«La maggior parte degli europei presta scarsa attenzione ai dettagliati meccanismi interni della politica di Bruxelles, proprio a causa della natura sconcertante della sua goffa burocrazia»
(Danielle Ryan)
Lo scorso 16 luglio il Parlamento Europeo ha eletto la tedesca Ursula von der Leyen[1] quale prossima Presidente della Commissione Europea[2] e il 10 settembre lei ha ufficializzato i nomi e le deleghe dei membri della sua squadra[3].
Tra il 30 settembre e l’8 ottobre, quindi, si terranno le audizioni dei commissari designati presso il Parlamento: sarà un vero e proprio tour de force durante il quale le commissioni parlamentari testeranno gli uomini e le donne dell’esecutivo di Bruxelles prima del voto definitivo nella plenaria del 23 ottobre.
Nel mentre la Presidente avrà fornito al Parlamento spiegazioni relativamente ai portafogli e alle loro originali denominazioni che hanno da più parti sollevato critiche[4] e interrogativi.
Commissione Europea, custode dei trattati
Il sistema istituzionale dell’Unione Europea prevede una salutare separazione dei poteri che, pur tentando di trasporre l’illuministica tripartizione di Montesquieu[5] al sistema multilivello europeo, continua a manifestare un profondo gap democratico per il quale i caratteri intergovernativi e politici risultano preponderanti sul comunitarismo rafforzato disegnato dai fondatori e ben lontano dal protofederalismo o pseudounionismo cui si pensava avviato il cammino dopo l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht[6].
In particolare, seppur la vulgata associa spesso alla Commissione Europea l’etichetta di Esecutivo europeo, e ai Commissari quella di Ministri, così suggerendo un parallelo con gli organi costituzionali propri dei moderni stati di diritto, dobbiamo ricordare che ciò non corrisponde al vero. L’UE è un tertius genus tra stato (unitario o federale che sia) e organizzazione internazionale (classicamente intesa), e pure le sue istituzioni[7] hanno una natura differente e propria.
Per quanto riguarda le competenze, secondo l’art. 17.1 TUE la Commissione, da sempre conosciuta come la custode dei trattati, «promuove l’interesse generale dell’Unionee adotta le iniziative appropriate a tal fine. Vigila sull’applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei trattati. Vigila sull’applicazione del diritto dell’Unione sotto il controllo della Corte di giustizia dell’Unione europea. Dà esecuzione al bilancio e gestisce i programmi. Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dai trattati. Assicura la rappresentanza esterna dell’Unione, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dai trattati. Avvia il processo di programmazione annuale e pluriennale dell’Unione per giungere ad accordi interistituzionali». Chiaro è il ruolo di garanzia e tutela del superiore interesse europeo riconosciuto all’istituzione brussellese oltre all’importantissimo potere di iniziativa legislativa (ex comma 2).
Sono però i successivi commi a dettare quei lineamenti che ora fanno maggiormente discutere per il numero dei commissari e le modalità di scelta.
Secondo il disposto del comma 3, questi dovrebbero essere «scelti in base alla loro competenza generale e al loro impegno europeo e tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza», senza sollecitare né accettare «istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o organismo».
Uso volutamente il condizionale dal momento che purtroppo negli ultimi anni il profilo dei commissari europei si è spesso scostato dai ricordati caratteri.
Caso emblematico è fornito dalla decisione del Consiglio, ormai resa prassi, di modificare il numero dei commissari: a partire dal 1° novembre 2014, il comma 5 lo indica in «due terzi del numero degli Stati membri», «compreso il presidente e l’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza», ma per non urtare le velleità nazionali e salvaguardare gli equilibri intergovernativi si è stabilito unanimemente che ogni paese possa indicare il “proprio” commissario ampliando in questo modo il tavolo della Commissione e obbligando a inventare competenze credibili per ciascuno.
Contrariamente a quanto previsto dal TUE, dunque, è divenuta consuetudine la corrispondenza tra il numero dei componenti la Commissione e gli Stati membri e, collegato a ciò, si è imposto il principio per il quale i partner più importanti (per peso economico, popolazione, tradizione) possano o debbano esprimere commissari aventi deleghe nei settori maggiormente rilevanti per la governance, così relegando all’oblio la promozione del superiore interesse dell’Unione.
