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A palpebre socchiuse – Debora Cappa

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EDIZIONE: Il Foglio – 2019

COLLANA: Poesia

PRIMA EDIZIONE: Il Foglio – 2019

PAGINE: 70

Fuoco che arde e si spegne come strali di candide e candide nuvole, un bisogno di partecipare ai segreti dell’esistenza, racchiuderne i sentimenti più puri, nell’attesa che il giorno finisca e le prime ombre percorrano le praterie dei sogni, oltre; viaggiare con le parole oltre le nuvole, più in là delle stelle e lì una volta arrivati, custodire gelosamente la fiamma, il desiderio. È una ricerca incessante dell’altro, il bisogno d’unione, d’amore, una necessità dell’anima di unirsi ad altre anime, una fusione tra corpo e mente, desiderio e sogno, senza egoismi, né supremazia. La poetica qui narrata, rappresenta l’apertura dell’essere verso il suo mondo interiore, un viaggio delle idee, dell’anima e della mente, un flusso continuo di versi che viaggiano tra passato e presente alla ricerca di un punto di congiunzione, un punto di equilibrio, un’oasi di pace per la nostra fragile anima. 

Ombre

Come su strali

di candide nuvole

appoggio invano

i miei pensieri

di dolci speranze imporporati,

in attese che si allungano

come ombre al tramonto

verso l’infinito.

Debora Cappa parla dell’incomunicabilità dell’uomo moderno, del dolore che attanaglia le nostre esistenze, ci descrive con le sue delicate composizioni il dramma dell’uomo contemporaneo, la solitudine: il male del secolo. Correre nel cielo, pattinare su nuvole, scivolare lievi, su scia d’onde è sfiorarsi, come se fossimo uccelli, canta la poetessa, come se fossimo onde dell’oceano, liberi, liberi di danzare in quel volo immaginario in concerto con la natura; i suoi versi così delicati svelano l’abbraccio simbolico con la Grande Madre, deturpata, offesa e ferita dai nostri ignobili comportamenti. E mentre continuiamo a spogliarci l’anima a vicenda, incapaci di comprendere cosa siamo e da dove veniamo, in questo breve ma meraviglioso viaggio, ecco che l’anima, quasi in preghiera, nel contatto con l’elemento divino, cerca affannosamente il conforto al suo dramma esistenziale. Sono bozzetti, intervalli di quiete, desideri di speranza, di rinascita, di sogni, sono versi che tentato di edulcorare il dolore inevitabile dell’uomo, una sofferenza muta, talvolta incontenibile e tuttavia funzionale all’ascesa verso una condizione migliore dell’essere: di dolci speranze imporporati, in attese che si allungano come ombre al tramonto verso l’infinito.

Spogliarci

Correre nel cielo,

pattinare su nuvole,

scivolare lievi

su scia d’onde

è sfiorarsi

con un pensiero silente

d’amore che lambisce

invano solitudini sottese.

Resta dolcissimo

sfregar di pelle

in superficie costante,

tra baci e abbracci platonici,

mentre continuiamo

a spogliarci l’anima

a vicenda.

Con un pensiero silente d’amore che lambisce invano solitudini sottese…  ecco che versi così toccanti, trasudanti di passione, vengono pensati e immaginati come se fossero onde, granelli d’aria salubre che vanno a fecondare di nuove idee il nostro pensiero. E così resta dolcissimo sfregar di pelle in superficie costante, tra baci e abbracci platonici, nell’estasi e nell’abbandono, nella ricerca dell’altro, buttata via la zavorra del corpo, il verseggiare della Cappa sembra assumere toni più realistici ma è solo un inganno, un monito neanche sotteso che irride all’idea del solo amore carnale, fisico e materiale come mezzo per soddisfare il desiderio. Certo, siamo fatti di carne e tuttavia tra i versi prevale la dimensione dell’amore ideale per il raggiungimento della tanto agognata perfezione dell’anima. Eppure siamo fatti di carne, di baci, di carezze ma: resta dolcissimo sfregar di pelle in superficie costante Debora Cappa viaggia tra i segreti della mente, osserva e narra dell’abbandonarsi al desiderio da una prospettiva diversa, con un pensiero silente d’amore che lambisce invano solitudini sottese. Superare le debolezze dell’animo umano, rinascere e cercare i remoti spazi della conoscenza. Siamo anime libere e bisognose d’amore, ci dice Debora Cappa, e come tali siamo liberi di percorrere i sentieri della mente, abbandonandoci talvolta tra i meandri inaccessibili del pensiero, e perfino, quando la ragione ci abbandona, rivolgerci alla follia intesa come l’allontanamento delle consuetudini, del quotidiano, nell’incessante ricerca dell’equilibrio tra sogno e realtà e così diventare uomini migliori… correre nel cielo, pattinare su nuvole, scivolare lievi su scia d’onde è sfiorarsi, nell’unico punto d’incontro: un canto dell’anima per voci sole.

Pollini

Per tracciare pensieri

colgo pollini emotivi da

un sussurro di vento che vaga,

un fil di capelli che sfiora la pelle,

un alito di silenzi che riecheggia infinito.

Scia che scintilla di luce di stelle,

sbrilluccicar d’iridescenze d’arcobaleno,

baluginio d’invisibili fili di seta,

intrecciati d’atmosfere ondose

su superfici d’indefinibili sensazioni

riflesse nel perpetuo scorrere.

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