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Intervista con Daniele Bogon

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“17 Encores” segue il precedente lavoro di Daniele Bogon (pubblicato esclusivamente in formato digitale e con il nome Alley), arricchendo le 10 tracce contenute in “17” con altri 5 brani.
Attraverso un panorama immaginario fatto di luci tenui e penombre, dove si alternano momenti sospesi di totale astrazione nell’Assoluto ad attimi più evocativi di ispirazione cinematografica, la colonna sonora intima e personalissima che si sviluppa nelle prime 10 tracce di quest’album accompagna l’ascoltatore nel suo viaggio interiore, diretto verso il centro del proprio universo privato e nascosto.
Gli ambienti sonori che si creano nascono dalla fusione di note di pianoforte, archi e sintetizzatori in equilibrio con elementi di field recording e lavoro in studio.
“Encores”, la seconda parte del disco, presenta cinque nuove tracce di matrice più elettronica e sperimentale, tra le quali sono presenti due reworks; il primo, “Batman is Bruce Wayne” si tratta della versione proposta nei live set audio/video del brano già contenuto in “17”; il secondo “Airport” invece vede la partecipazione di Push Against New Fakes che ha scomposto il brano ricostruendolo in una nuova forma del tutto originale.
Ex Nihilo / Piano song #177 / Insectx / Airport / Ambient #3 / Batman is Bruce Wayne / Ambient #4 / Wolverine / The Tide / Opono no piano / Osmosi / Méraville / Batman is Bruce Wayne (rework) / Airport (Push against New Fakes rework) / Reson
 
La front cover e il design di “17 Encores” e del singolo “Batman is Bruce Wayne” sono ideati e realizzati da Valeria Salvo.
 
Biografia:
Daniele Bogon nasce a Padova il 17 Dicembre 1982.
Intraprende gli studi musicali sin dall’infanzia studiando pianoforte, chitarra classica e infine basso elettrico.
Dopo aver maturato diverse esperienze con i musicisti della scena padovana, fonda nel 2010 la band post-rock The White Mega Giant, con cui registra 2 album in studio: “Antimacchina” (2012) e “TWMG” (2014) e cura l’aspetto visual della band occupandosi di teaser e video.
I tour che seguono la pubblicazione dei due dischi portano Daniele a suonare nei locali e festival di maggior rilievo della scena underground italiana con qualche partecipazione all’estero.
Sospeso il progetto The White Mega Giant nel 2016, Daniele intraprende il proprio percorso solista, dedicandosi alla scrittura di nuovi brani, composti utilizzando principalmente sintetizzatori e pianoforte, mantenendo la matrice strumentale delle proprie composizioni.
Nel 2018 esce “17”, primo album solista firmato sotto moniker Alley e pubblicato da New Model Label/Niafunken.
 
 
Intervista
 
Davide
Ciao Daniele. Quando e come nasce la tua passione per la musica, da quali stimoli particolari ed esperienze di ascolto?
 
Daniele
Ciao Davide. L’incontro con la musica è avvenuto quand’ero piccolo; mio padre spesso ci svegliava la mattina con vecchi LP o cassette di musica classica o leggera. Mi ricordo che ero incuriosito da quello che usciva dalle casse: per me era un linguaggio che sapeva mettersi in contatto con qualcosa radicato molto in profondità dentro di me, dicendo più di quello che si potesse ascoltare con le orecchie. Soprattutto alcuni brani di musica classica avevano questo effetto, non contenendo parti cantate. Poi crescendo la mia curiosità e il mio gusto personale mi hanno portato ad ampliare gli ascolti, includendo anche generi molto diversi tra loro; da ogni ascolto uscivo con qualcosa di nuovo.
Ad oggi, gli stimoli arrivano sia dagli ascolti di altri artisti che, in larga parte, dalle immagini; spesso quello che osservo mi restituisce un suono e così inizio a comporre a mente la musica per accompagnare quello che vedo (a tal proposito, guardare fuori dal finestrino mentre sono in volo è sempre un metodo molto efficace per scrivere qualcosa di nuovo).
 
Davide
“Encores” mi ha rimandato a “Encore”, il titolo del decimo album dei Tangerine Dream, uno dei gruppi ispiratori principali della musica elettronica. Un omaggio in qualche modo?
 