Commissione Europea, specchio dei poteri
In esecuzione di quanto sopra, la Commissione 2019-2024 sarà composta da 27 persone indicate dai 27 attuali Stati membri dell’UE in ambito di Consiglio come risultato di un lungo esercizio di equilibrismo politico-diplomatico.
Questi sono oggi i membri designati della Commissione, la loro origine nazionale e politica, e le denominazioni dei loro portafogli:
1. Presidente, Ursula von der Leyen (Germania, popolari);
2. Valdis Dombrovskis (Lettonia, popolari), Vicepresidente esecutivo, Un’economia al servizio delle persone (economia);
3. Frans Timmermans (Olanda, socialisti), Vicepresidente esecutivo, Green Deal europeo (clima);
4. Margrethe Vestager (Danimarca, liberali), Vicepresidente esecutivo, Un’Europa pronta per l’era digitale (concorrenza e società digitale);
5. Josep Borrell (Spagna, socialisti), Alto rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza e Vicepresidente, Un’Europa più forte nel mondo;
6. Vera Jourova (Repubblica Ceca, liberali), Vicepresidente, Valori e trasparenza;
7. Margaritis Schinas (Grecia, popolari), Vicepresidente, Proteggere il nostro stile di vita europeo (sicurezza e immigrazione);
8. Maros Sefcovic (Slovacchia, socialisti), Vicepresidente, Relazioni Interistituzionali e prospettive strategiche;
9. Dubravka Suica (Croazia, popolari), Vicepresidente, Democrazia e demografia;
10. Helena Dalli (Malta, socialisti), Uguaglianza e parità di genere;
11. Elisa Ferreira (Portogallo, socialisti), Coesione e riforme;
12. Mariya Gabriel (Bulgaria, popolari), Innovazione e gioventù;
13. Paolo Gentiloni (Italia, socialisti), Economia;
14. Sylvie Goulard (Francia, liberali), Mercato interno (mercato, industria e difesa);
15. Johannes Hahn (Austria, popolari), Bilancio e amministrazione;
16. Phil Hogan (Irlanda, popolari), Commercio;
17. Ylva Johansson (Svezia, socialisti), Affari interni;
18. Stella Kyriakides (Cipro, popolari), Salute;
19. Janez Lenarcic (Slovenia, liberali), Gestione delle crisi;
20. Rovana Plumb (Romania, socialisti), Trasporti;
21. Didier Reynders (Belgio, liberali), Giustizia;
22. Nicolas Schmit (Lussemburgo, socialisti), Lavoro;
23. Kadri Simson (Estonia, liberali), Energia;
24. Virginijus Sinkevicius (Lituania, indipendente), Ambiente e oceani;
25. László Trócsányi (Ungheria, popolari), Vicinato e allargamento;
26. Jutta Urpilainen (Finandia, socialisti), Partenariati internazionali;
27. Janusz Wojciechowski (Polonia, conservatori), Agricoltura.
Tra le critiche che sono state avanzate, ne condivido alcune.
Nonostante i membri della Commissione non debbano essere espressione degli Stati membri ma custodi del superiore interesse europeo, ogni Stato ha espresso il suo commissario: dunque, 27 membri invece dei 18 che ci si poteva attendere.
L’appartenenza culturale dei commissari ricalca in maniera precisa i pesi relativi delle famiglie politiche presenti nel Parlamento europeo uscito dalle ultime elezioni dello scorso maggio, in esecuzione di un novello Manuale Cencelli[8] in salsa europea: popolari, socialisti, liberali, conservatori.
L’attribuzione dei portafogli è avvenuta secondo il criterio di importanza, per cui ai paesi di maggior rilievo sono corrisposte le responsabilità più importanti a volte con la creazione di artificiali gerarchie interne attraverso le figure dei vicepresidenti esecutivi che dovrebbero sovraintendere aree omogenee.
Per definire gli ambiti di competenza si è dato sfogo alla creatività che in alcuni casi ha sconfinato in pericolose interpretazioni o in palesi sovrapposizioni per le quali si preannunciano azioni del Parlamento. Un esempio tra tutti, la delega alla “protezione del nostro stile di vita europeo” che si occuperà di politiche migratorie: scelta a dir poco infelice per la sottesa implicazione della necessità di proteggere l’Europa dagli immigrati e per il conflitto di competenze che si avrà con il commissario alla “trasparenza”, responsabile della promozione dei valori europei, peraltro difficilmente individuabili.
