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Intervista con Elias Nardi

14 min read
 
 
 
Dopo il successo di ‘The Tarot Album’, il mago dell’Oud torna con il suo terzo album, registrato in analogico con un gruppo di straordinari talenti. Un ponte tra jazz e Medioriente, ispirato ai cento anni dalla Grande Guerra
Flowers Of Fragility: le ‘migrazioni sonore’ dell’Elias Nardi Group
 
 
Elias Nardi Group
FLOWERS OF FRAGILITY
Visage Music/ distribuzione Materiali Sonori
9 brani – 46.20 min.
 
 
Elias Nardi Group:
Daniele Di Bonaventura – Bandoneon
Didier François – Viola d’Amore a Chiavi
Nazanin Piri-Niri – Flute
Carlo La Manna – Fretless Bass, Six String Bass
Elias Nardi – Oud
 
 
“La musica che mi sforzo di proporre è figlia di questi tempi, è contemporanea nelle tematiche e nelle sonorità, è una musica fatta di migrazioni sonore: sono convinto che timbriche, strumenti e aspetti teorici distanti che coabitano possano essere lo specchio di un società in cui gli scambi e i flussi di genti non siano interpretati come un problema, o peggio ancora come un pericolo, ma come un patrimonio fondamentale per la condivisione e la comprensione del mondo“. Instancabile alfiere del dialogo tra culture musicali, Elias Nardi torna a tre anni di distanza dal fortunato The Tarot AlbumFlowers Of Fragility è un felice manifesto di connessioni strumentali tra jazz e Medioriente, arricchito dall’estro di un gruppo di stelle, composto da Daniele Di Bonaventura, Didier François, Nazanin Piri-Niri e Carlo La Manna.
Dopo il successo di un disco che interpretava il jazz contemporaneo calato nella world music senza disdegnare influenze progressive, Elias Nardi rilancia la propria visione di “cantastorie strumentale”: se nel cd precedente erano protagonisti i Tarocchi, ora Nardi prende spunto dalle sue visite nei cimiteri di guerra delle Fiandre Occidentali, in occasione dei cento anni dalla Grande Guerra, e presenta un album riccocompatto, figlio di una grande immaginazione musicale. “Flowers of Fragility prosegue nella direzione di quella ricerca “contaminata” cominciata alcuni anni fa, con lo scopo di avvicinarci sempre più all’obiettivo di NON appartenere a un genere di facile catalogazione, ma di essere nel nostro piccolo un piccolo genere. E’ un lavoro dalla personalità forte, con uno sviluppo armonico più consistente, la ricerca della finezza classica e la sperimentazione, per la prima volta in un mio disco la totale assenza di percussioni, ampi spazi con strutture complesse e cambi di tempo, ma tutto il materiale scorre fluidamente nonostante l’eterogeneità dei pezzi”.
 
 
Bio
 
Nato a Pistoia nel 1979, Elias Nardi è un musicista aperto come pochi agli scambi culturali e artistici: allievo del virtuoso palestinese Adel Salameh, ha collaborato con Ares Tavolazzi, Riccardo TesiMax Manfredi e molti altri. Dopo Orange Tree (2010) e The Tarot Album (2012), in Flowers Of Fragility rilancia il dialogo tra jazz e musica tradizionale coinvolgendo nella scrittura i quattro colleghi, ognuno con le proprie peculiarità. Di Bonaventura, François, Piri e La Manna hanno storie e collaborazioni assai differenti: con Elias incarnano in pieno l’idea di “ponte tra culture” che è alla base della musica dell’autore toscano, e in particolare di questo album, arricchito da testi del poeta Luca Buonaguidi e del musicologo Paolo Scarnecchia. Studioso di musica araba e mediterranea, Nardi possiede un’inconfondibile tecnica all’oud, strumento dalle “enormi possibilità espressive anche in contesti diversi, le cui qualità timbriche metto al servizio di uno sviluppo musicale e di concetto che lo avvicini alla musica occidentale. Questo è quello che sto cercando di fare io: sono un musicista Europeo e seppur mi sia nutrito tantissimo di suoni e studi mediorientali, scrivo musica principalmente europea sfruttando uno strumento che però non è nato in Europa e non fa parte della sua imponente tradizione classica, pur essendo l’antico padre del nostro Liuto. Questo è il modo che ho scelto per far coesistere i due mondi”.
Flowers Of Fragility è stato inciso su nastro magnetico negli studi audiofili della Analogy Records; dopo l’esperienza con Zone Di Musica, Nardi entra in Visage Music, etichetta nota per i lavori di Riccardo Tesi, distribuita da Materiali Sonori. Disponibile in cd e in download su tutte le piattaforme digitali (ma anche in bobina – reel to teel master tape – sugli store Analogy), Flowers Of Fragility è stato presentato in anteprima dal vivo tra ItaliaGermania e Belgio, e il tour prosegue con nuovi concerti all’estero. I prossimi due live dell’Elias Nardi Group saranno proprio nelle Fiandre, nei luoghi dove si manifestò l’ispirazione per il disco.
 
