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Alcuni chiarimenti sulla nuova Costituzione Cubana

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«Una rivoluzione che non arriva alle sue ultime conseguenze è perduta»
(Ernesto Guevara de la Serna)
 
Con il mio contributo[1] per la rubrica Diritto del numero di luglio di KultUnderground desideravo illustrare i contenuti della riforma della Costituzione Cubana recentemente approvata dall’Assemblea Nazionale.
Da più parti, però, ho ricevuto critiche circa l’incompletezza dell’analisi e l’atteggiamento apparentemente favorevole al processo in corso che, a detta di alcuni lettori, aveva omesso di presentare le reali e pesanti contraddizioni in materia di diritti civili e politici che tuttora segnano l’ordinamento costituzionale dell’isola caraibica.
Se da una parte ribadisco l’intento didascalico dell’articolo in questione che aveva ad oggetto solo quelle parti della carta costituzionale che sono state interessate da rilevanti modifiche, dall’altra posso assicurare la totale mancanza di partigianeria nei confronti del documento o dei suoi autori.
Orduque, essendo stata stimolata la mia onestà intellettuale, e per buona pace dei nostri lettori, presento ora una panoramica più estesa tendente a mettere in evidenza le contrarietà più macroscopiche che la riforma in atto non andrà a sanare.
 
Le ultime elezioni
Durante l’ultimo processo elettorale, a marzo scorso, si è prodotta a Cuba una situazione molto particolare: i pochi candidati dell’opposizione che hanno osato presentarsi, hanno condotto la loro campagna sventolando copie della legge elettorale del 1992.
Una legge emanata dai legislatori del partito unico e che sull’isola nessuno conosce.
I candidati dell’opposizione avevano l’intenzione di informare gli elettori che la norma stabilisce il carattere “libero e segreto” del voto. Allo stesso tempo, puntavano ad esporre le contraddizioni del regime, in particolar modo tra le forme e i contenuti.
I risultati elettorali hanno fugato i pochi dubbi che permanevano riguardo all’adempimento della legge da parte del governo: i 605 deputati eletti nell’assemblea sono stati tutti precedentemente scelti dal partito comunista. Gli elettori non hanno avuto alcun peso nonostante quanto previsto dalla legge elettorale.
Ora, nonostante l’avvio del processo di riforma costituzionale, questa situazione sembra ripetersi.
Nel mese di luglio, Raul Castro, nel suo triplice ruolo di deputato nazionale, segretario generale del partito comunista e presidente in ombra di Cuba, ha presentato all’Assemblea Nazionale un progetto di nuova Costituzione che è stato approvato all’unanimità. Il passo successivo prevede che si apra un confronto nelle assemblee popolari locali distribuite sul territorio.
 
Contraddizioni
Nelle democrazie competitive, i processi elettorali hanno la funzione di legittimare le decisioni che riguardano l’intera società. Nei regimi totalitari, viceversa, non ci sono processi dotati di legittimità perché una minoranza che controlla le risorse del potere impone le proprie decisioni.
L’Avana ha avviato ora un processo di riforma costituzionale sulla base di queste elezioni teleguidate.
Il governo del nuovo presidente, Díaz Canel, si sta sforzando di mostrare il volto democratico di questa fase di cambiamento: si attivano le assemblee di quartiere e si programma il prossimo referendum, ma è palese la direzione degli organi di partito di tutte le attività per assicurare il risultato prestabilito. Gli autentici progressi costituzionali saranno solo quelli consentiti dal governo e purtroppo permarranno le diffuse violazioni dei diritti civili e politici.
A detta di molti osservatori, il testo costituzionale presenta e continuerà a presentare molte evidenti contraddizioni
Possiamo cominciare dall’insanabile conflitto dei dispositivi dell’art. 1 e dell’art. 5: il primo che riconosce il diritto “al godimento della libertà politica, il secondo che consacra il Partito Comunista come l’unico partito politico della nazione, così annullando d’un sol colpo i diritti di partecipazione politica e democratica dei cittadini cubani.
A seguire, gli artt. 14 e 21, che impongono allo Stato di sostenere economicamente le organizzazioni politiche e di massa vincolate con il Partito Comunista confliggono apertamente con gli artt. 39, 40 e 43, che regolano il ruolo dello Stato quale garante dei diritti umani e stabiliscono l’uguaglianza di tutte le persone di fronte alla legge e senza discriminazioni.
L’art. 16, in tema di relazioni internazionali, proclama solennemente il diritto di autodeterminazione dei popoli al fine di scegliere il proprio sistema politico, economico e sociale. Diritto che rimane illusorio in vigenza del sopramenzionato articolo 5.
Ulteriori inciampi si possono rilevare con l’annullamento de facto dei diritti di libertà d’espressione e d’associazione fuori dal contesto istituzionale del partito unico.
 
Il partito unico, sempre
Da parte sua, il nuovo art. 10, insiste sul fatto che «la sovranità risiede irrevocabilmente nel popolo», un fatto che contraddice l’art. 5 di cui sopra in cui si afferma che «Il Partito Comunista di Cuba, unico marxiano e marxista-leninista, avanguardia organizzata della nazione cubana, è la forza dirigente superiore della società e dello Stato».
O ancora la natura inappellabile dell’art. 3, secondo il quale «il socialismo e il sistema politico e sociale rivoluzionario, stabilito da questa Costituzione, sono irrevocabili».
La contraddizione fondamentale del sistema cubano verte proprio su questo: dichiararsi regime popolare e non accettare libere elezioni.
Il continuo appello alla repressione del dissenso, alla criminalizzazione dell’opposizione e alla violenza istituzionale non consente di pensare neppure lontanamente ad una transizione dall’attuale regime totalitario a un eventuale regime autoritario più soft.
Lo scontro culturale tra una società in rapida evoluzione e un sistema rimasto ancorato alla metà del XX secolo rappresenta l’area di maggior turbolenza per gli eredi di Che Guevara.
In questi giorni, per esempio, la principale lotta degli editorialisti di Granma, l’organo di stampa ufficiale del partito comunista cubano, è focalizzata su presentare il genere musicale del reggaeton come l’ultimo strumento di espansione dell’imperialismo statunitense.
Dobbiamo riconoscere però che lentamente il blackout informativo imposto dal governo non è più efficiente come in passato e i cambiamenti globali iniziano a contagiare anche la società cubana rendendo obsoleta la proposta di riforma costituzionale ancor prima di entrare in vigore.
Riuscirà la classe politica a cogliere i segni dei tempi e intraprendere una intelligente transizione verso un nuovo sistema sostenibile? Gli osservatori internazionali sono pieni di aspettative ma prevale la sfiducia nella possibilità di un cambio nel breve periodo.
Cuba rimane icona e tomba dei miti rivoluzionari del secolo passato e i cubani ne sono loro malgrado vittime consapevoli.
 

[1] Cfr. Caocci, D. (2018, 31 luglio). Nuova Costituzione Cubana: addio comunismo e benvenuta iniziativa privata. In KultUnderground, n.276. Disponibile da http://www.kultunderground.org/art/18695 

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