meritavo
Voce femminile araba (in arabo):
Non ti comprendo, io ti amo, aspettami.
Nota: I suoni nel finale sono quelli delle dune cantanti.
DEAR FLORIAN
Ist still der große Schmerz, Florian…
At the end of the day
CARO FLORIAN
Il grande dolore è muto…
Alla fine del giorno
“Dear Florian” l’ho composto il 6 maggio, dopo avere appresa la notizia della morte di Florian Schneider (insieme a Bowie, il musicista più importante della mia vita fin dall’infanzia). Il testo, recitato in tedesco, riprende una frase di Seneca che dice: “Il grande dolore è muto… Ist still der große Schmerz, Florian”. Al vocoder EMS 5000 la mia voce aggiunge “at the end of the day” (…alla fine del giorno). Infine è così diversa la nostra vita da quella di una effimera che vive un solo giorno? Ho usato ogni sintetizzatore analogico d’epoca che potesse ricordare i suoni dei Kraftwerk negli anni ’70, dal Minimoog all’ARP Odissey (ma c’è anche un piccolo stylophone). Melodicamente volevo avvicinarmi alle melodie semplici e luminose dei Kraftwerk. La melodia ripresa poi dal flauto traverso ha ovviamente il suo perché (il flauto fu lo strumento principale di Florian).
GREY GOO (RELOADED)
“Grey Goo” (21 maggio) è il reload di un brano dal mio concept “Grandroids – Music for a video game” del 2008 ed è un ulteriore omaggio a Florian Schneider e alla musica dei Kraftwerk. Il grey goo (alternativamente scritto gray goo, letteralmente “poltiglia grigia” o “sostanza appiccicosa grigia”) è un ipotetico scenario apocalittico in cui la fine del mondo è provocata dalla nanotecnologia molecolare, dove dei robot fuori controllo e autoreplicanti consumano tutta la materia del pianeta mentre si riproducono moltiplicandosi, uno scenario noto come ecofagia (“che divora l’ambiente”). Il termine grey goo venne coniato dal pioniere della nanotecnologia Eric Drexler nel suo libro del 1986 Engines of Creation.
THE COVIDIANS
“The Covidians” è del 14 giugno 2020. Forse qualcosa sta in parte cambiando, si sta tornando a una parvenza di libertà, ma i “Covidians” ormai sono qui, tra noi. Siamo noi, o meglio una parte di noi. I Covidians sono come alieni o forse sono alieni; sono uomini e donne che il virus ha cambiato o ha manifestato e conclamato, consolidato forse per sempre e, con l’arma del più sottile dei terrori, renderanno ancora o sempre più difficile la vita di chi non vorrà esserne soggiogato. Il brano nasce come bisogno di fare della glitch music (guardando anche al genio di Anders Trentemøller) e usa una sezione di fiati che sviluppa le note della sonificazione del coronavirus SARS-CoV-2 e sue mutazioni nel tempo. Il brano si chiude con la sonificazione dell’attività cerebrale umana.
GARDEN OF EARTHLY DELIGHTS
Brano che legge e utilizza le note dipinte da Hieronymus Bosch sul deretano visibile nella pala dell’Inferno Musicale nel trittico del Giardino delle Delizie. Quelle note, a un piano trattato elettronicamente, puntellano come un sequencer cellule di fiati che sviluppano varie frasi in modo minimalista.
AUTOPSY
You feel the same person as always
but are you the same?
Do you appear the same?
or nobody looked for you even today?
Today, after leaving
the office in downtown
was someone waiting for you?
Was someone with you or even
tonight you can die quite alone?
An autopsy will reveal the disease
of your once or future soul?
The cause of your missed life?
Who will come to your funeral?
Who won’t come to your funeral?
Who will wait for you beyond?
Someone will look for you tomorrow
if you don’t spend another night
or someone will notice
that you’re missing
after two weeks or a month?