Info:
 
Elias Nardi:
 
Materiali Sonori:
 
Ufficio stampa Synpress44:
 
 
Una precedente intervista
 
 
Intervista
 
Davide
Ciao Elias e ben tornato su Kult Underground. Esattamente tre anni fa ci siamo lasciati con “The Tarot Album” a nome dell’Elias Nardi Quartet. Oggi ti ritroviamo con l’Elias Nardi Group. Della precedente formazione è rimasto solo Carlo La Manna ai bassi, oltre che coautore. La strumentazione è quindi cambiata. Intanto vorremmo che ci presentassi i tuoi nuovi compagni di viaggio in “Flowers of Fragility”.
 
Elias
Ciao Davide e grazie per avermi invitato di nuovo per un’intervista. È un vero piacere.
Questo è il mio terzo album dopo OrangeTree del 2010 e appunto The Tarot Album uscito precisamente tre anni fa.
L’unico “superstite” di The Tarot Album è, come hai giustamente anticipato tu, il bassista Carlo La Manna, con il quale collaboro anche dal punto di vista compositivo in moltissimi brani e da molti anni. Per il resto la formazione vede il grande Daniele Di Bonaventura,  uno dei migliori suonatori di Bandoneon in circolazione a livello internazionale, il ritorno del virtuoso Didier François alla Viola d’amore a chiavi (o Nyckelharpa) con il quale avevamo già collaborato con successo in OrangeTree e Nazanin Piri-Niri al Flauto. Nazanin è un’eccellente pianista classica (e non solo) ma ha anche il dono di dilettarsi piuttosto egregiamente al flauto.
 
Davide
L’oud medio-orientale che incontra il bandoneon argentino che incontra l’Europa d’età barocca della viola d’amore… Com’è nata in questo progetto e come nasce più in generale la scelta di uno specifico insieme di strumenti per la tua musica?
 
Elias
Da sempre trovo importante poter concepire un album non solo dal punto di vista tematico ma anche e soprattutto a livello timbrico, cercando continuamente nuovi stimoli attraverso determinate combinazioni strumentali. Il suono è una componente fondamentale per me, sia nel mio personale studio di ricerca sul mio strumento che in qualità di compositore ed ideatore di progetti.  Diciamo che quando mi capita di farmi un’idea concreta del sound che voglio ottenere mano a mano che le composizioni prendono vita, questa idea per fortuna si concretizza poi piuttosto fedelmente a lavoro finito. Questa ricerca timbrica pone le fondamenta per la sperimentazione “pura” giocando con suono, melodia, ritmo e armonia e gli elementi si ispirano a vicenda. Suonavo già da qualche anno con Daniele al Bandoneon e con Carlo, e già avevamo impostato l’idea del quintetto. Quando è stata concreta la fattibilità di un lavoro discografico il tutto si è poi sviluppato e condensato nella scrittura.
 