Ma attenzione perché leggendo bene le lettere d’incarico si scopre che la reale competenza per le questioni relative all’immigrazione sarà del commissario agli “affari interni” insieme a sicurezza interna, radicalizzazione e terrorismo, che dovrà sgomitare con l’alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, impegnato a creare le condizioni per una “Europa forte”.
Parrebbe che la confusione regnerà sovrana e ciò, oltre a indebolire la capacità di gestione efficace, efficiente ed effettiva della macchina unionista, offrirà nuovi argomenti ai movimenti antieuropeisti, nazionalisti e sovranisti, o semplicemente euroscettici, che ovunque conquistano spazi politici e consensi sociali.
Commissione Europea, prospettive e speranze
Se è vero che questa Commissione suscita molte perplessità, riconosco che altrettante sono le speranze e le prospettive di consolidamento della costruzione europea.
I commissari europei godono di poca o nessuna notorietà nel grande pubblico nonostante l’influenza diretta che il loro lavoro esercita nella vita quotidiana di tutti i cittadini ed è più frequente criticare genericamente Bruxelles, l’euroburocrazia o la fantomatica Troika piuttosto che approfondire le misure adottate dai singoli o le politiche promosse collegialmente.
Ecco allora alcuni germogli di ottimismo che si possono intravedere sin da ora.
Per la prima volta nella storia delle istituzioni europee, la guida della Commissione è affidata a una donna, Ursula von der Leyen, (così come avverrà per la Banca Centrale Europea[9]) e dei 27 membri ben 13 sono donne: un primato.
Già questo aspetto sarebbe sufficiente per marcare il prossimo mandato ma, per essere più pragmatici e meno idealisti, consideriamo attentamente le priorità indicate dalla Presidente nel suo discorso programmatico: lotta al cambio climatico, promozione dell’uso delle nuove tecnologie e difesa dello “stile di vita europeo” (pur con le polemiche suscitate di cui sopra).
Ciò permetterà di rafforzare il ruolo dell’UE sullo scenario globale per essere al livello delle altre potenze, Stati Uniti, Cina, Russia, e al contempo creare un contesto nuovo con Africa, Medio Oriente, America latina e Sud-est asiatico.
Ecco perché la Commissione risulta fondamentale quale paladina di un rinnovato multilateralismo che sia autentico luogo di cooperazione e sviluppo condivisi, contro il bilateralismo e le chiusure.
Al contempo sarà indispensabile capire come rilanciare l’Unione al suo interno, per farla apprezzare da cittadini e Stati membri in quanto vera e propria opportunità di casa comune migliore e sostenibile e non solo lontana e fredda sovrastruttura tecnico-amministrativa per il governo dell’economia.
L’augurio è quindi che il commissario alle “relazioni interistituzionali e la previsione” possa elaborare nuove strategie politiche senza interrogare la palla di cristallo e il suo collega responsabile di “un’economia che lavora per le persone” si occupi di persone in carne e ossa e non solo di banche.
[1] Cfr. la pagina ufficiale di presentazione della Presidente designata Ursula von der Leyen, https://ec.europa.eu/commission/interim_it.
[2] Cfr. il sito istituzionale della Commissione Europea, https://ec.europa.eu/info/index_it.
[3] Cfr. la pagina ufficiale di presentazione dei profili dei Commissari designati, https://ec.europa.eu/commission/interim/commissioners-designate_it.
[4] Tra tutti, cfr. Ryan D., Von der Leyen’s ridiculous EU commissionser roles are exactly why people hate Brussels bureaucracy, in https://www.rt.com/news/468527-eu-commission-way-of-life/.
[5] Cfr. qualsiasi edizione dei volumi Lo spirito delle leggi, di Charles-Louis de Secondat, meglio noto come Montesquieu (Ginevra, 1748).
[6] Per ogni riferimento normativo ai Trattati istitutivi, cfr. https://eur-lex.europa.eu/collection/eu-law/treaties/treaties-force.html.
[7] Cfr. art. 13 TUE.