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Intervista con Grazia Cinquetti

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Grazia Cinquetti, cantautrice nata a Parma nel 1991, compone testo e musica dei suoi brani, suona piano e chitarra. Le sue canzoni sono andate in onda su Radio National Argentina, Radio Emilia Romagna, Radio Demo Rai, Radio Blu Roma. Ha tenuto concerti in Italia e all’estero: Parigi, Rosario (Argentina), Montevideo (Uruguay). Ha studiato teatro presso il Dams di Roma. È iscritta al biennio superiore di canto jazz del conservatorio di Ferrara. A dicembre 2014 è uscito il suo primo album “Il tango di carta”, per Tiketà Music Paris. Nel 2013 si esibisce in varie occasioni a Parigi, dove vive per otto mesi. Nel 2012 partecipa alle Audizioni Live di Musicultura e vince il Premio Daolio. Nel 2011 la sua canzone “Diamanti grezzi” è parte della colonna sonora di un documentario per la regia di Marco Aleotti (Porta a Porta). Nel 2010 il brano “Terra Argentina” diviene la siglia di una trasmissione sull’immigrazione in onda tutte le settimane su Radio National Argentina.
“Il tango di carta” è il primo disco di Grazia Cinquetti. è una raccolta di dieci sue canzoni. Ad accompagnarla una band registrata in presa diretta. Grazia si presenta con la sua chitarra classica che suona in quasi tutti i pezzi e in alcuni altri si accompagna anche al pianoforte. Un album ricco di emozioni (come scrive Emanuele Chirco) che traspirano tanto della bellezza della musica quanto dei testi intimi e, a volte, autobiografici, in un connubio forte e vincente. Il disco è stato realizzato da Sandro Crippa (Azioni Musicali) che ne ha curato anche la produzione artistica e gli arrangiamenti insieme a Grazia Cinquetti (Tiketa Music 2015).
 

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Davide
Ciao Grazia. Un bel disco d’esordio, elegante e delicato. Molto bella anche la tua voce. Come ti sei avvicinata alla musica e com’è cominciato il tuo desiderio di scrivere canzoni?
 
Grazia
In un certo senso la musica mi ha sempre cercato. Lo so, può sembrare molto romantica come idea, ma è esattamente quello che è successo. In molti momenti ho provato ad abbandonarla, logorata dalla fatica, dallo sforzo psicologico e fisico che richiede essere una musicista o, peggio, una cantautrice nell’Italia di oggi, ma lei, la musica, mi ha sempre ripescato, mettendomi di fronte un lavoro inatteso, un concorso, una chance. Dopo questa premessa posso dire che il mio incontro con la musica è avvenuto da piccolina. Non ricordo un momento preciso. Sono l’ultima di quattro figli e gli altri sono molto più grandi di me. Sicuramente sono stati loro a darmi il primo input. In particolare mia sorella suonava la chitarra e lei per prima mi ha fatto mettere le mani sullo strumento. Avrò avuto sei o sette anni. In casa c’era sempre confusione e la musica, le canzoni, si mescolavano con le risate e i litigi. Ho sempre adorato cantare. Cantavo sempre, sempre. Mi piaceva ascoltare la mia voce che usciva quasi da sola. Era acerba, ma intonata e mi ha sempre fatto una grande compagnia. La musica è entrata nella mia vita in modo naturale, fluido. Faceva parte della nostra vita quotidiana, come mangiare o dormire. Tutto qui.
Il desiderio di scrivere canzoni invece è nato dopo, verso i quindici anni. Suonavo la chitarra e il pianoforte, che studiavo in conservatorio, e spesso invece di fare gli esercizi, mea culpa, attirata magari da un accordo particolare, lasciavo andare la mia vena creativa e componevo piccoli brani strumentali. Davvero la creatività è sempre stata più forte di tutto. E infatti il mio maestro di pianoforte si arrabbiava da morire… Poi un giorno a scuola, frequentavo anche il liceo classico, ci hanno chiesto di scrivere qualcosa sul mito di Orfeo e Euridice ed io, che facevo un po’ fatica a stare sui libri, ho pensato di scrivere una musica, questa volta con le parole. E’ nata così “Euridice”, la mia canzone numero uno. E’ piaciuta tantissimo e piace ancora quando la canto. E qui sta il punto. La risposta degli altri. Ci ho messo tanto tempo infatti per capire che quello che scrivevo valeva qualcosa. Dopo Euridice il cammino verso la consapevolezza è stato lungo, ma grazie all’incoraggiamento delle persone che apprezzavano le mie canzoni sono riuscita a comprendere che avevo davvero un dono e che dovevo farlo fruttare.
 
Davide
Come e quando nasce invece una tua canzone? Come ti senti prima, durante e dopo la scrittura?
 