Davide
Il tema centrale di questo lavoro è stato il centenario della Grande Guerra. Leggo dal comunicato stampa che in particolare ha preso spunto dalle tue visite nei cimiteri di guerra delle Fiandre Occidentali, dove si è combattuta una infinita guerra di trincea. Una regione, quella delle Fiandre, ricca di musei e di luoghi dove ricordarci di quella guerra, ma anche di ogni guerra, e del dovere che abbiamo nei confronti delle generazioni future. Quali suggestioni e quali pensieri ti hanno guidato dalla memoria della Grande Guerra a questi “Fiori di Fragilità”?
 
Elias
Allora introduco brevemente la genesi del lavoro e il perché ci sia un concetto legato alla Grande Guerra. L’input per le nuove idee compositive, che si sono poi sviluppate in ciò che oggi è diventato “Flowers of Fragility, c’è stato durante un tour in Belgio nell’autunno del 2014, in occasione delle ricorrenze per i Cento anni dalla Grande Guerra. Tra una data e l’altra del tour il nostro amico Pol Bonduelle, grande pittore fiammingo e autore della copertina di questo album così come dei miei due precedenti lavori, ci ha invitato a visitare alcuni dei numerosi e impressionanti cimiteri di Guerra presenti nelle Fiandre Occidentali, zona conosciuta per essere stata uno tra i più cruenti fronti di battaglia del primo conflitto mondiale. Questi luoghi, oggi pieni di pace e di quiete con prati curati e fragili fiori ad accompagnare migliaia di nomi e di lapidi, rappresentano una sorta di museo a cielo aperto per la nostra memoria. È stato veramente toccante vedere che tra quelle decine di migliaia di soldati di tutte le età, c’erano anche “bambini” di appena 13 anni, ragazzi provenienti da ogni angolo di Europa così come dagli altri continenti che hanno perduto per sempre la loro fanciullezza prima ancora delle loto vite. Diciamo che ci siamo trovati a porre la nostra attenzione su questo importante anniversario cercando di trarne ispirazione, anche se alla fine tutte le energie che fluiscono nella nostra musica vengono da molte direzioni.
 
Davide
Qual è stato il contributo di un musicologo come Paolo Scarnecchia?
 
Elias
Paolo Scarnecchia è un grandissimo musicologo e conoscitore del mondo musicale arabo classico e di tradizione.  È un caro amico e collaboriamo insieme da molti anni. Ad oggi, personalmente, mi sono un po’ allontanato dalla tradizione arabofona concentrandomi su una maggiore componente sperimentale che, seppur senza confini può chiaramente essere più  riconducibile  all’occidente e meno all’oriente, questo per la presenza di un certo sviluppo verticale della musica. Nonostante questo lavorando con strumenti della tradizione e del periodo antico è stato spontaneo chiedere a Paolo (che è molto aperto anche alle avanguardie) se si sentiva ispirato nello scrivere due righe per il disco. Paolo è persona sincera, quindi si è preso il tempo di ascoltare e capire se il lavoro poteva essere interessante al fine di ispirargli un testo di presentazione, senza dirmi automaticamente di sì solo per un rapporto di amicizia. Alla fine le sue parole sono un prezioso arricchimento del libretto e di tutto il disco, inoltre per me è un grande piacere ed onore ospitare un suo testo nel mio album.
 
Davide
I brani sono degli splendidi strumentali (l’unico testo presente nel disco è una poesia di Luca Buonaguidi nel booklet), ma hanno anche dei titoli che – considerata la particolare ambientazione storico-geografica, mettono curiosità. Ci sono storie in particolare che avete conosciute e messe in musica?
 
Elias
Solitamente dare i titoli ai brani è per me la parte più difficile e complessa di tutta la realizzazione di un album! Scherzi a parte (ma non troppo) in questo disco alcuni titoli sono strettamente collegati al concetto di cui sopra, come Flowers of Fragility e Le Coeur De Nina per la quale ci siamo lasciati ispirare dalla lettura di alcune missive di soldati dal fronte verso le proprie amate, o famiglie a casa. Per il resto la maggior parte degli altri titoli sono ispirati e riconducibili a quelle sensazioni e quegli stati di animo che ci ha trasmesso la visita ai cimiteri ispirandoci il tema centrale senza essere legati necessariamente ad una storia ben precisa. Ci sono infine anche brani come La Barca Ubriaca e Riflessioni che hanno un’altra “origine” e non sono direttamente o strettamente correlati al concept…
 
