Solo l’uomo cammina ai confini di ciò che non ha confini,
sa vedere il mistero, ascoltare il silenzio, esperire l’infinito.
F. Tomatis
L’acronimo
[1], l’uso del quale è una prassi per gli organismi dell’Unione Europea, indica
l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, un’entità creata allo scopo di
coordinare il pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli stati della UE, e realizzare gli accordi con i Paesi confinanti con l’Unione europea per la riammissione dei migranti extracomunitari respinti lungo le frontiere.
Come illustrato in numerose occasioni nei nostri scritti relativi ad argomenti internazional-comunitari, la promozione della libera circolazione delle persone è stato un obiettivo importante dell’integrazione europea fin dalle origini negli anni 50. La libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali sono stati identificati come fondamenti della Comunità fin dal costitutivo Trattato di Roma (1957)
[2]. Nel corso degli anni ’80, poi, cinque Stati membri (Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi), decisero di creare uno spazio senza controlli sulle persone al passaggio delle frontiere interne, e firmarono i primi accordi di Schengen
[3].
Con l’entrata in vigore e il completamento del sistema Schengen nel corso degli anni ’90 si è realizzata, dunque, un’unica frontiera esterna all’Unione, per cui a prescindere dalla loro ubicazione, i funzionari doganali di tutti i Paesi membri hanno cominciato ad eseguire verifiche di frontiera conformi a procedure identiche
[4]. Al fine di contemperare libertà (di circolazione) e sicurezza dell’ordine pubblico, gli Stati membri hanno convenuto di introdurre cosiddette “misure compensative” favorendo la cooperazione e il coordinamento tra autorità di polizia e giudiziarie: le reti di criminalità organizzata (e/o terroristica) non rispettano certo i confini interni né esterni tra Stati nazionali, e questa collaborazione apparve subito la chiave per la salvaguardia della sicurezza comune
[5].
Dalla fine degli anni ’90 si è assistito alla creazione di organi di cooperazione in materia di migrazione, asilo e sicurezza, come l’Unità Comune Responsabili Frontiere Esterne, un gruppo composto da membri del Comitato Strategico sull’Immigrazione Frontiere Asilo (CSIFA) e dai capi dei servizi nazionali di controllo delle frontiere. Tale “organo comune” ha avuto il compito di coordinare i progetti nazionali elaborati dai “Centri Ad-Hoc” sul controllo delle frontiere, appositamente istituiti in diversi Paesi membri
[6].
Due anni dopo la costituzione dei centri “Ad-Hoc” il Consiglio dell’Unione Europea decise di intraprendere un passo ulteriore, perseguendo l’obiettivo di migliorare ancora le procedure e i metodi di lavoro degli organi comuni, e con il
Regolamento (CE) n.2007 del 2004 (26 ottobre 2004), ha istituito
Frontex[7]. Tale Regolamento è stato successivamente modificato dal
Regolamento (CE) n.863/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio (11 luglio 2007), che ha istituito un
meccanismo per la creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere[8], compito quest’ultimo da attuarsi su precisa richiesta di uno o più Stati membri, e che può essere messo in atto per un periodo limitato e in situazioni eccezionali e urgenti, ad esempio in caso di afflusso in misura massiccia di migranti da Stati extracomunitari (es. Operazione Congiunta “Triton”, 2014/2015, nel canale di Sicilia).
Anche dal punto di vista “informativo” il sistema “Frontex” si è evoluto con il Regolamento (UE) n. 1052/2013 (22 ottobre 2013), che istituisce il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (Eurosur), e specifica “un quadro comune per lo scambio di informazioni e per la cooperazione tra gli Stati membri e la Agenzia [Frontex] al fine di migliorare la conoscenza situazionale e di aumentare la capacità di reazione alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione («frontiere esterne»), al fine di individuare, prevenire e combattere l’immigrazione clandestina e la criminalità transfrontaliera e contribuire a garantire la protezione e la salvezza della vita dei migranti («EUROSUR»)” (art.1 Regolamento).
La sede dell’agenzia è a Varsavia, in Polonia, secondo quanto disposto dalla Decisione del Consiglio n. 2005/358/CE del 26 aprile 2005. L’organismo comunitario ha iniziato ad operare il 3 ottobre 2005 ed è il primo ad essere stato ospitato in uno dei paesi di recente adesione dell’Unione: questa è la principale ragione “politico-simbolica” di tale designazione, e la circostanza che attualmente la più grave emergenza relativa all’afflusso di immigrati irregolari sul territorio dell’Unione provenga dalla frontiera del sud Mediterraneo, non vale certo a ritenere un errore “strategico” l’aver posto la sede in una Capitale europea così a settentrione, essendo Frontex, tutt’al più, un centro di decisione politico/amministrativo, di comando, coordinamento e raccolta informazioni, pienamente efficace con il supporto delle moderne tecnologie di comunicazione, e non una “base logistica” di personale e mezzi, deputati alla sorveglianza concreta delle frontiere, la cui collocazione geografica, in altre parole, risulti determinante rispetto agli obiettivi da difendere.
