Laterza Editori
Biografia
Pagg. 361
ISBN 9788858141649
Prezzo Euro 20,00
Chi era Dante
La Divina Commedia è un’opera fra le più conosciute, che si studia a scuola non solo in Italia. Quindi, chi più chi meno, in base al livello di istruzione ricevuto, è a conoscenza di un contenuto che è in tutti i sensi senza tempo, proprio del capolavoro universale. Del suo autore Dante Alighieri tuttavia sappiamo poco, a mala pena conosciamo, pur se non sicure nel giorno, le date di nascita e di morte e della sua travagliata esistenza siamo solo al corrente che per motivi politici fu esiliato dalla sua Firenze. Tutto il resto, però, che occorre per inquadrare il personaggio nella sua epoca, i cui fatti indubbiamente finiscono sempre con avere riflessi su ciò che ha scritto, ci sono solo vagamente conosciuti, un po’ perché Dante è enigmatico, un po’ perché il periodo storico, a cavallo fra il XIII e XIV secolo, non era in grado di fornire ampie documentazioni sull’autore di un’opera che già allora era famosissima. Alessandro Barbero, di cui si apprezzano le indubbie qualità di storico, cerca di provvedere in merito, scrivendo una biografia che non è frequente nella sua produzione (così a memoria me ne sovviene solo un’altra, quella di Carlo Magno), ma che ha il pregio dei romanzi storici, senza tuttavia esserlo, perché alla fantasia non è lasciato nulla, nel senso che siamo in presenza di un vero e proprio saggio. Tuttavia l’abilità dell’autore nel proporre è tale che il risultato non è greve, come invece in genere sono i testi storici, ma ha la capacita di avvincere come in in romanzo ben riuscito. Del resto, l’incertezza su tanti fatti della vita di Dante lascia il campo a una fantasia tecnica, cioè alla formulazione di ipotesi, esaminate negli aspetti positivi e negativi, il più delle volte senza privilegiarne nessuna. Per esempio ci si chiede se Dante fosse un nobile e così veniamo a sapere che all’epoca il concetto di nobiltà era diverso da quello da noi conosciuto e nel caso specifico, pur considerando tanti elementi, la famiglia Alighieri si sarebbe potuta definire al più benestante, ma non certo nobile. Di pari passo, di ipotesi in ipotesi, sulla base di documenti dell’epoca, in apparenza poco significativi, tenuto conto di quanto scritto in epoca successiva dal Boccaccio, nonché da storici quasi contemporanei, o di poco posteriori, siamo in grado di farci un’idea non solo di quel che fu l’esistenza di Dante, ma anche di come si vivesse allora. Così abbiamo capitoli dietro capitoli che parlano del clan degli Alighieri, dell’infanzia di Dante, dell’amore (puramente platonico per Beatrice, che morirà giovanissima e già maritata con altra persona), degli studi, del matrimonio stesso di Dante, dei suoi affari, della politica estremizzante in essere a Firenze, insomma tutta una serie di aspetti che, se pur relativi al poeta, ci danno una visione tutto sommato esauriente di un certo periodo storico che riguarda anche altre città, perché l’esilio di Dante fu tutt’altro che sedentario. Al riguardo dimorò, ospite dei signori del luogo, a Forlì, in Lunigiana, a Bologna, a Padova, nella Marca Trevigiana, nel Casentino a Verona, e da ultimo a Ravenna, dove morì. Benchè l’ospitalità si basasse sul presupposto di avere a corte un poeta famoso, che fra l’altro si rendeva utile come segretario o come incaricato di missioni diplomatiche speciali, era evidente che il soggiorno dopo un po’ di tempo, per vari motivi, ma soprattutto per la sensazione di essere di troppo finiva con il pesare nella decisione di spostarsi in altro luogo. In effetti Dante si crucciava di questo fatto, non dipendente dalla sua volontà, poiché all’esiliato erano confiscati anche i suoi beni in patria, al punto che nel Paradiso (XVII 58 – 60) scrive: Tu proverà sì come sa di sale / Il pane altrui, e com’è duro calle / lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale. Più esplicito di così sulla sua condizione di esule non poteva essere.
Da questo lavoro di Barbero esce un Dante dalle molteplici sfaccettarure, un politico, prima ancora che poeta, che fu artefice e vittima della sua condotta fiorentina, sussistendo anche l’ipotesi che, quando rivestì delle cariche importanti nel governo della città, privilegiò taluni e magari non disinteressatamente. Se il politico Dante ha probabilmente limiti e anche colpe, di tutt’altra pasta è il poeta Dante, un artista eccelso, già famoso ai suoi tempi e ancor di più nelle epoche successive. Un grande, insomma si potrebbe definirlo, giudizio che può essere esteso al suo biografo Alessandro Barbero che ancora una volta si conferma storico scrupoloso (alle note sono dedicate un centinaio di pagine) e sempre capace di avvincere il lettore.
Alessandro Barbero, scrittore e storico italiano. Laureato in Storia Medioevale con Giovanni Tabacco, nel 1981, ha poi perfezionato i suoi studi alla Scuola Normale di Pisa sino al 1984. Ricercatore universitario dal 1984, diventa professore associato all’Università del Piemonte Orientale a Vercelli nel 1998, dove insegna Storia Medievale. Ha pubblicato romanzi e molti saggi di storia non solo medievale. Con il romanzo d’esordio, Bella vitae guerre altrui di Mr. Pyle gentiluomo, ha vinto il Premio Strega nel 1996.
Collabora con La Stampa e Tuttolibri, con la rivista “Medioevo”, e con i programmi televisivi (“Superquark”) e radiofonici (“Alle otto della sera”) della RAI. Tra i suoi impegni si conta anche la direzione della “Storia d’Europa e del Mediterraneo” della Salerno Editrice. Tra i suoi titoli più recenti ricordiamo: Lepanto. La battaglia dei tre imperi (Laterza 2010), Il divano di Istanbul (Sellerio 2011), I prigionieri dei Savoia (Laterza 2012), Le ateniesi (Mondadori 2015), Costantino il vincitore (Salerno 2016) e Dante (Laterza 2020).