Grazia
Recentemente mi è capitato di scrivere canzoni su commissione. E’ molto diverso da quando esprimi te stesso. Devi calarti nell’altro e cercare di cogliere il suo modo di sentire. E’ un allenamento creativo interessante. Normalmente, però, il quando e il come di una mia canzone sono misteriosi. Ci sono dei periodi in cui forse sono più sensibile e l’ispirazione mi coglie quasi all’improvviso. E’ un moto dell’anima, la reazione a qualcosa che mi colpisce, mi commuove e mi prende totalmente e allora cerco un foglio per scrivere o mi annoto le frasi sul cellulare.
In altri periodi invece sono io che vado alla ricerca di una canzone, perché ne ho bisogno. Spesso in questi casi mi siedo al piano o prendo la chitarra e parto dalle note e nasce un riff o una melodia. Non sempre questi “appunti” si trasformano in canzone, ma in genere, quando succede, il nucleo del brano viene fuori quasi da sé, anche testo e musica insieme. E’ quasi una magia, mi piace molto. E’ uno stato di grazia, non succede spesso, ma è straordinario. Poi chiaramente bisogna limare, aggiungere, anche saper perdere un’idea che ti sembrava sublime per fare in modo che la canzone trovi la giusta armonia tra musica e parole, melodia e armonia, ritmo e metrica e così via.
Prima di scrivere in genere sento una grande necessità di esternare qualcosa che mi pesa dentro, che sia commozione, angoscia, desiderio di urlare la mia felicità, la volontà di consolare qualcuno, di ricordare… A volte scrivere si è rivelato l’unico modo per superare certi stati d’animo. In questo senso è davvero terapeutico. Credo molto nel potere, se non curativo, di certo “alleviante” della creatività, in tutte le sue forme. Durante la scrittura attraverso varie fasi: la passione iniziale, la concentrazione, l’urgenza di finire che è quasi ansia e se non riesco a sciogliere un nodo, a trovare le parole giuste, l’accordo giusto a volte provo anche frustrazione. Scrivere è liberatorio ma anche sofferenza. E’ un dono di sé in cui però ci si deve in qualche modo annientare, se no uscirà la parte più banale del proprio sentire. Invece per far emergere l’ispirazione, la poesia, che è la porta verso un modo “altro” di sentire, devo farmi veicolo, strumento. E’ difficile, ma l’esperienza e la pratica aiutano. Dopo la scrittura in genere sono soddisfatta. A volte forse svuotata, ma felice. Se un brano non mi convince al cento per cento di sicuro non uscirà mai da casa mia.
 
Davide
Da sempre il tango è associato alla carne, ai sensi. Come anche ha detto Arturo Pérez-Reverte, lo scrittore spagnolo, il tango è la poesia dell’amore carnale. Perché dunque “tango di carta”?
 
Grazia
Perché non siamo fatti di una sola cosa, non siamo fatti solo di carne o solo di spirito. La vita è una continua ricerca di equilibrio tra anima e corpo, terreno e soprannaturale. Più piantiamo le radici in basso e più possiamo crescere verso l’alto. Il tango è una delle espressioni musicali più belle e radicate alla terra,  ma ho sentito il bisogno di mettergli le ali. Di metterle a me. Poi mi piaceva l’immagine di un tango di carta, qualcosa di indefinito, che non si può afferrare, ma che può esistere dentro di noi. Una carezza, un momento di sospensione nel duro cammino della vita quotidiana.
 
Davide
Cosa significa debuttare finalmente con un disco, quali obiettivi e progetti hai per quanto riguarda il tuo futuro artistico?
 
Grazia
Nel mio prossimo futuro, dopo il debutto con questo disco, vedo un altro disco. Lo sto già cercando dentro di me. Vorrei che fosse però un lavoro più compatto a livello creativo, in cui tutti i brani vadano in un’ unica direzione. Ora sono tra le dieci finaliste del premio Bianca d’Aponte e spero che questo bel regalo che è arrivato mi aiuti nella mia carriera. Sto lavorando anche alla trasposizione teatrale delle canzoni contenute ne Il tango di carta. Ci stiamo lavorando con un gruppo di amici artisti. E poi i miei studi jazzistici spero mi aprano nuove strade. Le parole d’ordine sono creatività, collaborazione, e anche promozione. In quest’ultima cosa non sono bravissima, ma col tempo sto imparando a fare anche quello.
 
Davide
Ci presenti i musicisti che ti accompagnano in questo disco?
 
Grazia
Con molto piacere. Sandro Crippa, pianista e compositore, mi ha aiutato negli arrangiamenti. Ha pensato lui di coinvolgere Vito Perrini, alla batteria, e Ettore Mazzoli, al basso. Gianni Sorvillo, percussionista, suona con me dal 2008 e non poteva mancare. Gianni è spesso il primo a cui faccio sentire un nuovo pezzo e i suoi consigli sono sempre  preziosissimi. Paolo Schianchi, chitarrista e amico da una vita e Claudio Marconi, cantante rap, hanno dato un grandissimo contributo per il brano Nel blu.
 
Davide
Gli arrangiamenti li hai curati insieme al maestro Sandro Crippa. Cos’ha significato per te lavorare con lui all’aggiunta o alla sottrazione di nuovo materiale musicale rispetto alle più semplici forme di partenza?
 
