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Intervista con Game Zero

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­Si chiama Rise l’album di esordio dei Game Zero, band che suona un heavy metal sul solco dei gloriosi classici. La band nasce dall’incontro tra Mark Wright (voce e chitarra ritmica) e Alexincubus (chitarra solista, ex “Theatres Des Vampires”) ai quali in seguito si uniscono Dave J. alla batteria (“Utopia”, ex ”Dragonhammer”) e Domino al basso. Con la formazione al completo, i quattro registrano un demo. Quasi immediato l’incontro con Gianmarco Bellumori, titolare della Agoge Records, che decide di produrre la band.
 
 
Intervista
 
 
Davide
Ciao. Nomen omen… Perché dunque “Game Zero”?
 
Game Zero
Il nome GAME ZERO l’abbiamo scelto perché ci piaceva l’idea di accostare la band al concetto di “gioco”. Un gioco ovviamente che non rappresentasse solo il divertimento, ma anche passione e quella capacità di infrangere le regole necessarie ad arrivare alla vittoria. GAME ZERO, in qualche modo, significa proprio questo per noi. Avere la capacità di raggiungere un obiettivo con passione, divertimento ed entusiasmo ma anche con serietà e professionalità. D’altronde sappiamo benissimo quanto un gioco sia tanto più divertente quanto giocato seriamente… Inoltre, ma questa è più una curiosità che altro, GAME ZERO è anche il nome di un gioco d’azzardo, che è maggiormente conosciuto con il suo nome tedesco, “zero spiel”.
 
Davide
Chiedere come nasca una band è abbastanza banale; meno banale invece che nasca, perché a fare  un gruppo è una particolare sinergia di personalità, eventi, storie e situazioni. È come se nascesse una nuova vita, a cui bisogna insegnare tutto. Come nascono i Game Zero da questo punto di vista e come stanno crescendo?
 
Game Zero
Come tanti altri progetti, la chiave di tutto è l’incontro con persone che hanno lo stesso obiettivo in testa. La stessa determinazione e la stessa passione. Mi piace il paragone che fai con la nascita di una nuova vita, perché in effetti è proprio così: si deve imparare da zero a stare insieme, ad ascoltarsi, a creare insieme… e non è assolutamente banale, te lo assicuro. E, come con un bambino, i primi passi sono assolutamente determinanti per stabilire quante chances effettive può avere quel progetto per arrivare in fondo con successo e soddisfazione. In questo senso, noi siamo stati molto fortunati, se di fortuna si può parlare. Non abbiamo dovuto faticare a trovarci, è davvero successo tutto in modo armonioso e naturale. E tutti gli incontri successivi, è molto interessante constatarlo, hanno seguito questo iter così spontaneo. Oggi, cominciamo ad avere un po’ di chilometri (metaforicamente parlando) alle nostre spalle. Il nostro album è uscito da più di un anno ed abbiamo portato a compimento un tour europeo. Abbiamo quindi avuto modo di raccogliere molti riscontri, sia da addetti ai lavori sia da “semplici” fans. Abbiamo calcato palchi importanti e questo ci ha fatto crescere molto. Siamo tuttavia coscienti che il percorso è appena iniziato, e abbiamo una strada ancora molto lunga davanti a noi. Mi sento di aggiungere “per fortuna”…
 
Davide
Qual è la vostra personale idea di heavy metal, la cui storia ha raggiunto il traguardo dei 50 anni (dalla nascita dell’hard rock) e ha visto innumerevoli ramificazioni e innovazioni (ma anche “restaurazioni”)?
 
Game Zero
Quando penso all’Heavy Metal, sono sincero, più che essere attratto o incuriosito da tutte le metamorfosi che questo genere musicale ha avuto nel corso di tutti questi anni, mi soffermo ancora oggi sul tipo di emotività che mi accompagna quando ascolto questo genere musicale. Suoniamo questo tipo di musica per quello che ci fa provare sulla pelle, in fondo. Anche se poi dovrei aggiungere che il nostro è un heavy metal molto contaminato dall’hard rock, ma la sostanza del discorso non cambia. Non riesco, come detto, ad appassionarmi troppo alle numerose ramificazioni che questo genere musicale ha avuto e, personalmente, ho proprio una certa antipatia verso le definizioni in generale. Le trovo sempre molto limitanti.
 
Davide
Se è vero quel che scrisse Montaigne, che la parola è per metà di colui che parla, per metà di colui che l’ascolta, di cosa parlano i vostri testi e che effetto desiderate che abbiano su chi li ascolta?
 
Game Zero
I testi dei nostri pezzi, sono tutti tratti da vita vissuta e da sentimenti provati realmente. Personalmente sarei molto in difficoltà a scrivere qualcosa di credibile su un argomento che non sento profondamente mio. Forse l’unico pezzo ad essere, in qualche modo, un po’ diverso sotto questo aspetto è “The City With No Ends”, perché è stato scritto appositamente per un film. In questo caso ho cercato di scrivere un testo che parlasse della vita vista attraverso gli occhi di un ragazzo, di un adolescente. Anche se poi, tutti noi siamo stati adolescenti, quindi anche in questo caso ho parlato sostanzialmente di emozioni provate in prima persona, per quanto ormai un po’ di tempo fa… Per quello che riguarda l’ascoltatore, ovvero l’altro 50% di cui parlava Montaigne, mi piacerebbe che ritrovasse nei nostri testi emozioni e pensieri suoi, che si possano definire. In fondo credo che, a prescindere da cosa si voglia esprimere nel momento della creazione di un’opera d’arte, tutti coloro che la osservano o, nel notro caso, la ascoltano, trasformano quell’opera in qualcosa che appartiene a loro. È questo l’aspetto straordinario e magico dell’arte, in qualunque sua forma.
 
