KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Intervista con Plato’s Cave

9 min read

 

I Plato’s Cave sono una band art-rock italiana nata nell’agosto del 2009 ad Alfano, in provincia di Salerno.
Il progetto musicale miscela, grazie alle diverse influenze dei vari componenti, differenti stili musicali.  Il risultato si traduce in un art rock dove i diversi stili dei musicisti trovano un bilanciamento estremamente personale.
Il nome del gruppo, che si rifà al mito della Caverna di Platone, racchiude il pensiero primario che dà origine al progetto.
Dedicano sin dall’inizio molto tempo alla ricerca di suoni che rispecchino la molteplicità della realtà. Dalle melodie curate, dagli arpeggi dolci, si viene scaraventati in suoni pungenti, grezzi, duri e viceversa. Suoni che trovano l’anello di congiunzione con la realtà nei testi ricercati, a tratti crudi a rappresentare il reale, e a tratti delicati a guarire dal reale.
Poco inclini alla notorietà facile, spesso vuota. Attratti dall’indipendenza della forza della musica.
Nel’novembre del  2011 iniziano a delinearsi i tratti essenziali che poi confluiranno in “Servo/Padrone”, il loro album d’esordio.
 
Cosa accade quando un cantante influenzato dagli urli di Kurt Cobain e dallo sperimentalismo di Demetrio Stratos incontra un batterista che fa del drumming di John Bonham il proprio verbo? Cosa ci si aspetta da un lavoro influenzato dalla psichedelia di Pink Floyd e Beatles passando per lo stoner e l’alternative nostrano di band come Verdena e Il Teatro Degli Orrori fino al progressive di band quali Gentle Giant e Banco Del Mutuo Soccorso?
 
«Lo stile e le influenze di “Servo/Padrone” non sono facilmente identificabili, sono una miscellanea dei vari ascolti dei vari componenti della band. Prendiamo principalmente spunto dalle tematiche dei Pink Floyd passando per i Led Zeppelin, Nirvana, Beatles, cercando di affacciarci con umiltà al progressive ed allo stoner»
Alessio Carbone (chitarre)
«Nello stile canoro non c’è nulla di ricercato: lo definirei un canto spontaneo mediato dalla razionalità. Tra urla primitive, che mi porto in dote da un ascolto emotivamente coinvolto dei Nirvana, e ricerca della profondità, si muove il mio cantare affascinato dalle sperimentazioni e dal superamento dei limiti, guardando con ammirazione l’esempio di Demetrio Stratos»
Alessandro Villano (voce)
«Le influenze sono molte, dalle classiche pietre miliari inglesi quali Beatles, Pink Floyd, Led Zeppelin fino al nostro prog rock italiano tipo Area, Banco Del Mutuo Soccorso, PFM, per poi sfociare al più vicino alternative rock italiano di band quali Verdena, Afterhours, Il Teatro Degli Orrori, ecc. Il mio stile si basa fondamentalmente su non più di due batteristi: Dave Grohl dei Nirvana e, quello più importante, John Bonham dei Led zeppelin, che ha fatto da padrone nelle linee di batteria»
Luigi Fimiani (batteria)
«Mi preme far risaltare il legame con la filosofia, quella di Friedrich Wilhelm Nietzsche, per quanto mi riguarda! Ma non manca l’introspezione, per la quale mi sono stati da guida grandi cantautori, soprattutto Fabrizio De André e Vinicio Capossela»
Alessandro Villano (voce)
«In un’epoca di citazionismo alfabetizzato, di democratico appiattimento conformista e conformismo-anti-conformista, l’amore per la filosofia e, allo stesso tempo, le confutazioni nei confronti di tradizioni filosofiche consolidate, ci ha salvato da una fine precoce»
Francesco Carbone (basso)
«Le tematiche trattate in “Servo/Padrone” abbracciano apparentemente mondi distanti, dando l’impressione che ogni brano sia, a suo modo, un micro-universo indipendente. La realtà, invece, la si coglie solo alla fine. È ad ascolto terminato che iniziano a delinearsi, sempre più vive, connessioni prima invisibili, legami solidi, che riuniscono l’apparente smembrato in un tutt’uno»
Francesco Detta (chitarre)
“Servo/Padrone” si impone quindi come un lavoro dalle svariate sfaccettature che abbraccia una miriade di linguaggi, sia musicali che letterari. Un album dedicato ad un pubblico vasto che sappia apprezzare le miscele di stili e la sperimentazione senza che ciò vada ad intaccare l’anima melodica dei brani.
«Musicalmente “ServoPadrone” potrebbe tranquillamente soddisfare un ampio raggio di ascoltatori (attenti e curiosi); personalmente penso sia un album che vorrei nella mia libreria musicale. Ora tocca a voi giudicare “Servo/Padrone”!»
Luigi Fimiani (batteria)
 
Intervista
 
Davide
Ciao Plato’s Cave. Il nome del gruppo si rifà dunque al mito della Caverna di Platone, per racchiudere il pensiero primario che dà origine al progetto. Quale pensiero e progetto primari e perché, appunto, il mito della Caverna di Platone? Cos’è la vera conoscenza in relazione a un progetto artistico musicale?
 