Davide
E perché il titolo di “Flowers of Fragility”. Tutti i fiori sono simbolo di fragilità, ma alcuni fiori sono più fragili di altri, come nella valenza di fragile incanto del rododendro o nel simbolo dell’effimero dell’anemone, per non parlare del soffione o dente di leone  (ritratto anche in copertina). Solo il fiore che lasci sulla pianta è tuo, scrisse Aldo Capitini nei suoi “Atti della presenza aperta”. Potremmo dire lo stesso o qualcosa di simile dell’uomo e dell’umanità, dell’assurdità del possedere e del togliere le vite d’altri?
 
Elias
Il titolo è nato proprio in Belgio a casa del nostro amico pittore, Pol. Stavo contemplando assieme a Nazanin i suoi numerosi quadri alla ricerca di una possibile copertina per un nuovo disco, di cui in realtà stavamo gettando i semi proprio in quei giorni passati nelle Fiandre. Dopo aver visto questo quadro meraviglioso ed evocativo, ed aver discusso con Pol sul concept che avrei voluto elaborare, lui ha esordito con questa frase “Flowers of Fragility” i cui significati sono infiniti, non solo in relazione al quadro che mostra nella parte alta i famosi soffioni (i fiori del tarassaco) appesi a dei fili come ad essiccare (ma saranno portati via dal vento?) e nella parte bassa dei fori che possono avere il duplice significato dello sradicamento del fiore stesso ma che ricordano anche dei fori di pallottola. Quest’immagine e questo titolo sono perfettamente riconducibili al filo conduttore dell’album, per i fiori che adornano con delicatezza gli immensi cimiteri di guerra per la fragilità dell’essere umano di fronte alla storia e alla sua stessa natura, dei giovani soldati che a quell’età avrebbero dovuto fare decisamente tutt’altro. Non conoscevo la frase di Capitini che è bellissima e trovo perfettamente calzante, ma non solo… pare proprio che l’uomo non voglia imparare a sradicare se stesso da quest’assurdità, fa parte della sua natura e credo lo sarà sempre, o nella migliore ipotesi che se ne possa voler liberare sarà questo un processo talmente lento che forse non riuscirà mai a metterlo in pratica.
 
Davide
Perché queste registrazioni sono state fatte su “nastro magnetico”? Si mantiene, nel passaggio al digitale di un compact-disc, la cattura del suono analogico poi pur sempre riportato a dati e numeri?
 
Elias
Parto col dire che mi considero senz’ombra di dubbio un tipo più analogico che digitale! Dopo aver pubblicato The Tarot Album anche in vinile, lavorare su nastro magnetico era chiaramente il passo successivo. Da tempo riflettevo sulla possibilità di registrare in analogico, poi per fortuna è arrivata la proposta di produzione da parte di Roberto “Robbo” Vigo con la sua etichetta Analogy Records, per il mercato audiofilo su Nastro Reel to Reel Master Tape. Robbo ha quindi prodotto il lavoro che è uscito per Analogy Records il 1 Luglio 2015 e successivamente è arrivata la distribuzione anche in digitale tramite Visage Music di Claudio Carboni e Materiali Sonori. Naturalmente per apprezzare tutta la bellezza e la poesia del suono analogico bisognerebbe essere muniti di un Revox o di un qualsiasi Stereo Tape Recorder per la lettura della bobina, ma posso confermarti che un po’ di quella pasta, di quella morbidezza e tridimensionalità di suono sono rimasti anche su CD, in attesa di una eventuale futura uscita su Vinile.
 
Davide
Multietnicità e integrazione, due parole chiave per capire il presente e costruire il futuro. La musica può essere sicuramente un potente strumento di educazione interculturale, se non quello per eccellenza. Cosa può fare la musica in questo senso dal tuo punto di vista, qual è il tuo pensiero e quale la tua esperienza al riguardo?
 