Grazia
Lavorare al mio primo disco con una persona come Sandro Crippa è stato un grande regalo. Oltre ad essere un musicista sensibile e talentuoso è anche una persona generosa e ricca, che sa ascoltare e fare proprie le idee degli altri. Abbiamo lavorato in sintonia perfetta. Volevo che questo mio primo disco fosse esattamente lo specchio di quello che sono musicalmente e avevo proprio bisogno di qualcuno che rispettasse questo mio desiderio. Si può dire che abbiamo fuso le nostre anime in questo lavoro. Sandro ha accolto, rispettato e migliorato le mie idee arrangiative, dando il suo contributo speciale in molti brani. Non mi sono quindi sentita appiccicare niente di superfluo addosso e nulla è stato stravolto a fini commerciali. Abbiamo semplicemente liberato la musica che era in noi.
 
Davide
Quali temi, emozioni o sentimenti hai cantato ne “Il tango di carta”?
 
Grazia
Troppi. Sicuramente il mio legame con la natura, in particolare con il mare, è presente in molti brani. Poi la ricerca d’identità e l’importanza della realizzazione di sé, l’amore, la sete d’infinito, la storia. La poesia.
 
Davide
Qual è la tua musica e quali sono i tuoi autori preferiti?
 
Grazia
Tutto il mondo del Brasile mi ha da sempre affascinata. Tra le cantanti che amo di più c’è sicuramente Elis Regina e autori come Tom Jobim e Ivan Lins. In Italia primo fra tutti nel mio cuore c’è Pino Daniele, poi De Andrè, Patrizia Laquidara, Elisa, tra le cantanti Antonella Ruggiero. Amo anche Simon & Garfunkel, Paul McCarney, Sting, Tuck & Patty.
 
Davide
Come una marea la musica sovente mi rapisce e inalbero la vela sotto nebbiosa volta O nell’azzurro verso la mia pallida stella. Petto in avanti, come vela gonfio, scavalco Dei gran flutti accavallati le creste, che la notte mi nasconde. In me sento vibrare affetti opposti come una vela che patisce. Il vento che l’asseconda e i convulsi strappi della tempesta sull’immenso abisso mi cullano. Altre volte poi, bonaccia. Charles Baudelaire, «La musica», da I fiori del male. Cosa sono per te la musica e il canto?
 
Grazia
Dopo le parole di Baudelaire è difficile rispondere… La musica è troppo grande, tende all’infinito. Il canto è il tentativo di oltrepassare una soglia. La musica cerca e in certi casi riesce a raccontare l’inesprimibile. Il canto esprime le nostre viscere, quello che serbiamo dentro e forse neanche noi ci accorgiamo di possedere. Cantare è essere dimentichi di sé per farsi canale, portatori di qualcosa che forse è dentro di noi, ma è più grande di noi. La musica ci comprende tutti. E’ anche più semplicemente una fedele amica, una confidente, una compagna di viaggio. La musica è il viaggio.
 
Davide
Suppongo te l’avranno già domandato banalmente in mille…  ma essendo un cognome piuttosto raro, che compare solo un centinaio di volte in Italia… Sì, insomma, nessuna parentela con la Gigliola?
 
Grazia
No nessuna parentela. Non saprei dire quante volte me lo abbiano chiesto in vita mia! Cinquetti è un cognome che bisogna sapere portare. Alcuni mi hanno anche consigliato di cambiarlo con un nome d’arte, ma i Cinquetti sono già troppo pochi così e a me piace essere chiamata col cognome di mio padre. Ragion per cui sono pronta a rispondere alla stessa fatidica domanda tutte le volte che sarà necessario.
 
Davide
La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro. Leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare. Così scrisse Schopenauer. Qual è il tuo sogno?
 
Grazia
Sono stata una vera sognatrice. Saltavo interi capitoli con l’immaginazione. Ora mi trovo in un periodo in cui mi piace tenere i piedi per terra. Sogno cose banali, ma che per molti giovani della mia generazione non lo sono. Potermi progettare un presente che mi consenta di sognare un futuro, per esempio. Si, è bello sognare che un giorno le mie canzoni possano essere ascoltate da molte più persone, che un poco di notorietà, anche tra gli addetti ai lavori, mi consenta di fare molti più concerti, di partire in tournée e di avere qualcosa di simile a uno stipendio, ma ho imparato che ciò che conta è il presente. In questo presente sogno di scrivere ancora, di non cedere alla tentazione di un lavoro “normale”, sogno di farmi una famiglia in cui poter essere artista e madre senza conflitto.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Grazia
Tra mille incertezze desidero pensare che ci sarà ancora musica e non solo nella mia vita. Desidero pensare che in questa Italia la cultura e l’arte ritroveranno il loro posto in prima fila, perché è lì che devono stare. Viviamo in un paese meraviglioso. Dobbiamo ripetercelo di continuo perché fanno di tutto per buttarci giù il morale. Cosa seguirà? Secondo me ne vedremo delle belle, perché l’arte non può svanire, è più forte di ogni crisi, anche di questa notte culturale. Io mi affido a lei.
 
Davide
Grazie e à suivre…

 

 

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