Plato’s Cave
Ciao!
Abbiamo scelto questo nome perché racchiude il principio primo del modo in cui operiamo. Il Mito della Caverna, che è molto probabilmente quello più conosciuto di Platone, rappresenta sia un modo iniziale di porci al progetto, ovvero con occhio critico su ciò che ci circonda ma ancor prima su noi stessi. Questo modo di fare ci ha poi sempre accompagnato, come un continuo monito che ci siamo sempre (naturalmente) preposto.
Le strade con Platone si dividono proprio nel momento in cui si giunge alla seconda domanda da Lei posta. Differentemente da Platone, proprio operando seguendo il Mito, siamo giunti ad una conclusione diversa. Vede, spesso si parla di vera conoscenza, quando all’uomo compete solo l’interpretazione del reale (Che nemmeno è poi così semplice!), l’uomo ha il compito ed il piacere solo di sentire l’infinito nel finito. “Restate fedeli alla terra!” esortava Nietzsche… Ecco, dovrebbe interessarci molto di più il percorso anziché la vetta. Far che ogni nostro singolo giorno sia un’opera (artistica/intellettuale).
 
Davide
Siete nati nel 2009 nella provincia di Salerno. In che modo è avvenuto il vostro incontro e cosa è successo nei cinque anni che precedono “Servo/Padrone”? Insomma, un po’ della vostra storia.
 
Plato’s Cave
Ale, Fra ed io (Francesco Carbone) rappresentiamo il nucleo originario del gruppo. Già ci conoscevamo e siccome avevamo tutti e tre un grande interesse per la musica decidemmo di metter su un gruppo. Tuttavia non avevamo ancora le idee ben chiare. Solo che dopo nemmeno due, tre mesi iniziammo a comporre roba nostra avvertendo quindi fin da subito una forte propensione alla composizione. La svolta la si ebbe quando giunsero Alessio e Luigi: era tutto ciò di cui avevamo bisogno ed effettivamente da lì iniziò un periodo davvero molto intenso e bello per noi, fatto di tanto suonare insieme, di tanto confronto (Siccome ascoltiamo spesso generi diversi ma tendiamo a passarci il materiale), di continua ricerca sonora (Sia stilistica che in merito all’effettistica) ma soprattutto è stato un periodo di forte coesione che ci ha portato a lavorare tutti uniti. Ognuno al proprio strumento ma tutti per tutti gli strumenti.
 
Davide
Perché “Servo/padrone”?
 
Plato’s Cave
Durante il percorso non c’eravamo pre-imposti nulla sia sul piano musicale che sul piano concettuale, abbiamo scritto ciò che sentivamo. A lavoro finito, abbiamo notato che gli argomenti trattati si muovevano soprattutto sul piano ontologico e su quello morale. Bisognava quindi collocarli. Trovammo pertanto l’anello di congiunzione nella figura del Servo/Padrone di Hegel (sul piano ontologico) e nella morale del servo e la morale del signore di Nietzsche.
 
Davide
I titoli racchiusi dentro uno specchio, scritti con la scrittura speculare, mi hanno ricordato, più che Leonardo e una delle più semplici forme di crittografia, da voi giocata con i titoli sulla opposta serigrafia del cd, il più o meno distorto rapporto che ci può essere fra l’ego e l’esteriorità. Quali riflessioni attraversano maggiormente la stesura di questi testi? Qual è il rapporto che ricercate tra testo e musica nei vostri lavori?
 
