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Ciò che Dio unisce – Sacha Naspini

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Piano B Edizioni – Pag. 176 – Euro 14
 
Sacha Naspini torna a scrivere le storie che piacciono a noi, quelle ce l’hanno fatto conoscere e apprezzare, in piena sintonia con I cariolanti (Elliot, 2009) e Le nostre assenze (Elliot, 2012), ma anche con L’ingrato e I sassi (Il Foglio Letterario, 2009). Storie di vita quotidiana, romanzi di formazione, narrativa letteraria ai confini con il genere, come un regista sperimentale che racconta la realtà a base di inquietanti soggettive e poetici piani sequenza. Ciò che Dio unisce ricostruisce una vicenda matrimoniale – partendo dai rispettivi addii al celibato – da due diversi punti di vista, scanditi da capitoli alterni intitolati con il nome di lui (Michele) e di lei (Marta) che seguono il filo conduttore dei diversi pensieri. L’autore riesce a calarsi bene sia nella psicologia maschile che in quella femminile, non risultando invadente e non facendo trapelare il suo pensiero. Naspini racconta tramite i personaggi e scompare in loro, dote non comune nella narrativa ombelicale contemporanea pervasa da emuli – più o meno riusciti – di Proust. La materia del romanzo è narrativa nera, alla Ammaniti dei tempi in cui scriveva storie dure e taglienti, stile Fango o Ti prendo e ti porto via, permeata da una psicologia di fondo che ricorda il Bergman di Scene da un matrimonio. Proprio come nel capolavoro cinematografico del maestro svedese, anche nel romanzo di Naspini le tensioni matrimoniali – dopo un lungo periodo di incubazione – giungono al culmine e a un certo punto esplodono. La gelosia di lui, i tradimenti di lei, il gruppo musicale e gli amici che imperversano, gli scherzi oltre ogni limite nella prima notte di nozze, tutto congiura verso un finale imprevedibile e sconvolgente. Naspini contamina noir e horror metropolitano, romanzo criminale e letteratura, cinema e cronaca nera. Trova una sua strada narrativa che lo distingue nel panorama contemporaneo, uno stile asciutto, freddo, senza fronzoli, efficace da un punto di vista comunicativo. Ottima l’ambientazione maremmana, in una Follonica notturna e decadente, teatro insolito di una cattiva storia di provincia. Non manca un pizzico di erotismo, come è presente la musica, vera passione dell’autore, che fa capolino con il gruppo inesistente dei Paturnia (in maremmano si dice: “Non ti fare tante paturnie!”, per convincere qualcuno a non porsi problemi inesistenti) e dal Quartiere Latino, locale follonichese che fa musica dal vivo. L’ultimo capitolo del romanzo è dedicato ai pensieri dell’amico di Michele, ai suoi ricordi, a ciò che ritiene possa accadere durante la prima notte di nozze, prima di partire per uno splendido viaggio intorno al mondo. Non sa quanto si sbaglia. Bravo Naspini che sei tornato all’ovile di quel che sai fare meglio. Altro che romanzi storici!

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