La presenza del Maresciallo dei Reali Carabinieri Maccadò è una garanzia, nel senso che improntare la narrazione a una sia pur tenue venatura gialla fa sì che il romanzo possieda un fil rouge intorno al quale animare diversi personaggi, ma soprattutto il bonario investigatore. Nella storia di Le belle Cece non ci sono morti ammazzati, né rapine, bensì il furto di mutandine da donna. Già l’indumento può lasciar presagire uno sviluppo erotico, una vicenda di amorazzi carnali che non era rara in Piero Chiara, ma che invece latita nel quasi pudico Andrea Vitali, e se poi si inventa un personaggio come il sottocapo di manipolo Stelio Cerevelli, detto Dolcineo, un po’ effeminato e probabilmente omosessuale, e per non sbagliare gli si affianca un nero africano tale Buluc, tuttofare (forse anche quello…) del predetto Dolcineo, va da sé che quella sfumatura di giallo iniziale si colora di rosa. Gli ingredienti del pastone non sono finiti, perché ci sono anche le belle Cece, quelle del titolo, madre e figlia, due belle donne piuttosto vogliose, e se non bastasse c’è il marito della seconda, un ispettore di produzione del cotonificio, che è l’emblema della classica carogna, altezzoso, cattivo, e perfettamente cornuto, nonché il locale segretario del fascio, uomo che si crede d’azione e invece è un minchione. Carne al fuoco quindi ce n’è in abbondanza, ma quando è tanta si deve stare particolarmente attenti alla cottura, e il tal senso Vitali si impegna con encomiabile dedizione, non riuscendo tuttavia a evitare che qualcosa cuocia troppo e rischi di bruciare, nel senso che fino quasi al termine fila tutto liscio, ma poi si verifica l’intoppo, proprio quando Maccadò convoca in caserma tutti i protagonisti, un po’ come è abituato a fare Poirot. Quello è il momento della verità, è l’ora in cui deve essere fatta chiarezza, ma a dispetto dello scopo il Maresciallo s’improvvisa prestigiatore ed estrae dal cilindro la soluzione, non senza aver fatto un po’ di confusione. Posso dire che forse Vitali si è lasciato prendere la mano, ha dato troppa corda al suo investigatore e a un certo punto questi, libero dal vincolo del narratore, si è dovuto inventare una soluzione che, guarda caso, ha risvolti boccaceschi, un menage a trois, mamma, figlia e Buluc, ancor più tuttofare del solito. In ogni caso è il Vitali che ben conosciamo e, nonostante i limiti, quell’innesto rosa, con tanto di allusioni, è riuscito bene, ha dato tono e forza a un romanzo che si legge con piacere.
Dopo aver frequentato «il severissimo liceo Manzoni» di Lecco, Andrea Vitali si laurea in medicina all’Università Statale di Milano ed esercita la professione di medico di base nel suo paese natale. Scrittore molto prolifico, ha esordito nel 1990 con il romanzo breve Il procuratore, ispiratogli dai racconti di suo padre; nel 1996 ha vinto il Premio letterario Piero Chiara con L’ombra di Marinetti, ma il grande successo lo ha ottenuto nel 2003 con Una finestra vistalago (Premio Grinzane 2004). Nel 2006 ha vinto il Premio Bancarella con il romanzo La figlia del Podestà; nel 2009 il Premio Boccaccio e il Premio Hemingway. Tra i numerosi romanzi, ricordiamo: nel 2011 La leggenda del morto contento e Zia Antonia sapeva di menta. Nel 2012 Galeotto fu il collier e Regalo di nozze. L’anno successivo escono Le tre minestre, lungo racconto autobiografico edito da Mondadori-Electa e Di Ilide ce n’è una sola. Nel 2014 Quattro sberle benedette, Premiata ditta Sorelle Ficcadenti e Biglietto, signorina!; nel 2015 La ruga del cretino, scritto con Massimo Picozzi, Le belle Cece, La verità della suora storta, Quattro schiaffi benedetti, Un amore di zitella (tutti editi da Garzanti). Nel 2016 Nel mio paese è successo un fatto strano (Salani), Le mele di Kafka (Garzanti) e Viva più che mai (Garzanti). Da ricordare che con il romanzo Almeno il cappello (edito nel 2009 da Garzanti) Andrea vitali ha vinto il Premio Casanova, il Premio Isola di Arturo Elsa Morante, il Campiello sezione giuria dei letterati ed è stato finalista al Premio Strega. I suoi libri, pubblicati in Italia da Garzanti, sono stati tradotti in molti paesi, tra cui la Turchia, la Serbia e il Giappone.
Nasce a Mantova l’8 maggio 1947. Laureato in economia e commercio, dopo aver lavorato per lungo tempo presso un’azienda di credito ora è in pensione e vive con la moglie Svitlana a Borgo Virgilio (MN). Ha vinto con la poesia Senza tempo il premio Alois Braga edizione 2006 e con il racconto I silenzi sospesi il Concorso Les Nouvelles edizione 2006. Sue poesie e racconti sono pubblicati sulle riviste Carmina, Isola Nera, Prospektiva e Writers Magazine Italia, oltre a essere presenti in antologie collettive e in e-book. Ha pubblicato le sillogi poetiche Canti celtici (Il Foglio, 2007) e Il cerchio infinito (Il Foglio, 2008).
E’ il dominus del sito culturale Arteinsieme (www.arteinsieme.net)
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