Sappiamo che a metà degli anni sessanta, Timothy Leary e alcuni studenti, fecero degli esperimenti, all’università di Harvard, sugli effetti dell’Lsd e dei funghi allucinogeni. Si trattava di studi accademici e scientifici, si volevano analizzare le capacità e le possibilità di queste sostanze, in poche parole si trattava di viaggi controllati e chi assumeva la sostanza era sempre sotto stretta osservazione medica.
Ken Russel trasforma questi esperimenti. Si elimina l’acido e si passa ad una vasca di deprivazione sensoriale, gli effetti sono più o meno gli stessi. Allucinazioni, viaggi psichici, visioni. L’aspetto che subito colpisce e che fa riflettere è l’estrema serietà accademica attraverso la quale questi esperimenti vengono compiuti. Anche se si rimane in un terreno ludico (si “gioca” in un certo senso con la vasca per provarne le possibilità) ogni esperienza viene accuratamente registrata (su nastro magnetico) e catalogata. L’approccio scientifico su l’utilizzo di sostanze o nei confronti di esperienze che poi potrebbero negare le certezze che la scienza stessa ha acquisito nel corso dei secoli è quello che conta. Come l’esplorazione delle possibilità della mente. L’uomo che è riuscito a viaggiare nello spazio sembra inibito da paure ancestrali quando il viaggio debba essere fatto dentro se stesso. E in questo modo, nel corso dei secoli, in Occidente, le sostanze che permettevano questo tipo di esperienze sono state tutte accuratamente proibite e demonizzate, trasformate attraverso politiche che puntano sull’ignoranza e la disinformazione in mere “droghe” da sballo.
Eddie (William Hurt), un giovane scienziato, alcuni anni dopo questi esperimenti, compie un viaggio verso il Messico per assistere ad una cerimonia sciamanica e assumere il preparato che veniva fatto bere per accedere all’esperienza. Un miscuglio di funghi allucinogeni (si parla di amanita muscaria) e altre sostanze è il preparato che Eddie berrà e che lo proietterà in un viaggio indietro nel tempo fino alla scoperta del mistero delle origini.
Durante il viaggio, Ken Russel scatena la sua capacità visionaria, mischiando immagini sacre e bibliche con altre legate alla ritualità sciamanica. Danze, musica dissonante, canti e immense pietre a forma di fungo. Nel Sud America è questo quanto di più vicino possiamo avere alla religione, non si parla di Dio, ci sono spiriti o stati di alterazione che possono essere raggiunti realmente.
Dopo l’esperienza Eddie porterà un po’ di questo preparato nei suoi laboratori per studiarlo e cercare di sintetizzarlo. Il giovane scienziato ripeterà poi l’esperienza sotto controllo medico e dopo (non contento dei risultati e per ampliarne ancora di più l’effetto) nella vasca di deprivazione sensoriale
Questo è il punto in cui il film incomincia a vacillare.
Si passa verso un risultato degli esperimenti che rasenta il ridicolo (involontario, purtroppo) e che sarebbe scientificamente impossibile. Il dottore infatti, non regredisce solo mentalmente (o a livello percettivo e visivo) alle origine della nostra specie, ma lo fa anche ad un livello fisico. In parole povere si trasforma prima in una scimmia e poi, nel ripetere l’esperimento ancora una volta, in una forma di materia energetica di cui non si capisce bene la natura; tralasciando poi il finale in cui l’orrore che poteva nascere dallo spingersi verso territori inesplorati della nostra mente viene redento dall’amore e dalla “misticità” intrinseca nel contatto e nell’unione tra il corpo maschile e quello femminile.
Ken Russel perde il controllo del film quando vuole andare oltre, quando non si accontenta più di quello che le premesse di base (gli stati di coscienza alterati) gli potevano offrire. In questo modo, nel momento della trasformazione dell’uomo in una scimmia, il risultato, come dicevo, diventa comico, anche forse per l’eccessiva vecchiaia degli effetti speciali.
Il problema con i film che trattano i viaggi psichedelici, le alterazioni della coscienza o le allucinazioni, in realtà, è proprio quello legato all’immagine che vuole mostrare cosa accade in queste situazioni. Ho notato che sono molto rari i film che riescano ad esprimere veramente quello che si possa vedere e provare in un trip. Proprio perché film di questo tipo dovrebbero presupporre che chi mostri queste visioni abbia fatto almeno una volta un’esperienza di questo tipo. Uno degli esempi più riusciti rimane sicuramente The Trip di Roger Corman, dove le allucinazioni (espresse attraverso splendidi giochi di luce ed effetti ottici) e i tagli veloci del montaggio rimandano fedelmente ad una esperienza psichedelica.
Quello di Russel vuole essere un viaggio verso i primordi dell’essere umano, un modo per scoprire la nostra provenienza. Ma perché? In effetti un’apertura della mente e della coscienza potrebbe portare altri benefici o altre scoperte rispetto alla questione dell’Origine.
Potremmo ampliare il nostro ego, per esempio, solo per scoprire gli enormi poteri di cui disponiamo. Comunque sia rimpiango come non mai gli anni sessanta con tutti i loro paradossi e le loro controversie. Rimpiango ambienti accademici (ma saranno mai esistiti?) dove si teorizzava e si discuteva con uno spino nella mano sinistra e un bicchiere di vino in quella destra.