Elias
Assolutamente sì, la musica è un potentissimo strumento di educazione. Per citare Platone la musica è una legge morale, non è arte ma una categoria dello spirito umano. Nel nostro piccolo ci poniamo lo scopo ben preciso di creare un ponte sonoro ideale tra la culture, per di più senza farci grossi problemi nell’andare oltre quelle che sono le linee di confine tra i generi. Ad esempio Nazanin è nata in Iran ma cresciuta in Germania ed ha una formazione classica come Pianista e Flautista; Didier viene dal Belgio, e anche lui ha dei background sia nel mondo della classica che del jazz e della musica contemporanea; io ho affrontato per anni lo studio e l’interpretazione dei repertori tradizionali del Medioriente ma formandomi prima come musicista “europeo” con studi classici e jazz; Daniele, che è un musicista di fama internazionale e suona il Bandoneon, (strumento nato in Germania per accompagnare la musica ecclesiastica quasi come una sorta di sostituto “povero” dell’organo ecclesiastico, ma divenuto d’uso comune in Argentina con il tango e reso celebre a livello mondiale da Astor Piazzolla) ha pure lui studi di composizione classica alle spalle e sta sviluppando il suo successo nel mondo del Jazz e non solo; infine Carlo La Manna con il suo sound dal carattere unico è un musicista aperto ed uno sperimentatore del suono in assoluto. Come si vede partiamo fin già dalla base con una predisposizione alla contaminazione. Perciò così come credo che l’artista debba farsi influenzare da ciò che lo circonda, allo stesso modo ha il dovere di comunicare con l’esterno e farsi trovare pronto ad essere portatore sano di un “messaggio” o se non altro stimolare uno spunto di riflessione. Da sempre musicisti e compositori, ad ogni livello, si confrontano e cercano il dialogo con l’esterno. Pensiamo a come si è sviluppato il Rock intorno agli anni della rivoluzione culturale del 68, oppure come la musica tardoromantica e la moderna di inizio ‘900, fosse influenzata da quelle che erano le tensioni della società, quelle lacerazioni che hanno poi portato negli anni e nei decenni a due guerre mondiali di immense proporzioni, e che se vogliamo in un certo qual modo erano già presenti sotto forma di presagio in quella ricerca che era sonora ed umana allo stesso tempo. Ancora oggi se ci distacchiamo dal nostro consueto narcisismo eurocentrico, riusciamo a vedere che il mondo non sta per niente bene e le cronache quotidiane non mancano di fornire spunti che ce lo dimostrino. Tornando al mio piccolissimo percorso personale posso dire di sforzarmi nel produrre musica che sia figlia di questi tempi, contemporanea nelle tematiche e nelle sonorità, una musica fatta di migrazioni sonore, convinto che timbriche, strumenti e anche aspetti teorici distanti che coabitano possano essere lo specchio di un società in cui gli scambi e i flussi di genti non siano interpretati come un problema o peggio ancora come un pericolo ma siano bensì un patrimonio, fondamentale per la condivisione e la comprensione del mondo stesso.
 
Davide
Come sta andando la tournée in Europa? Com’è stato accolto “Flowers of Fragility” in particolare in Belgio e nelle Fiandre?
 
Elias
Il disco è stato presentato in anteprima e dopo la release in Germania, Svizzera, Olanda e Belgio e ovviamente in Italia. I diversi tour sono andati bene e il materiale dal vivo è stato accolto molto positivamente e con calore specialmente nel Nord Europa dove il pubblico è sempre molto attento alle proposte originali.
 
Davide
Ci sono altri progetti a cui stai/state lavorando?
 
Elias
Da musicista che vive di musica sono costretto a lavorare su mille fronti e progetti per mantenere una costanza di lavoro. Ho numerose collaborazioni come Sharg Uldusù 4tet con Max De Aloe, Ermanno Librasi e Francesco D’Auria, col quale abbiamo da poco pubblicato il disco “Dune” per Abeat; ho un Trio con Ares Tavolazzi al contrabbasso e il mio caro amico Emanuele Le Pera alle percussioni sul quale stiamo lavorando in questo periodo; con Emanuele collaboriamo anche assieme al trombettista Franco Baggiani ed ho un Duo assieme al chitarrista Claudio Farinone.
 
Davide
Grazie e à suivre…
 

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