Bompiani Editore
Narrativa
Pagg. 336
ISBN 9788845283512
Prezzo Euro 13,00
Si deve sempre combattere il Male
Devo premettere che in tutta sincerità la decisione di acquistare il libro e di leggerlo è stata influenzata non poco dall’attuale pandemia per Covid 19; probabilmente prima o poi sarebbe dovuto rientrare fra le mie letture, ma certo è che l’evento contingente ha anticipato i tempi.
Come dice il titolo si narra di una epidemia che colpisce la città di Orano in Algeria, un luogo abbastanza anonimo e anche deludente nella sua assenza di attrattive, eppure densamente popolato da duecentomila uomini e donne ignari della tragedia che sta per colpirli e che è preannunciata – ma nessuno riesce a cogliere il segno – dalla comparsa di migliaia di topi che escono dalle loro tane e vengono a morire sulle strade. Finita l’ecatombe dei ratti, inizia la pestilenza, dapprima in sordina e poi sempre più virulenta, uccidendo gli abitanti senza distinzione di sesso e di censo.
Come accade sempre in questi casi, quando si verica un comune dramma, emergono chiari, per quanto antitetici, sintomi di evidente disgregazione e di umana solidarietà. Il vero scopo del romanzo di Camus non è tanto quello di parlarci della pandemia come potrebbe fare qualsiasi giornalista, ma di cogliere gli aspetti sociali e psicologici di chi ogni giorno non solo deve misurarsi con la morte, ma che è costretto a vivere in un regime di semi libertà, che avvilisce e provoca a tratti improvvise e inconsulte reazioni. In questo contesto la fede religiosa, l’incapacità di restare soli, magari perché la persona amata si trova al di fuori della cerchia cittadina che non può essere oltrepassata, la convinzione che si deve fare, nonostante tutto, il proprio dovere finiscono con il diventare gli autentici protagonisti della trama, in contrapposizione al panico, all’indifferenza e peggio ancora all’egoismo stolto e gretto che caratterizza non pochi individui.
Il personaggio principale è il dottor Bernard Rieux, medico di Orano, che annota su taccuini gli eventi di quei giorni di terrore in cui il morbo infuria, ricomprendendovi la descrizione di altri personaggi che presentano le caratteristiche, anche quelle in contrapposizione, che ho descritto sopra. La pestilenza, come è venuta, se ne andrà, provocando tanti morti, fra i quali anche alcuni protagonisti, come Jean Tarrou, un benestante che vive in albergo e che ha un approccio filosofico con la morte del tutto personale, o come Padre Paneloux, un religioso che va cercando un motivo per esserlo. Fra quelli che sii conosceranno nel corso della lettura si salveranno solo il giovane giornalista Rambert che combatte per poter rivedere la proria innamorata lontana e che non può raggiungere, l’umile impiegato Joseph Grand, che ancora ama la moglie che l’ha lasciato e che è alle prese con la stesura di un romazo che molto probabilmente non finirà mai, ma che è tutta la sua vita, e il Dottor Rieux, diviso dalla moglie gravemente ammalata che si trova in cura in un ospedale esterno e che poi morirà, un uomo tenacemente legato al suo lavoro; il medico si prodiga oltre ogni limite per un accentuato senso del dovere, anche se sa che chi può salvare ora con le sue cure un giorno, come tutti, dovrà morire.
La peste è una di quelle opere senza tempo, o meglio sempre attuale, perché in effetti la natura umana, chiamata a esprimersi da un fatto drammatico, si manifesta nelle forme di cui ho accennato, ed è qui la grandezza dell’opera, valida oggi, come fra cento, duecento anni e oltre, anche perché, se si riflette un po’, è una grande metafora di come la violenza e la morte siano una peste in politica, nei regimi totalitari come il nazismo e il comunismo, rappresentando quell’illogicità che ci allontana dalla supremazia del bene sul male.
Scrittore, filosofo, saggista, drammaturgo e anarchico francese, importantissimo esponente dell’esistenzialismo, Albert Camus nacque in Algeria, dove studiò e iniziò a lavorare come attore e giornalista. Affermatosi con il romanzo “Lo straniero” e con il saggio “Il mito di Sisifo”, raggiunse un vasto riconoscimento di pubblico nel 1947 con “La peste”. Dal 1940 a Parigi, partecipò alla resistenza. Nel dopoguerra fu caporedattore del giornale “Combat”. Nel 1957 ebbe il nobel per la letteratura (con questa motivazione: “per la sua importante produzione letteraria, che con chiarezza e onestà illuminai problemi della coscienza umana nei nostri tempi”). Morì in un incidente automobilistico, a Villeblevin. Fra i titoli più celebri di Camus , oltre ai già citati “Lo straniero” e “La peste”, possiamo citare “Caligola”, “Il rovescio e il diritto”, “La caduta”, “L’uomo in rivolta”, “Il primo uomo”.