KULT Underground

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Un articolo inutile

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Ovvero
Perché David Bowie non apprezzava David Sylvian?
Oggi scrivo un articolo inutile. Di articoli inutili se ne scrivono tanti, perché non uno anch’io? Lo scrivo però con la passione di quarantennale fan di David Bowie e trentennale seguace di David Sylvian. I due David hanno più di altri, insieme a Brian Eno e a Kate Bush, rappresentato per me il sommo della musica pop-rock del Novecento. La cima dell’Everest, insomma. Anzi, nel caso di Bowie di più: lui è il Chimborazo coi suoi 6.384,4 non metri, ma chilometri, se inizi a misurare le cose dal centro della terra, quindi da zone le più profonde. E profondo, fino a un qualche centro di me, è stato il segno lasciatomi da questi quattro artisti ma ancor più da quell’uno che ci ha lasciati increduli – perché già immortale in vita – il 10 gennaio 2016.
La domanda che spesso mi sono fatto è la seguente: se Bowie e Eno hanno collaborato creando pietre preziose e miliari quali Low, Heroes, Lodger e Outside, perché non c’è mai stata occasione in cui Bowie incontrasse anche Kate oppure Sylvian? O meglio: incontrarsi si sono anche incontrati, ma non è mai stato per una collaborazione. Eppure Bowie ha collezionato un bel po’ di tributi, contributi e duetti anche dei più stravaganti, come quello con Bing Crosby.
Alcune volte Bowie e Kate, come lei stessa dice, si sono personalmente incontrati. E Kate ha diverse volte omaggiato Bowie citandolo fra i suoi artisti più amati e rispettati a cui si è ispirata fin da giovanissima, uno dei suoi più grandi eroi. Entrambi, in tempi ovviamente diversi, ebbero per altro un comune maestro nel mimo Lindsay Kemp. Da parte di Bowie invece non si conoscono dichiarazioni in merito a Kate Bush. Non ci sono fotografie che li ritraggano anche una sola volta insieme, sebbene Bowie soprattutto sia stato fotografato ovunque, se non di continuo. Negli anni ’80 per me David e Kate rappresentavano la coppia ideale, bellissima, geniale, la più rispettata al mondo, praticamente divina. Non per niente qualche anno fa a Vancouver è stata messa in scena una pièce teatrale (“Kate Bowie”) di Maiko Bae Yamamoto e James Long in cui si immagina e rappresenta una collaborazione tra i due nell’anno ipotetico 1981, insieme reclusi in una dimora in qualche remoto angolo d’Inghilterra per la realizzazione di un loro disco. Già, chissà come sarebbe stato un loro disco?
 