Daniele
In realtà no (non me ne vogliano i Tangerine Dream!). “Encores” nel mio caso è strettamente legato al concetto di “bis”, nascendo questo secondo lavoro come estensione del mio precedente disco “17”.
 
Davide
Qual è la tua personale idea di musica elettronica e ambient? Cosa vi ricerchi e in che modo, attraverso quali intenzioni e intuizioni (intuizione sia sensibile, sia intellettuale, come avrebbe detto Kant formalizzando l’intuizione come metodo esplorativo e conoscitivo)?
 
Daniele
Credo che la musica elettronica e ambient siano strettamente interconnesse con tutto ciò che esiste, su tutti i livelli, esseri umani compresi. Sono sonorità che spesso varcano il confine della materia, tuffandosi nell’enorme oceano dell’Esistenza e sono potenzialmente utili per rappresentare e farci fare esperienza di quel “Tutto” di cui facciamo parte.
Considero questi generi musicali come uno strumento di esplorazione, un po’ come una torcia in grado di illuminare parti di una mappa che raffigura dimensioni diverse da quella nella quale passiamo gran parte della nostra vita e chissà se alla fine del viaggio avremo scoperto tutto il territorio.
Personalmente la fase compositiva è per me quella più coinvolgente. Le informazioni arrivano attraverso una vera e propria connessione, un’apertura (ci sono diverse tecniche che permettono di fare questo) e attraverso l’elaborazione interiore vengono decodificate, tradotte in suoni, melodie, scenari etc.
Quello che ne consegue può essere l’esplorazione di ciò che è dentro di me (e a questo punto il suono diventa uno strumento terapeutico) oppure l’osservazione della dimensione nella quale il suono stesso mi ha trasportato e allora, di quel paesaggio, il suono ne diventa la colonna sonora.
Ad ogni modo una direzione non esclude l’altra, il confine è sempre molto labile e tutto può cambiare in un attimo…
 
Davide
Come nascono le 17 tracce di questo tuo lavoro, tracciando quale percorso ideale?
 
Daniele
Concettualmente il disco è diviso in due parti. Nella prima parte, le dieci tracce già presenti in “17”, si ispirano a immagini e paesaggi sia reali che immaginari: quelli reali derivano prevalentemente dai miei viaggi (che per me iniziano già dall’aeroporto), quelli immaginari invece da quanto ho già spiegato nel punto precedente.
Se Ex Nihilo è la creazione dal niente, quindi l’inizio di tutto, Opono No Piano rappresenta la perfetta chiusura, la risoluzione, il suono che ritorna nel silenzio.
La seconda parte invece racchiude due rework (uno ad opera di Push Against New Fakes), due tracce più sperimentali e “Osmosi”, brano scritto per l’installazione omonima che ha preso vita a Barcellona Pozzo di Gotto (ME) all’interno di “Discontinuo – an open studio” in collaborazione con i ragazzi del Collettivo Flock.
 
Davide
Un paio di titoli si riferiscono a due supereroi del fumetto, il mutante Wolverine e Batman. Perché?
 
Daniele
Più che al mondo del fumetto il mio sguardo è rivolto al cinema (ride). Mi è sempre piaciuta l’idea di scrivere colonne sonore; a volte quando entro nel mio studio mi vengono in mente alcune scene, spezzoni di film o di qualche serie che sto vedendo e provo a riscriverne la colonna sonora.
Anche per Batman il riferimento vuole essere cinematografico, oltre al fatto che il personaggio mi ha sempre affascinato fin da piccolo; così dark, con tutti quei gadget e neanche un vero super potere!
 
Davide
I supereroi trascorrono la maggior parte del loro tempo combattendo contro mostri, alieni, calamità naturali varie, supercriminali e altri mali… Tu, anche attraverso o per la musica, contro cosa combatti soprattutto?
 
Daniele
Ti direi principalmente contro me stesso. Ricollegandomi a quanto dicevo qualche punto sopra in merito all’esplorazione attraverso il suono, soprattutto quando è dentro me stesso, può non essere priva di scossoni e può portare alla luce cose che non accetto o con le quali sono in conflitto. Un lato di me tende a voler controllare sempre tutto, l’altro lato si affida completamente alla voglia di esplorare l’ignoto.
Attraverso la musica queste due forze possono essere risolte e creare un equilibrio o trovare gli elementi giusti per incendiarsi.
 
