Un 33 giri senza copertina. È un disco dimostrativo in una busta interna di carta su cui, da un lato, è stata incollata una pagina stampata con la sua immagine in smoking al centro, i titoli delle canzoni e due articoli presi da qualche giornale di non si sa quale città statunitense. Lui è Tony Simone, tenore (pronunciato in inglese, Tony Simon). Da bambino lo chiamavo zio, anche se zio non era, né mai lo conobbi di persona. Se ne era già volato verso Miami Beach. Mia zia Maria, sorella di mio padre, lo aveva aiutato, pagandogli le lezioni di canto. Dal momento che in casa valeva chiamarlo zio, credo siano stati insieme nel periodo in cui lei visse a Roma o vattelapesca. Ci aveva mandate alcune copie di questi dischi perché mia madre e mio padre a Torino gli trovassero qualche ingaggio discografico. Oggi li riascolto.
You and the night and the music, Beautiful love, Because, With a song in my heart, One night of love, I’ll be seeing you, What is this thing called love, Parlami d’amore Mariù, ‘O paese d’o sole, Mamma, Core n’grato, Non ti scordar di me, Canta pe’ me, Me ne voglio ì’ all’America. Romanze, show tunes e popular songs in sostanza, per pianoforte e violino e per pianoforte e mandolino. E Tony che canta, bene per altro. Il vinile non ha impresso che un numero TS 172 e qualcosa che ricorda l’abjad, l’alfabeto consonantico ebraico; il TS sicuramente sta per Tony Simone. Sull’etichetta non compare il nome di alcuna casa discografica. Chiaro dunque che si tratta di dischi dimostrativi stampati privatamente a proprie spese.
Avevo un altro dei suoi dischi, che stranamente ora non trovo. Un lato conteneva arie d’opera (Puccini, Leoncavallo, Cilea e, in questo caso, cavandosela non così memorabilmente), l’altro di popular songs in diverse lingue.
Il primo articolo lo presenta in cartellone al Palumbo’s dal 28 giugno al 6 luglio (chi sa di quale anno?) Lo annuncia come “International Singer” e dice che è stato paragonato a Enrico Caruso. Nativo di Bari, ha studiato canto lirico e musica a Roma con Fernando Calcatelli della Rome Opera Company (Teatro dell’Opera di Roma). Riferisce che è stato ascoltato da Beniamino Gigli, Tito Schipa, Laura Volpi (inesistente, pertanto credo volessero riferirsi al tenore Giacomo Lauri-Volpi) e Mario Del Monaco, i quali tutti hanno riconosciuto il suo potenziale e incoraggiato a continuare nella sua carriera di tenore. Sin dal 1962 ha cominciato a vincere numerosi premi partecipando a varii festival italiani, ma anche a Zurigo, a Londra e a New York. Si era inoltre esibito in Germania nelle città di Augsburg, Monaco e Moritzall (non so che città sia Moritzall… Forse volevano dire St. Moritz, che quindi sarebbe in Svizzera), e in un centinaio di concerti per l’Italia con la “Apulia Bari Symphonic” (?). L’articolo prosegue dicendo che negli Stati Uniti ha cantato in numerosi luoghi, inclusa la Carnegie Hall di New York, tre concerti ad Atlantic City, al Lyric Theater di Chicago, due dozzine di altri nell’area di Miami e Las Vegas. Ha cantato in spettacoli televisivi e radiofonici, film e palcoscenici. Il suo repertorio include canzoni in italiano, inglese, napoletano, spagnolo, yiddish ed ebraico.
Non sono riuscito a rintracciare l’esistenza di un Teatro Palumbo (poco probabile che un teatro portasse un nome del genere); perciò penso proprio si trattasse del ristorante cabaret Palumbo’s famoso per il suo nightclub dedicato a music hall e vaudeville, all’apice della fama tra gli anni ’40 e ’50, e di proprietà di Frank Palumbo, anche se fondato dal padre Antonio già nel 1884. Si trovava nei pressi dell’Italian Market a Philadelphia. Frank Palumbo (1911-1983) è ricordato anche per il suo mecenatismo e la sua filantropia, sebbene corressero voci riguardo a sue connessioni con la Mafia. Aveva comprato animali ai circhi per donarli allo zoo di Philadelphia, aiutato la città nella costruzione di eventi e parate, supportato politici, aiutato persone comuni e, a questo punto, anche Tony? I costi di registrazione e di stampa di questi microsolchi di presentazione di Tony Simone li aveva forse sostenuti lui? Mario Lanza, altro tenore in giro da quelle parti in quegli anni, aveva acclamato Frank Palumbo come un “unsung hero of the city”, un non cantato eroe della città. Palumbo possedeva altri luoghi importanti per la musica di Philadelphia: The 20th Century Club, Ciro’s e l’opulento Click Club nello stile Art Deco in Market St. Nei suoi luoghi suonarono Benny Goodman, Patti Page, Frank Sinatra, Sergio Franchi, Louis Prima, Jimmy Durante…
L’articolo dice ancora che Tony Simone si trovava per la prima volta nella “nostra” città; quindi potrebbe trattarsi proprio di Philadelphia, non citata finora. The City of Coral Gables (Coral Gables è un sobborgo di Miami) scrive: “Simone è il più grande tenore tra tutti”. The Las Vegas Review invece che, quando Tony canta, può essere paragonato solo a Mario Lanza; che una volta ci fu Enrico Caruso, poi Mario Lanza e adesso c’era lui, Tony Simone.
