“Per comprendere la cecità non occorre pensare di più, ma pensare diversamente”.
Con queste parole di Mauro Marcantoni, non vedente, sociologo e giornalista, autore di numerose pubblicazioni storiche ed istituzionali, direttore di una scuola di Management del Trentino, si può riassumere uno degli scopi di questo bel manuale della Erickson che apre nuove luci e nuovi modi di riflettere non solo sul tema della cecità, ma anche in quello più vasto e generale del rapporto con la disabilità che riguarda tante persone.
Il libro “Vivere al buio” è infatti un’appassionata conversazione fra un cieco (la parola “cieco” al di fuori di tante perifrasi è la più usata dall’autore per parlare della sua condizione) e un lettore, qualsiasi lettore, che voglia cercare di capire un mondo diverso dal proprio e promuovere un dialogo costruttivo, un aiuto concreto per il benessere dell’altro.
Proprio per questa sua natura di conversazione, l’autore del libro si rivolge spesso al lettore dandogli direttamente del “tu”, appellandosi alla buona volontà di chi vuole prima di tutto capire una condizione che, aldilà di falsi pregiudizi e pietismi, costituisce certamente uno svantaggio, ma che può portare anche un arricchimento per le così dette persone “normali”, se si aprono a un modo diverso di vedere le cose e il mondo che ci circonda. Allo stesso modo, fin dalla premessa, l’autore sottolinea che solo se il lettore sarà in grado di vedere nella persona cieca un “tu”, cioè una persona, con la sua storia, i suoi bisogni concreti e le ricchezze che porta in sé, sarà in grado di relazionarsi con lui nel modo corretto.
Il libro è diviso in due parti:
a) un mondo da conoscere: questa prima parte di quattro capitoli costituisce proprio il desiderio di superare una logica pietista nel rapportarsi al tema della cecità; criticando un certo modo di rapportarsi al “diversamente abile” come una persona da aiutare “dall’alto della propria differenza”, Marcantoni propone una serie di riflessioni che riguardano il tentativo di fare conoscere un mondo di oscurità che solo chi è cieco può conoscere in modo effettivo, ma che non preclude la possibilità di vivere una vita piena e riuscita. In questa parte si riscontrano tante osservazioni che scardinano sia falsi pregiudizi e preconcetti che tante volte chi vede ha nei confronti di chi non vede, dall’altra parte ammettono un percorso di crescita che anche il non vedente deve fare per superare sia un atteggiamento di delega verso le altre persone, dalle quali ci si aspetta tutto, sia un atteggiamento di inutile tentativo di “fare tutto da solo”. Il libro elabora quindi consigli concreti, presi dalla vita quotidiana per creare un dialogo costruttivo fra vedenti e non vedenti con lo scopo non solo di migliorare la vita di chi non vede, ma anche di permettere a chi è cieco di rapportarsi alla vita e agli altri portando la propria ricchezza che la disabilità non può mai togliere. Ci sono in questa parte delle belle considerazioni sull’handicap, che etimologicamente e originariamente non costituiva una condizione di svantaggio permanente, ma semplicemente una situazione da recuperare; così come ci sono anche delle belle pagine sulla resilienza, cioè quella qualità che permette alla psiche umana di adattarsi e ricostruirsi anche di fronte alle più ardue difficoltà.
b) dispiegare le vele: inquesta seconda parte tramite otto brevi capitoli l’autore vuole proporre delle storie di vita in cui emergono nella pratica quotidiana quelle considerazioni che venivano riportate in modo generale nella prima parte; questa seconda parte declina nelle condizioni di vita della famiglia, del lavoro, della creatività, del piacersi e del mettersi in gioco quanto detto precedentemente “facendo vedere” come sia possibile per un cieco e per il contesto di persone, di relazioni e di istituzioni che gli sono attorno, creare un dialogo positivo e collaborativo.
In generale il libro “Vivere al buio”, con una bella prefazione di Tommaso Daniele, presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Ciechi e Ipovedenti, è rivolto in primo luogo ai famigliari, a quanti hanno amici non vedenti e agli operatori sanitari e sociali che hanno relazioni quotidiane con persone cieche. Esso, però, costituisce anche un’ottima lettura per tutti coloro che vogliono rapportarsi con il tema più generale della disabilità in modo nuovo e da una prospettiva diversa; troppe volte, infatti, ci si relaziona con persone che escono dai canoni della nostra “normalità” con un atteggiamento di imbarazzo o di falso pietismo, invece che mossi dal desiderio di incontrare delle persone, che ci sono, che sono davanti a noi, con il loro bagaglio non solo di problemi, ma anche di ricchezze da portare pure alla nostra vita. La lettura di questo bel manuale della Erickson ci aiuterà a impostare, almeno un poco, un modo diverso di pensare e fornirà una cassetta degli attrezzi molto utile a tutti coloro che vogliano riflettere in modo nuovo sul proprio relazionarsi con chi incontriamo.
la cecità spiegata ai vedenti