Davide
La copertina ritrae, così come la stampa sul cd, due immagini relative alla roccia e alla montagna (in un primo momento in copertina sembra di scorgere Il Castello dei pirenei di Magritte dove tutto è bloccato in una condizione di immobile irrealtà). Cosa volevi comunicare attraverso queste immagini, specialmente quella in copertina?
 
Daniele
L’idea della copertina e della grafica del CD nasce da Valeria Salvo (www.valeriasalvo.com); quando mi ha proposto l’immagine che aveva elaborato per la copertina, mi è sembrata fin da subito perfetta. L’immagine rappresenta un frammento di pietra lavica fotografata durante un viaggio in Islanda. Mi affascina pensare che gli elementi minerali contenuti in essa sono presenti anche nel nostro organismo, così come negli altri pianeti e nel cosmo. In qualche modo mi ricorda che tutto è collegato e questo è un concetto che sicuramente troverà ampio spazio nelle mie prossime produzioni.
 
Davide
“Opono No Piano” ha a che fare con il mantra Ho’oponopono, l’antica pratica hawaiana e oceanica di “armonizzazione” praticata per la risoluzione dei conflitti e per rilasciare gradualmente ogni memoria dolorosa, ripulendo la percezione dell’errore in pensieri, parole e azioni negative…?
 
Daniele
Si, il titolo è un gioco di parole e prende spunto anche da quello. Il brano è costituito principalmente da suoni che si incrociano, processati in reverse, fino a che tutto si risolve e poi scompare. Non a caso è l’ultimo brano della prima parte del disco.
 
Davide
Nell’ordito delle note e nella trama dei suoni elettronici, qual è il compito che affidi all’ormai intramontabile principe o re degli strumenti acustici, il pianoforte?
 
Daniele 
Pochi strumenti sanno toccare davvero l’anima, il pianoforte è uno di questi.
Questo strumento è stato la base di partenza per la scrittura di quasi tutti i brani. Su di me ha sempre avuto un effetto molto ipnotico, diciamo pure magnetico e mi porta ad avere un  approccio molto minimalista alla scrittura di un brano, ed è una cosa che mi piace molto.
Sicuramente come strumento ha un ruolo importante, anzi fondamentale ovvero quello di richiamare al “qui e ora” la coscienza di chi ascolta, intesa come facoltà di ognuno di noi di avvertire ciò che accade.
Quando si creano dei tappeti ambient, l’effetto spesso è di annebbiare i confini e indurre l’ascoltatore in uno stato (semi) meditativo; al piano affido la responsabilità di accendere la luce in un momento e in un punto ben definito, di prendere l’essenza della persona e farla muovere come fosse una fiamma che si muove con l’aria.
 
Davide
Cos’è per te il suono?
 
Daniele
Per me è un elemento come l’aria e l’acqua. È materia energetica, viva e vibrante, potente, di cui ancora c’è molto da esplorare.
Il suono è dentro di noi ed è presente là fuori e dobbiamo avere consapevolezza di questo, perché anche se il nostro udito non ci permette di poter cogliere tutte le frequenze, il suono agisce su di noi, investendo tutto il nostro corpo.
 
Davide
Ecco l’unica cosa che mi piacerebbe veramente di tenere in pugno, il suono dell’ombra, scrisse Alda Merini (da “!Il suono dell’Ombra”, poesie, prosa e aforismi). Qual è il suono che più vorresti tenere in pugno, afferrare, conoscere, anche di ciò che non ha suono, o non lo ha apparentemente?
 
Daniele
Contrariamente ad Alda Merini vorrei tenere in pugno il suono della luce, il suono che ha generato l’universo. Non saprei descriverlo ma posso chiaramente vederlo, magari provo a costruirlo e vediamo cosa salta fuori.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Daniele
Sto lavorando a nuove idee che mi piacerebbe pubblicare entro quest’anno e ci sono diversi progetti che stanno nascendo con altri artisti. In generale non voglio mettermi fretta; l’arte ha bisogno del giusto tempo perché le cose possano maturare nella loro forma migliore. Questo è un percorso che voglio godermi in tutte le sue sfaccettature e sono d’accordo con chi dice che il viaggio è più importante della destinazione.
 
Davide
Grazie e à suivre…
 

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