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Age of War

4 min read
gioco per 2-6 persone
Autore: Reiner Knizia
Editore: Giochi Uniti (www.giochiuniti.it)
 
La produzione ludica di Reiner Knizia è sempre stata improntata sull’astratto, ma negli ultimi anni questa tendenza si è rafforzata, e i suoi giochi si sono via via “ridotti” fino ad arrivare ad una semplicità essenziale: questo titolo ne è un esempio, anche se non è proprio una novità. Perché?
Quando era uscito “Il Segno degli Antichi” avevo apprezzato la sua meccanica di base, non sapendo che in realtà era stata presa direttamente da un altro titolo, ovvero “Risk Express” (edito dalla Hasbro, che riprende in forma minimale l’omonimo bestseller), scritto sempre da Knizia nel “lontano” 2006; autore che inizialmente non era stato nominato, ma che a partire dalla seconda ristampa viene citato nel regolamento come ispiratore del meccanismo principale. E da Risk Express siamo arrivati con un cambio di ambientazione (ovvero il sempreverde Giappone feudale) alla nuova edizione, questo Age of War (edito in inglese dalla Fantasy Flight Games).
La scatola è molto piccola (volendo potevano comprimerla ancora di più), e contiene:
– quattordici carte quadrate (i castelli),
– sette dadi a sei facce, con illustrazioni apposite,
– il regolamento.
I materiali sono buoni, anche se le carte sono un po’ sottili (è anche vero che non andranno maneggiate ma solo spostate), però sono quadrate e se volete imbustarle dovrete sudare un po’ a trovare il formato adatto; i dadi invece sono ottimi, con simboli intagliati e ben visibili. Il gioco è senza scritte, quindi in teoria è possibile acquistarlo in qualunque lingua, visto che c’è un’edizione italiana, dal costo non eccessivo, dovrebbe essere facile reperirla.
La preparazione della partita è praticamente immediata, si prendono le carte dei castelli e si piazzano a faccia in su sul tavolo; nota: su ogni carta sono riportati alcuni gruppi di simboli presenti sui dadi (chiamate “linee di combattimento), un valore in punti e un colore, che serve a raggruppare i castelli in “clan”.
Nel proprio turno un giocatore prende tutti i dadi, li lancia e sceglie un castello da attaccare, per farlo deve piazzare dadi su una linea di combattimento, in modo tale da soddisfare tutti i simboli presenti; dopodiché rilancia gli altri dadi e deve completare un’altra linea. Se con un lancio non riesce a farlo, scarta un dado e rilancia quelli rimasti, alla fine del turno se ha completato tutte le linee può prendere la carta del castello, altrimenti se rimane senza dadi deve rinunciare alla conquista, e in ogni caso passare il turno al giocatore successivo.
Nel proprio turno un giocatore può anche provare a conquistare un castello già preso da un altro giocatore, ma in questo caso dovrà affrontare un’ulteriore linea di combattimento. Se un giocatore riesce a conquistare tutti i castelli dello stesso clan, potrà girare le relative carte e ottenere alla fine della partita un punteggio superiore alla somma dei singoli, e questi castelli non potranno più essere conquistati dagli avversari.
La similitudine con “Il Segno degli Antichi” è evidente, e infatti anche i dadi sono uguali, presentando tre simboli differenti, e un quarto simbolo con valore uno, due o tre (fanterie nel nuovo, indizi nel precedente); risultano anche evidenti le similitudini col Risk, per cui ogni carta rappresenta una nazione, e un gruppo di carte è un intero continente. Ma il fatto che la meccanica sia stata utilizzata in un gioco più complesso è la testimonianza della sua flessibilità e della sua validità. Si può anche constatare l’assoluta mancanza di “effetti speciali” come rilanci o modifiche al risultato (che invece abbondano nel titolo horror), anche se su BoardGameGeek è possibile trovare un’espansione non ufficiale, che introduce carte che danno questi effetti.
Age of War è semplice da spiegare e da giocare, molto rapido (una partita dura al massimo un quarto d’ora), e scala bene da due fino a sei giocatori; essendo un gioco di dadi è naturalmente soggetto alla casualità, ma ci vuole un pizzico di calcolo delle probabilità per valutare le scelte a disposizione, soprattutto dopo il primo tiro (quando c’è da scegliere su quale castello dedicarsi); se state cercando un filler, e apprezzate la linearità dello stile di Knizia, questo è un gioco che vi consiglio, mentre chi sta cercando più complessità, dovrà guardare altrove (o aspettare a lungo, se cerca un ritorno dell’autore alla “sostanza”).

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