You feel the same as Dorian Gray
The same ageless man inside
yet no one has looked for you
like nobody looks
for the old anymore
An autopsy will reveal the disease
of your once or future soul?
The cause of your missed life?
Who will come to your funeral?
Who won’t come to your funeral?
Who will wait for you beyond?
AUTOPSIA
Ti senti la stessa persona di sempre
ma sei lo stesso?
Sembri lo stesso?
o anche oggi nessuno ti ha cercato?
Oggi, dopo aver lasciato
l’ufficio in centrocittà
qualcuno ti stava aspettando?
C’era qualcuno con te o anche
stanotte puoi morire da solo?
Un’autopsia rivelerà la malattia
della tua anima passata o futura?
La causa della tua vita mancata?
Chi verrà al tuo funerale?
Chi non verrà al tuo funerale?
Chi ti aspetterà oltre?
Qualcuno ti cercherà domani
se non passi un’altra notte
o qualcuno noterà
che stai mancando
dopo due settimane o un mese?
Ti senti lo stesso di Dorian Gray
Lo stesso uomo senza età dentro
eppure nessuno ti ha cercato
come nessuno
cerca più il vecchio
Un’autopsia rivelerà la malattia
della tua anima una volta o futura?
La causa della tua vita mancata?
Chi verrà al tuo funerale?
Chi non verrà al tuo funerale?
Chi ti aspetterà oltre?
NAÏVETÉ
Instrumental
ENJOY
Instrumental
“Enjoy” (primo aprile) è un altro brano ripreso da “Grandroids”. La regista Irene Dorigotti mi ha chiesto in aprile di farle la sigla di un suo programma radiofonico e io ho rispolverato appunto “Enjoy”, allungandone la durata e introducendo il canto di un nativo americano. Nella seconda metà dei ’90 mi innamorai della cultura dei nativi d’America e specialmente della storia di Riccetto, che dopo l’hanblecheya (ricerca della visione o digiuno della pipa) tornò alla sua gente come “Cavallo Pazzo” (Tashunka Uitko). Non amo tuttavia la man bassa fatta dal movimento New Age o Next Age sugli indiani e la loro musica, i loro canti. Ho lasciato questo brano in chiusura per una qualche speranza ancora di gioire infine a tutto. Questi mesi sono stati dopotutto per me una “ricerca della visione”.
GHOST-TRACK
GLADYS AND GEORGE (THE GHOST OF SEGUIN ISLAND)
Questo brano strumentale nasce dalla leggenda del faro e del fantasma di Seguin Island. Su quest’isola al largo delle coste del Maine, nel 1800, giunsero George e sua moglie Gladys per prendersi cura del faro. Erano sposati da poco. Passò il tempo e tutto procedeva bene. George prendeva il suo lavoro molto sul serio, Gladys si occupava della casa. Ma bisognava fare i conti con quella solitudine in un luogo così remoto. Faceva parte del mobilio un pianoforte che la giovane donna suonava di tanto in tanto. A un certo punto Gladys cominciò a suonare un insolito motivetto, sempre lo stesso, ossessivamente. All’inizio George non ci fece caso, anzi lo fischiettava mentre si occupava delle sue faccende. Gladys però ormai lo suonava continuamente e lui prese a inquietarsene. Una sera George staccò un’ascia dal muro e si precipitò dentro al cottage. Nessuno sa cosa avvenne veramente, ma chi li trovò disse che il piano era stato sfasciato, la giovane moglie uccisa con l’ascia e che il guardiano, resosi forse conto di quanto aveva fatto, si era ucciso con la stessa arma. Da allora, molti raccontano di avere avvistato il fantasma tormentato di George aggirarsi ancora in quel faro. Nella traccia un vecchio pianoforte è stato realmente distrutto a martellate, ma non da me, bensì da un amico neozelandese. I temi accennati, oltre a quello immaginato da me come il motivo ossessionante suonato da Gladys. sono due rivisitazioni de “La Follia”, antico e celebre tema musicale, quelle secondo Liszt e Rachmaninov.