Un secondo trafiletto inizia annunciando che una nuova star era stata scoperta al Palumbo’s: Tony Simone riceveva la standing ovation.
Di lui non seppimo più nulla. Credo abbia continuato nel circuito dei nightclub, specialmente a Miami Beach dove abitava. Ma poi? Fu tutta una gonfiatura promozionale di Frank Palumbo e dei suoi possenti mezzi? Che fine ha fatto un cotanto cantante che venne paragonato addirittura a Enrico Caruso e a Mario Lanza? I dischi a casa nostra mi pare fossero arrivati da Miami nei primi anni ’70. Ovviamente i miei genitori, che non credo nemmeno fossero in grado più di tanto, non trovarono nessuno che a Torino fosse interessato a Tony Simone.
Sul web non c’è nulla che lo riguardi, a parte menzioni e articoli sul giornale della comunità ebraica della Florida, The Jewish Floridians, anni 1974, 1978, 1982 e 1985. Scorrendo quelle pagine archiviate, se ne parla in merito a svariate sue serate.
Negli States, spulciando nei servizi di ricerca e localizzazione dei defunti, c’è stata e c’è tuttora una lunga schiera di Anthony, Antonio e Tony Simone, cosicché è difficile anche capire quale sia lui e se sia nel frattempo defunto.
Questo primo articoletto dell’11 gennaio 1974 annunciava un suo concerto del 23 gennaio presso la Public Library di Miami Beach. Si dice che il giovane tenore Tony Simone era recentemente arrivato dall’Italia, dal che si potrebbe pensare che lui si sia recato negli Stati Uniti negli anni appena precedenti. Si dice che fosse stato allievo di Beniamino Gigli, che i proventi delle sue registrazioni erano stati destinati in beneficenza ai soldati di Israele (non si spiega in che modo), nel 1973, forse quelli coinvolti nella guerra d’Ottobre del Kippur. Parla anche di una ambita medaglia ricevuta dalle mani di Kurt Waldheim, l’allora Segretario generale delle Nazioni Unite, dopo una performance del 14 settembre (1973, si suppone) tenutasi (suppongo ancora) all’Ufficio dell’ONU di New York.
L’altro che segue è l’articolo del 26 febbraio 1982, inclusa una sua foto. Si sarebbe esibito al Men’s Club Temple Sholom di Pompano Beach e insieme a lui Ruth Ruffo, soprano della Greater Miami Opera, il pianista “accompanist” Warren Broom e i Continentals, Andreas e Alexandria dalla Grecia. Insomma, perfetto sconosciume. Questa ricorrente presenza ne “The Jewish Floridians”, unitamente ad alcune canzoni del suo repertorio in yiddish ed ebraico potrebbero significare una sua origine ebrea. Simone d’altronde è un cognome di origine ebraica nell’Italia meridionale.
Anche del maestro Fernando Calcatelli non c’è molta speranza di saperne. Dovrebbe essere vissuto tra il 1910 e il 1993, sempre che sia lo stesso a riposare nel Cimitero Flaminio in Roma. L’unica menzione del nome di Calcatelli l’ho trovata in una pagina dedicata alla soprano Martha Pender, in cui si dice che studiò canto con il maestro a Roma nel 1949. Debutterà nel 1954 con Beniamino Gigli nella “Cavalleria Rusticana” e continuerà la sua carriera di cantante lirica per 17 anni in giro per l’Europa. Veniva dalla natia Abilene, quella del famoso paradosso insegnato nei corsi di management (il paradosso di Abilene), nel Texas oppure l’omonima nel Kansas. Ma ovunque o con chiunque mi imbatto in nomi ormai dimenticati, sconosciuti per sempre.
L’interrogativo a questo punto è: come è possibile che di un tenore che avrebbe dovuto per bravura seguire le orme e le glorie di un Enrico Caruso o di un Mario Lanza, si sia persa ogni memoria? Che ne fu davvero della sua carriera? Gli articoli pubblicati in qualche giornale di Philadelphia vennero un tantino gonfiati ad arte dal potere di Frank Palumbo, benché sinceramente coinvolto e interessato ad aiutare e promuovere Tony nella sua carriera di grande tenore? Una storia finita dunque a conferma di un aforisma di Ambroise Bierce? Presente: quella parte dell’eternità (nulla, aggiungerei, nel senso del foscoliano nulla eterno) che separa il regno della delusione da quella della speranza?