Davide
L’unica buona musica è quando dei buoni musicisti suonano l’uno per l’altro, disse Jack Bruce dei  Cream. Cos’è per voi “buona musica”?
 
Game Zero
Questa è davvero una domanda difficile. Personalmente sono tentato di rispondere che, semplicemente, non esiste buona musica o cattiva musica. In fondo, se un brano musicale piace anche solo ad una singola persona su questa terra, vorrà dire che per costui quel pezzo è buona musica. Se penso a quella che io, personalmente, stabilisco essere buona musica, non posso fare a meno di pensare alle emozioni che questa mi fa provare. Prima ancora dell’esecuzione tecnica o della bravura dello strumentista o del cantante, personalmente ritengo l’emozione che una musica genera l’assoluta protagonista del mio gradimento.
 
Davide
Angus Young diceva che sul palco sentiva il selvaggio che era in lui tornare in libertà. Cosa provate quando siete in scena e suonate dal vivo? Cosa succede tra voi e tra voi e il pubblico?
 
Game Zero
Citi uno dei miei chitarristi preferiti di sempre anche se credo di non essere così originale in questo senso. Angus Young è nei cuori di moltissimi musicisti. Il rapporto con il palco è assolutamente straordinario. Faccio veramente fatica ad accostarlo a qualche altro tipo di emozione. Sono tendenzialmente d’accordo con Angus Young, anche se bisogna ammettere che esiste un livello di disciplina che, a mio avviso, si deve sempre mantenere, a prescindere da quanto il cuore ci dica di scalmanarci sul palco. È una forma di rispetto verso chi ci ascolta, cercare di eseguire i pezzi nel miglior modo possibile e, per raggiungere questo risultato, la disciplina è un elemento assolutamente importante. Il rapporto con il pubblico è proprio quell’aspetto invece assolutamente selvaggio e che vive di emozioni viscerali. È incredibilmente appagante e inebriante…
 
Davide
Qual è il brano che metterebbe tutti e quattro d’accordo, qualora vi venisse richiesto di scegliere voi il più rappresentativo dell’heavy metal tutto, tale da essere mandato nello spazio in un nuovo “Voyager Golden Record” o in un’arca del tempo come quella che sta per partire (Keo)? O quali quelli su cui discutereste a lungo?
 
Game Zero
Questa è un’altra domanda “da 100 milioni di dollari”. Per cercare una risposta più credibile possibile, mi affiderò a dei grandi classici. Probabilmente sceglierei uno tra “Paranoid” dei Black Sabbath e “Master of Puppets” dei Metallica. C’è ovviamente l’imbarazzo della scelta, ma in questi due pezzi e contenuta sicuramente tutta l’essenza del metal nella sua incredibile energia, ma anche nella sua ricerca della melodia, che affonda le radici nella musica classica. Probabilmente discuteremmo a lungo su questa scelta con gli altri ragazzi, anche se credo che questi due brani che ho citato metterebbero d’accordo un po’ tutti. So di andare sul sicuro quando parlo di Black Sabbath e Metallica. Piacciono un po’ tutti…
 
Davide
Cosa succederà ora?
 
Game Zero
Ora succederanno tante cose entusiasmanti. Prima di tutto il 3 maggio esce al cinema “East End”, film di animazione all’interno del quale si può trovare il brano che ho citato in precedenza, “The City With No Ends”. Inoltre, personalmente, insieme ad Alessandro Cagnizzi e Georges Pascal Marchese, ho curato la colonna sonora dell’intero film. Questo è senz’altro un passaggio veramente importante nel nostro percorso. Avere un brano del nostro album all’interno di un film, che tra l’altro secondo me è uno dei progetti più interessanti che si siano visti nel panorama italiano negli ultimi 10 anni, è davvero incredibile. Inoltre abbiamo appena iniziato a lavorare sulla stesura dei pezzi che comporranno il nostro secondo album. Sono davvero curioso di osservare che direzione prenderà. In ultimo, ovviamente, per quanto a velocità ridotta per le ragioni che ho appena spiegato, continueremo la nostra attività live. Abbiamo diversi appuntamenti già fissati sul suolo italiano e, dopo l’estate, probabilmente ci sarà qualche novità molto eccitante ed interessante riguardo eventuali live all’estero.
 
Davide
grazie e à suivre…
 
Game Zero
Grazie a te per questa intervista! È sempre un immenso onore avere questo tipo di attenzione e quindi rispondiamo molto volentieri. Soprattutto quando le domande sono interessanti e ricercate come quelle che ci hai posto tu.

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