Infatti, la missione di Frontex è quella di promuovere, coordinare e sviluppare la gestione delle frontiere europee, in linea con la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione applicando il concetto di “gestione integrata delle frontiere”. Nel perseguire questo obiettivo, l’attività dell’Agenzia si esplica su diverse “aree operative” definite dal Regolamento:
· Operazioni congiunte (Joint Operations), condotte con personale e attrezzature degli Stati membri alle frontiere esterne (mare, terra e aria);
·
Formazione – Frontex è responsabile dello sviluppo di standard comuni di formazione, intesa come formazione di base comune per le
guardie di frontiera di tutta l’Unione, e la formazione di alto livello per i responsabili
[9];
· Analisi dei rischi – Frontex raccoglie e analizza, con azione di intelligence, la situazione in atto alle frontiere esterne. I dati sono raccolti ai valichi di frontiera e da altre fonti operative, nonché dagli Stati membri, mass media e dalla ricerca accademica;
· Ricerca – Frontex funge da piattaforma per mettere in contatto il personale di controllo delle frontiere europee e il mondo della ricerca (pubblica e privata) e industria per colmare il divario di progresso tecnologico di queste strutture;
· Creazione di squadre di guardie di frontiera europee (EBGT);
· Assistenza agli Stati membri in operazioni di rimpatrio congiunte.
Da una rapida ricerca in rete, emerge che, dal 2005 a oggi, Frontex è stata finanziata con, in media,
64 milioni di euro all’anno (quasi totalmente finanziati dai Paesi Ue attraverso i sussidi della Commissione Europea). Nel 2013 le
spese operative ammontavano a 49,7 milioni di euro, mentre le
spese amministrative hanno assorbito oltre 32,9 milioni di euro su un bilancio totale, aumentato dalle autorità comunitarie rispetto alla media non ostante la crisi economica, di
83 milioni di Euro (18,5 milioni per il personale, e altri 14,4 milioni per altre spese amministrative)
[10].
Questo, dunque in sostanza, è Frontex, questi sono gli obiettivi di protezione e di contenimento che un organismo dell’UE si propone riguardo alle finalità e alla stessa natura di un’Unione di Stati sovrani che persegue lo sviluppo economico (con impostazione liberista), la protezione sociale e sicurezza dei propri cittadini, attraverso il controllo dell’ingresso di individui dalla frontiera esterna comune, con il conseguente “tendenziale” respingimento dei soggetti che tentano di oltrepassare illegalmente le “frontiere”, soggetti cioè privi dei documenti di identità e autorizzazione all’ingresso (visto).
Questa visione ci appare l’unica oggettivamente proponibile, anche se di indubbia “complessa” attuazione, da parte di chi ha una visione “legalista” di una “dinamica sociale” imponente, come quella dell’immigrazione dai Paesi dell’Africa, territori in preda a guerre interne e a condizioni di assoluta miseria; tuttavia le
proporzioni oggettivamente “ingestibili” del fenomeno, soprattutto da parte di un Paese come l’Italia dalle
risorse (sia
territoriali, che materiali)
limitate, dovrebbero indurre le opinioni pubbliche nazionali europee e autorità sovranazionali a trasmettere con determinazione il messaggio per cui le persone, che tentano di oltrepassare clandestinamente le frontiere dell’Unione, spesso contando sull’azione criminale di organizzazioni che scontano di mettere in pericolo quando non di perdere le vite degli immigrati, saranno respinte e riportate nei luoghi di provenienza anche mediante l’impiego della forza militare
[11].
Gli stessi responsabili di vertice di Frontex, qualche settimana fa, stigmatizzavano l’azione dei mezzi navali italiani: “
Troppi interventi fuori area” è stato l’ammonimento all’Italia, colpevole di prestare soccorso ai barconi in difficoltà anche in aree al di fuori dalle zone di competenza della missione
Triton[12]. All’inizio di dicembre del 2014 il direttore della divisione operativa di Frontex,
Klaus Roesler, scriveva al Direttore dell’immigrazione e della polizia delle frontiere del Ministero dell’Interno, Giovanni Pinto, richiamando la sua attenzione sui ripetuti interventi fuori area dei mezzi italiani nel Canale di Sicilia, in particolare della Guardia Costiera. L’area di azione della missione
Triton è di
30 miglia marine. I mezzi italiani si sono diretti spesso anche “
molto più in là”, e l’attività non è certo risultata gradita ai responsabili dell’Agenzia europea: le azioni di soccorso “
in zone poste fuori dall’area operativa di Triton non sono coerenti con il piano operativo e purtroppo non saranno prese in considerazione in futuro”, ha scritto Roesler
[13].
Tuttavia, nonostante le ristrettezze di bilancio e i limiti di “approccio” (controllo/respingimento e non puro soccorso) che l’Agenzia sembra voler mantenere, è notizia di questi giorni che Frontex ha esteso l’operazione congiunta “
Triton” nel Mediterraneo centrale fino alla fine del 2015, “
per continuare a sostenere l’Italia nella protezione delle sue frontiere marittime e contribuire a salvare la vita dei migranti in mare[14]”…
Le verità sostenute in modo assurdo,
possono essere più dannose degli errori ragionati.
Huxley