Da Tripoli a Sarajevo: come l’Italia provocò la la prima guerra mondiale
Arnoldo Mondadori Edirtore S.p.A.
Storia
Pagg. 208
ISBN 9788804648307
Prezzo Euro 11,00
Come si arrivò alla Grande guerra
Le mie reminiscenze scolastiche di storia dicono che l’attentato del 28 giugno 2014 in cui restarono uccisi l’arciduca Francesco Ferdinando e la moglie Sofia fu la causa scatenante del primo grande conflitto mondiale, che coinvolse, senza una loro precisa volontà e per tutta una serie di circostanze Austria, Germania, Russia, Francia e Inghilterra. All’epoca in cui appresi queste nozioni restai perplesso e nel tempo, maturando, i dubbi da ipotetici divennero certezze, perché sarebbe un movente troppo semplicistico per spiegare le origini di un conflitto così sanguinoso. Del resto nella storia non accade nulla d’improvviso, ma un fatto è spesso conseguenza di avvenimenti accaduti addirittura anni prima. E’ molto più logico presupporre che lo scontro armato sia derivato da quella gran polveriera che erano i Balcani, da cui progressivamente era stato estromesso l’impero ottomano, ormai intrinsecamente debole e da tempo in continua decadenza, ma, per quanto fosse una pallida idea di quanto fu alcuni secoli prima, tuttavia costituiva ancora una potenza non disprezzabile, tanto da frenare i desideri di ampliamento degli stati balcanici. Solo la dimostrazione di una palese incapacità dei turchi di far fronte militarmente a un nemico avrebbe potuto dar fuoco alle polveri accumulate in Serbia, Bulgaria, Montenegro, Grecia, e fu proprio il nostro sbarco in Libia che accese questa miccia. Certo ci si chiede che interesse avesse l’Italia di creare una colonia in una zona che, tranne lungo la costa, era esclusivamente desertica, con nessuna risorsa (ancora si ignorava che nel sottosuolo ci fossero ingenti giacimenti di petrolio), una domanda per cui vi è una risposta ufficiale, vale a dire creare uno sbocco occupazionale per risolvere il cronico problema della disoccupazione italiana, ma la verità era un’altra. Giolitti, Presidente del Consiglio, per motivi interni, cioè per tacitare le opposizioni di destra e nel contempo per contrastare le giuste rivendicazioni sociali delle masse necessitava di una guerra, facile da vincere e non troppo onerosa. La Turchia, debole, cercò una soluzione adeguata, tipo un protettorato italiano, pur mantenendo almeno ufficialmente la titolarità su quel territorio. E’ ovvio che questo non andava bene per noi, perché necessitavamo di una guerra combattuta, ed e è così che ci imbarcammo nell’avventura di Libia, un conflitto che sarebbe dovuto durare al massimo un paio di mesi, ma che durò anni. Fu quando il governo italiano si accorse finalmente che per ottenere a pieno titolo la Tripolitania e la Cirenaica occorreva mettere l’impero ottomano con le spalle al muro, cioè mostrando i muscoli sotto le sue coste, che si riuscì a vincere la guerra, ma non la guerriglia. E fu allora che mostrati palesemente i propri limiti la Turchia si vide costretta a fronteggiare militarmente alleanze degli stati balcanici, sostenute dalla Russia. Ciò tuttavia non spiega perché le maggiori potenze diedero vita al primo grande conflitto mondiale e la risposta si trova in questo bellissimo saggio; Franco Cardini e Sergio Valzania infatti scrivono: “La guerra del ‘14 avrebbe potuto esswere evitata. Almeno alcuni paesi avrebbero potuto preferire la soluzione dei problemi interni attraverso un’adeguata politica sociale. Si preferì la strada dell’orgoglio nazionale, della demagogia irredentista, del revanscismo, ottimi mezzi, fra l’altro, per distogliere le masse dai loro veri problemi.”. Quindi se l’Italia diede il via, gli altri alla prima occasione utile ne seguirono l’esempio, pur di non venir incontro alle esigenze di giustizia ed equità reclamate a gran voce dai lavoratori, sensibili alle crescenti ideologie socialiste, un bell’esempio di strapotere capitalisco che con la guerra non vide solo l’opportunità di incrementare considerevolmente gli utili, ma anche di porre un freno alla spinta delle masse tese a ottenere migliori condizioni di vita.
