Arnoldo Mondadori Editore S.p.A.
Narrativa romanzo
Pagg. 132
ISBN 978-8804478225
Prezzo Euro 11,84
Un testamento umano e letterario
Fulvio Tomizza venne a mancare nel 1999 e le sue ultime due opere La visitatrice e Il sogno dalmata vennero pubblicate postume, rispettivamente nel 2000 e nel 2001. Entrambe, pertanto, costituisco l’ultima fatica letteraria dell’autore e sono quindi frutto della sua consapevolezza dei traguardi già raggiunti, allorché, avanti con gli anni, è quasi un destino narrare i propri ricordi. In particolare La visitatrice sembra maggiormente il romanzo con cui Tomizza si è interrogato sul suo passato, in cui mi pare spicchi quel naturale rimpianto per le occasioni sfumate, per le opportunità lasciate sfuggire, con la consapevolezza che quella stagione è ormai del tutto andata. Non si tratta di una vera e propria autobiografia, ma di tracce di memoria che vengono a comporre nel loro insieme una vicenda probabilmente di fantasia, ma con un fondo di verità. Il protagonista è un anziano commerciante, assai malato, ma della cui gravità la moglie e la figlia non sono del tutto coscienti; Emilio, così si chiama l’uomo, accompagna le due donne alla stazione ferroviaria da cui prenderanno il treno per Bologna per andare da dei parenti e per fare acquisti legati alle imminenti nozze della giovane. Una volta partite, l’uomo tornerà a casa con l’autobus, seguito da una donna che sembra voler fare la stessa strada, e che in effetti farà, accompagnandolo fin dentro al suo appartamento e rivelandogli di essere sua figlia. Lo sarà? Poco importa nell’economia del racconto, perché questa rivelazione è l’occasione per riscoprire i fantasmi della propria gioventù, è l’innesco per l’esplosiva rivelazione a se stesso che altro e più appagante era un certo amore, forse non piatto come quello derivante dall’attuale matrimonio. E’ tutto un mondo che riemerge dalle nebbie, una testimonianza di una vita un tempo veramente vissuta che solo nella mente di un uomo stanco e ammalato, prossimo alla sua fine, può dare un senso a un’intera esistenza.
La visitatrice è un romanzo malinconico, scritto con un tono distaccato che gli fa assumere un desiderio di imparzialità che commuove, ma che al tempo stesso finisce con il diventare il testamento umano e letterario di un grande scrittore.
Fulvio Tomizza (Giurizzani di Materada, Umago, 26 gennaio 1935 – Trieste, 21 maggio 1999). Figlio di piccoli proprietari agricoli, dediti anche a varie attività commerciali, ottenuta la maturità classica, si trasferì temporaneamente a Belgrado e a Lubiana, dove iniziò a lavorare occupandosi di teatro e di cinema.
Ma nel 1955, quando l’Istria passò sotto l’amministrazione jugoslava, Tomizza, benché legato visceralmente alla sua terra, si trasferì a Trieste, dove rimase fino alla morte, tranne che negli ultimi anni trascorsi nella natia Materada.
Scrittore di frontiera, riscosse ampi consensi di pubblico e di critica (al riguardo basti pensare ai numerosi premi vinti: nel 1965 Selezione Campiello per La quinta stagione, nel 1969 il Viareggio per L’albero dei sogni, nel 1974, nel 1986 e nel 1992 ancora Selezione Campiello rispettivamente per Dove tornare, per Gli sposi di via Rossetti e per I rapporti colpevoli, nel 1977 e nel 1979 lo Strega e quello del Governo Austriaco per la letteratura Europea per La miglior vita).
Ha pubblicato: Materada (1960), La ragazza di Petrovia (1963), La quinta stagione (1965), Il bosco di acacie (1966), L’albero dei sogni (1969), La torre capovolta (1971), La città di Miriam (1972), Dove tornare (1974), Trick, storia di un cane (1975), La miglior vita (1977), L’amicizia (1980), La finzione di Maria (1981), Il male viene dal Nord (1984), Ieri, un secolo fa (1985), Gli sposi di via Rossetti (1986), Quando Dio uscì di chiesa (1987), Poi venne Cernobyl (1989), L’ereditiera veneziana (1989), Fughe incrociate (1990), I rapporti colpevoli (1993), L’abate Roys e il fatto innominabile (1994), Alle spalle di Trieste (1995), Dal luogo del sequestro (1996), Franziska (1997), Nel chiaro della notte (1999).