Plato’s Cave
Esatto!
Il perno centrale è l’uomo! Analizzato principalmente sul punto di vista morale e gnoseologico. I temi trattati si muovono dal particolare, come il rapporto Welby/chiesa ne “L’omicidio di un suicida”, il caso di Wilma Montesi in “Wilma”, il rogo di Giordano Bruno in una parte de “L’applauso”, al generale.
In un moto circolare non si può stabilire il principio e la fine e ciò avviene per il rapporto tra musica e testo nei nostri pezzi. Per noi sarebbe prima di tutto privo di senso creare testo e musica senza legami, ma soprattutto sarebbe inutile sotto il profilo artistico se ancora così si potrebbe chiamare in tal caso. Ogni suono, ogni accordo, ogni scelta ritmica vuole rafforzare il testo. La musica deve essere l’ampliamento, la protesi di ciò che alla parola manca! Il bello è tale quando vi è armonia, ma ancor meglio: il sublime scuote! Per la vetta ancora ce n’è di cammino, sentiamo però di dire che non si può parlare di progetto artistico se non si tende a scuotere o quantomeno a creare armonia, che ci si riesca o meno, è il percorso che conta, il percorsa giustificherà poi la vetta.
 
Plato’s Cave
Da Giordano Bruno a Nietzsche, mi avete in generale incuriosito dal punto di vista filosofico. Nel senso che non capita spesso che si menzionino dei filosofi facendo musica rock o musica più in generale. E in particolare mi interessano alcune questioni poste dalla filosofia musicale. Jacobus di Liegi scrisse il trattato di teoria musicale Speculum musicae (Specchio musicale), facendo riferimento ad Aristotele come al platonismo e altro. Jacobus difendeva la tradizionale Ars antiqua criticando l’ars nova (siamo nel ‘400), perché innovativa e profana. In che modo guardate indietro alla musica dei “mostri sacri” come Pink Floyd, Gentle Giant, Led Zeppelin etc. (e a modo loro, certo anche i Nirvana) e come invece all’innovazione del linguaggio musicale dal più generale al più personale? Come coniugate il prog, che guardava avanti, allo stoner rock che rievoca atmosfere tipiche della musica del passato?
 
Plato’s Cave
Infatti, ce ne siamo accorti e questo non ci dispiace!  Soprattutto perché ci allieta parlare pienamente del nostro progetto, abbracciandolo da entrambi i punti di vista.
Noi ascoltiamo tutto! C’è da apprendere, da ragionare in tutte le forme artistico-musicali. In tutte! (Sempre che esse siano tali!) 
Supponiamo invece, che ci sia una forma artistico-musicale detentrice dell’assolutezza, e che quindi, in quanto assoluta, eliminerebbe le altre. Cosa accadrebbe? La musica perderebbe la sua dinamicità!  Ma può la musica perdere la sua dinamicità? No! Perché dinamico è il percorso dell’uomo all’interno dell’esistenza e la musica, in quanto forma artistica, è una delle sue rappresentazioni che muta in base alle interpretazioni dinamiche (Sperando) verso un progresso della specie uomo. Perciò non esistono un prima ed un dopo netti, circoscritti in un determinato tempo in musica fissati per sempre. Questo vale anche per l’esistenza: c’è, sì, un prima ed un dopo nella storia, ma dietro, più nel profondo, c’è anche ciò che Emerson chiama la “Weltanschauung” tradotta come “Visione del mondo” che non è composta dal “tempo dei calendari”.
 
Davide
Quali apporti o stimoli ricercate e cercate di dare attraverso l’arte musicale? In che senso per voi la musica può farsi mezzo anche formativo?
 
Plato’s Cave
Il piacere sta nel creare qualcosa che tratti temi spesso duri, enfatizzati o addolciti (In base ai casi) dallo strumento suono.
 
Davide
Non è la materia che genera il pensiero, ma il pensiero che genera la materia. Questo pensiero di Giordano Bruno (filosofo da voi citato in conclusione del disco) sembra trovare riscontro sempre più nel pensiero dei fisici quantistici. Potreste dunque esprimerci il vostro pensiero comune più forte, il quale vorreste più di ogni altro si materializzasse?
 
Plato’s Cave
Parafrasando Nietzsche – “…che si tenda sempre ad andare al di là del ponte!”. Questo monito è fondamentale in questa nostra epoca costituita da una società quasi priva di individui autentici, dove l’individuo sta regredendo di nuovo verso il verme, la scimmia, la bestia.
 
Davide
Cosa seguirà?
 
Plato’s Cave
Per il momento l’etichetta si sta occupando della  promozione, quindi ci godiamo il “parto”. Ci godiamo il momento dedicandoci a nuove composizioni, ma con un approccio diverso e senza dargli peso… In maniera molto rilassata dato che siamo appena usciti dalla composizione di un album! Ci trastulliamo con sperimentazioni nuove in modo da aver basi consolidate quando decideremo che sarà giunto il tempo per poter ripartire a comporre seriamente.
 
Davide
Grazie e à suivre…

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti

8 min read
2 min read
2 min read