Cardini e Valzania hanno realizzato un lavoro di notevole interesse, in cui le ipotesi, sulla base di adeguate documentazioni, poco a poco si rivelano esatte, fornendo un quadro che aiuta non poco a spiegare ciò che accadde prima della Grande guerra, con effetti anche negli anni successivi.
Quindi La scintilla merita senz’altro di essere letto.
Franco Cardini è professore ordinario di Storia medievale presso l’Università di Firenze, e come giornalista collabora alle pagine culturali di vari quotidiani. Professore Emerito dell’Istituto Italiano di Scienze Umane alla Scuola Normale Superiore di Pisa, da mezzo secolo si occupa di crociate, pellegrinaggi, rapporti tra Europa cristiana e Islam, anche trascorrendo lunghi periodi di studio e insegnamento all’estero. Ha fatto parte dei consigli d’amministrazione di Cinecittà e della Rai.
La sua produzione di saggi storici, sia specialistici che divulgativi, è copiosissima. Tra questi ricordiamo L’avventura di un povero crociato (Mondadori, 1998), Giovanna D’Arco (Mondadori, 1999), I Re Magi. Storia e leggende (Marsilio, 2000), Il Medioevo (Giunti Junior, 2001), Carlo Magno. Un padre della patria europea (Laterza, 2002), Europa e Islam. Storia di un malinteso (Laterza, 2002), Astrea e i Titani. Le lobbies americane alla conquista del mondo (Laterza, 2003), Il Barbarossa (Mondadori, 2006), Lawrence d’Arabia (Sellerio, 2006), La vera storia della Lega Lombarda (Mondadori, 2008), I templari (Giunti, 2011), Gerusalemme. Una storia (Il Mulino, 2012) Alle origini della cavalleria medievale (Il Mulino, 2014), L’appetito dell’Imperatore. Storie e sapori segreti della Storia (Mondadori, 2014), Il califfato e l’Europa. Dalle crociate all’ISIS: mille anni di paci e guerre, scambi, alleanze e massacri (UTET, 2015), Un uomo di nome Francesco. La proposta cristiana del frate di Assisi e la risposta rivoluzionaria del papa che viene dalla fine del mondo (Mondadori, 2015), Onore (Il Mulino, 2016), I Re Magi (Marsilio 2017), e La pace mancata (Mondadori 2018).
Firma inoltre molti libri di storia per i licei e numerose monografie sulla sua città natale, Firenze.
Sergio Valzania è storico e studioso della comunicazione, autore radiofonico e televisivo, dal 2002 al 2009 ha diretto i programmi radiofonici della Rai. Dal 2001 insegna all’Università di Genova e dal 2010 alla Luiss di Roma. Ha scritto su «La Nazione», «Avvenire», «la Repubblica», «il Giornale», «L’Indipendente», «Liberal».
Fra le sue opere di storia militare pubblicate con Mondadori ricordiamo: Jutland (2004), Austerlitz (2005), Le radici perdute dell’Europa (con Franco Cardini, 2006), Wallenstein (2007), I dieci errori di Napoleone (2012), U-Boot. Storie di uomini e sommergibili nella seconda guerra mondiale (2011), I dieci errori di Napoleone. Sconfitte, cadute e illusioni dell’uomo che voleva cambiare la storia (2012), La scintilla. Da Tripoli a Sarajevo: come l’Italia provocò la prima guerra mondiale (2014, scritto con Franco Cardini), Cento giorni da imperatore (2015) e La pace mancata (Mondadori 2018). Per Sellerio esce nel 2006 Sparta e Atene. Il racconto di una guerra, nel 2011 Napoleone e nel 2012 La bolla d’oro. Nel 2008 esce per Longanesi La via Lattea, scritto con Piergiorgio Odifreddi, mentre nel 2015 Il Mulino pubblica Andar per le cattedrali di Puglia.