 
Poi c’è David Sylvian. E qui c’è un mistero per gli ammiratori come me di entrambi. I due David, in un qualche punto delle loro storie, sembra non siano riusciti a simpatizzare. Intanto Sylvian, all’anagrafe David Alan Batt, agli inizi pensavo si fosse scelto il nome d’arte Sylvian prendendolo da una canzone di Bowie, quella “Drive In saturday” in cui Aladdin Sane canta: “Cursing at the Astronette / Who stands in steel / By his cabinet / He’s crashing out with Sylvian / The Bureau Supply / For ageing men” etc. (Imprecando contro l’Astronette / Che si trova, d’acciaio, vicino al suo armadietto / Lui si precipita fuori con Sylvian / L’Ufficio di Approvigionamento / Degli uomini che stanno invecchiando…) Questa canzone fu scritta da Bowie lungo la strada da Seattle a Phoenix dopo aver visto una serie di cupole con numerosi avvisi di pericolo di radiazioni. Bowie immaginò un mondo post-nucleare in cui i sopravissuti, avvelenati dalle radiazioni, dovevano reimparare a fare l’amore guardando vecchi film ai drive in. Astronettes, donne astronaute, era il nome di danzatori e danzatrici al concerto di Ziggy Stardust al Raimbow Theatre di Londra il 19 agosto 1972. “Sylvian” pare fosse il nome di un ballerino o di una ballerina delle Astronettes. Così si è scritto.
Invece no. David Sylvian disse di avere omaggiato Sylvain Sylvain, il chitarrista militante nella band simbolo del glam rock americano, i New York Dolls. In effetti qualche vaga affinità musicale, ma soprattutto di look, c’era tra i primi dischi dei Japan (Adolescent Sex e Obscure Alternatives) e i New York Dolls. Eppure non torna la differenza tra Sylvain e Sylvian… Di questa affermazione non ne fui mai convinto nemmeno da ragazzo, tant’è che certi brani dei Japan suonavano veramente troppo come la musica di Bowie. Anche i pochi omaggi dei Japan guardavano altrove, come per esempio ai Velvet Underground (con la cover di “All tomorrow’s parties”), grandi ispiratori di Bowie. E in seguito, con “Quiet Life”, nei Japan e in Sylvian ci fu veramente tanta scuola Bryan Ferry/Roxy Music, un altro dei gruppi/artisti di dichiarata ispirazione per Bowie. O quel guardare a Berlino (“Suburban Berlin”) proprio nel 1978. E poi c’era “The Tenant” (Obscure Alternatives, 1978), un brano che non sarebbe mai esistito senza “Low” e in particolare “Warszawa”. Bowie non ha mai amato i suoi cloni. Verso Gary Numan emise un verdetto impietoso. Ma poi Sylvian sperimentera e farà altro, conseguendo presto una propria cifra personalissima.
David Sylvian, dopo la morte di Bowie, ha riferito su Facebook di averlo certamente in grande rispetto, ma di non ritenersi un esperto della sua produzione, la quale non ha più ascoltato o seguito da decenni. Qualcuno poi gli domanda se ha mai conosciuto di persona Bowie e Sylvian risponde di averlo incontrato una volta soltanto: aveva diciott’anni e si trovava in un nightclub privato. Bowie era con Marc Bolan la sera delle riprese del Marc Bolan Show. Non dice altro, né se vi sia stata alcuna interazione. Era il 1977 e i Japan, attivi dal 1974, ancora non avevano inciso alcun disco.
Poi il film del 1983 “Merry Xmas Mr. Lawrence” (Furyo) di Nagisa Oshima porta i due molto vicini a un incontro, a una collaborazione che in effetti, indirettamente, potrebbe essere considerata tale. Nel film recitano Bowie e Sakamoto e la colonna sonora, di Sakamoto, include quella struggente e indimenticabile “Forbidden Colours” cantata dal co-autore David Sylvian… Sylvian però sembra non aver mai incontrato Bowie nel sul set né fuori, evidentemente collaborando con Sakamoto e basta. Bowie, che nel corso del suo Serious Moonlight Tour del 1983 fu intervistato da Sakamoto, fece un’apparizione sulla televisione giapponese che innervosì Ryūichi, al piano per suonare le note di “Forbidden Colours”. E appena Ryūichi Sakamoto inziò a suonare quel tema, Bowie, aggirandosi insofferente intorno al piano, disse “Again? I’m already tired of it…”  (Sakamoto e Bowie in un programma della TV giapponese https://www.youtube.com/watch?v=elhr4o80qds) D’altro canto si era in quel periodo anche diffuso il videoclip di Forbidden Colours in cui, a un David Sylvian mentre canta, si avvicendano sequenze dal film. Ebbene, in nessuna di queste sequenze si vede anche solo di striscio David Bowie, al punto che i protagonisti principali del film sembrano essere Sakamoto, Takeshi Kitano e Tom Conti. Guardatelo…   https://www.youtube.com/watch?v=jsG2M66-_xc) All’epoca Sakamoto era poco più di un ex membro della semisconosciuta nel mondo Yellow Magic Orchestra. La vera e unica star, anzi superstar del film era una soltanto: David Bowie. Perché non farlo apparire in quel video?
Poi venne Carlo Verdone, con il suo racconto dell’incontro del 1991 con Bowie e Imam avuto insieme a Margherita Buy nella casa di Versace a Milano, più volte raccontato in svariate occasioni. L’ultima, più dettagliata, nel libro omaggio di autori vari “Rebels – David Bowie in 6 ritratti d’autore”. Verdone racconta che in quel periodo era totalmente preso dalla musica di David Sylvian. Chiese a Bowie cosa ne pensasse rimasse piuttosto incazzato per la risposta che ne ebbe.
“David Sylvian… mmm…” e alzò il sopracciglio.
“Forse non le piace?”
Non rispose. A un metro da noi (continua il racconto di verdone) si trovava Reeves Gabrels, che chiese a Bowie chi fosse Sylvian. E lui: “Mah… Un cantante biondo, che ama truccarsi e vestirsi come una donna; stava in un gruppo curioso di nome Japan”.
“Ma non vi siete conosciuti ai tempi di Furyo. Sylvian scrisse con Sakamoto il tema principale del film, Forbidden Colours”, obiettai attonito.
Non rispose.
La conversazione tra Verdone e Bowie su Sylvian finiva qui.
 
Insomma, cosa mai sarà successo tra questi due grandissimi? E perché Bowie, solitamente molto generoso coi colleghi di cui avesse avuto stima, nel 1991 è stato così riduttivo nei confronti di un artista andato molto oltre gli esordi glam-rock, collaborando anche con Robert Fripp, il chitarrista dei King Crimson a cui tanto deve l’album Heroes, innovando e sperimentando anch’egli con dischi di assoluto valore e di indiscutibile originalità, divenendo lui stesso un importante riferimento per molti? Strano, davvero strano. Ma io credo che tutto sia iniziato e subito finito tra i due nel 1983, proprio con Furyo e con Forbidden Colours. Ma qualcuno potrebbe obiettare: e se Bowie per primo avesse chiesto di non usare le sue immagini in quel video? Mah… E perché mai? Di più non possiamo sapere. E Bowie, dal suo canto, ha taciuto da gentleman qual era, sempre attento a dosare il potere delle sue parole, non senza lanciare però – in quella conversazione con Verdone – una delle sue frecciate.
 
David Sylvian sulla morte di David Bowie
 

1 thought on “Un articolo inutile

  1. Die personaggi stranucci ed eccentrici,io almeno fino alla fine degli anni’80 consideravo Sylvian un semidio,su Bowie rispondo esattamente come fece Sylvian,non sono mai stato un suo grandissimo fan,seppur strarispettandolo e non conosco benissimo la sua biografia(un pò come quella del Gabriel solista post Genesis),quindi seppur avendoli conosciuti sia lui che Steve Jansen a Bari in un meraviglioso tour nel 1988,avevo 18 anji e di questa storia prima di leggere questo articolo non ne sapevo nulla Le spiace se approfitto per chiederle una consulenza tecnica? Ho l’album(su disco e con una copertina inedita comprato nel’92 da Hmv a Londra e già su cassetta era raro su vinile e con quella copertina quando me lo autografò perfino Sylvian rimase stupito dicendo che era raro e che con la sua firma varrà parecchio,questo nel 1991 a Roma)Alchemy an index of possibilities che Sylvian mi autografö,credo valga molto e vorrei venderlo,consigli? Le lascio la mia mail e la ringrazio anticipatamente per una risposta. Max

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