Daniele Brusaschetto (Torino) è un cantautore e musicista italiano. È attivo come solista dalla metà degli anni Novanta. Le pubblicazioni a proprio nome si caratterizzano per la convivenza tra elementi rumoristici ed elettronici e un'anima più intima. Il risultato è una sorta di cantautorato industrial. Inizia la propria attività musicale alla fine degli anni ottanta, suonando in band thrash death metal. All'inizio degli anni Novanta la sua attività si fa più strutturata, e suona in band quali Mudcake (noise rock), Whip (industrial rock), Down! (avantgarde improvisation). Dalla metà degli anni Novanta, Daniele Brusaschetto inizia a suonare e registrare con il proprio nome. La sua musica, sempre in bilico tra rumorismo e cantautorato, si basa principalmente sull'utilizzo di voce, chitarre, effetti a pedale e laptop.
Discografia Albums studio
· 1997 – Bellies/Pance
· 1999 – Mamma fottimi
· 2001 – Bluviola
· 2003 – Poesia totale dei muscoli
· 2005 – Mezza luna piena
· 2007 – Circonvoluzioni
· 2009 – Blasé
· 2010 – Fragranze silenzio
· 2012 – Cielo inchiostro
Singoli studio
· 1996 – Paturnie
Albums live
· 2006 – Live at the Satyricon
Tracklist
1. Madre Natura ci insegna la prevaricazione
2. Miraggi
3. Il sole del pomeriggio
4. Negare la realtà
5. Conchiglia vuota
6. Oroscopo di oggi
7. Fili di voce
8. Un giro a vuoto
9. Illuminismo
10. Objects in the mirror are closer than they appear
11. Ho paura di me
12. Il buio sotto i piedi
Label: Bosco Rec – bosco 22
Format: CD
Country: Turin, Italy
Released: 2012
Genre: Electronic – Rock
Style: Industrial, Avantgarde, Neofolk, Rhythmic Noise, Glitch, Art Rock, Experimental
“Cielo inchiostro” è il nono lavoro solista di Daniele Brusaschetto, decimo se contiamo l’e.p. d’esordio “Paturnie”. Poi c’è un live e, poi ancora, numerose collaborazioni, svariati e compositi progetti musicali paralleli. Prima di iniziare l’ascolto di un disco, mi rigiro e riguardo a lungo “l’oggetto”. Comincio sempre da riflessioni e impressioni “a parte”.
“Cielo inchiostro” colpisce fin dalla sua copertina, di nero cartoncino opaco, ruvido, fatta a mano. Il cd, completamente nero come il lato oscuro della luna, dall’altra di metallico argento, è contenuto come frutto maturo di lunaria in una busta di carta velina bianca, opaca. Testi, crediti e titoli sono stampati su tre fogli della stessa leggera carta velina.
Una copertina siffatta dice molto della cura e della passione (ma anche della originalità e singolarità) di Daniele Brusaschetto verso il suo; cioè la passione di un artigiano che cura il proprio lavoro a cominciare dalla scelta e dalla manipolazione della materia, dei supporti, dell’oggetto. In questo disco è subito chiaro che la materia (e la trasformazione della materia), primi presupposti industriali, sono completamente altro dalla immaterialità della musica digitale, dei suoi formati musicali compressi scaricabili dal web. La musica torna in Brusaschetto un fatto e un’esperienza indissolubilmente legata al supporto fisico, alla concreta lavorazione. Se ne ricordi ogni musicista “industrial” e “concrete”.
È una copertina dai “non colori” tra l’inconsolabilità e l’oppressione soffocante dei neri, dei grigi, dei marroni-rosso scuri e la opalescenza bianca di una fuga più luminosa e un respiro, proprio come nell’ultimo periodo estremo di un pittore come Mark Rothko. Ed è senza un codice a barre… Inoltre faceva sì che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi, fosse posto un marchio sulla loro mano destra o sulla loro fronte… Nessuno poteva comprare o vendere se non portava il marchio, cioè il nome della bestia o il numero che corrisponde al suo nome (Apocalisse 13 16-18). Forse appartengo io a coloro che si lasciano suggestionare da quel 6 raffigurato mediante due barre verticali nei simboli del codice a barre. Prendi il codice a barre di un qualsiasi prodotto: il primo numero, il numero esattamente a metà e quello finale (espressi ognuno sotto forma di due barrette gemelle) sono sempre tre 6…
Cosa vuol dire tutta questa lunga premessa? Nulla di particolare… Forse è per dire che anche le parole, i testi di Brusaschetto (anche letti senza musica) liberano suggestioni, rimandi, scomposizioni e ricostruzioni, rarefazioni e riaddensamenti, simboli, analogie, mondi paralleli. Una poetica ungarettiana, decadentista, simbolista, essenziale, di accostamento evocativo – vicino oppure lontano – di cose e sensazioni: una fusione con l’animo che non le interpreta, ma le intuisce. Un fluire di immagini, ma ancora prima la vibrazione evocativa di ogni parola.
Metto nel lettore. 33 minuti esatti (33’00”)… Così esatti questi 33 minuti non possono essere del tutto casuali. 33 gli anni di Cristo, la verga di Hermes, le vertebre percorse dal risveglio della kundalini verso la ghiandola pineale, le bolgie e il numero dei canti in cui è formata ogni cantica del sommo Dante, ma anche i giri al minuto dei vecchi dischi… 33, tre volte multiplo dell’11, dimezzamento dell’∞, dell'8 rovesciato (o lemniscata) vuol dire molte, molte cose… E altre ancora; anche (e di nuovo) quel seicentossesantasei… Sì, sono quasi certo che non sia del tutto casuale.
Ascolto. Brusaschetto è in musica quel che Jean Tinguely è stato per la scultura: meccanismi complessi attraverso i quali si precisa una visione del mondo incentrata su lampi di sofferenza (ma anche di gioia e delicatezza), sull'alienazione, sull'illusione, sul sogno e sull’assurdo. Il canto recitato di Daniele Brusaschetto, salmodiato con filo di voce, quasi di automa, l'accompagnamento rumoristico o bruitista (e però mai disturbante, direi perfino intimista), atonale, indeterminato, straniante, sognante, minimale, destrutturante, mi riportano alla macchina, anzi a certe macchine fantastiche e quindi all’automa, al suo significato originario: automatos, “che agisce di propria volontà”. Daniele agisce di propria esclusiva volontà. La sua musica non somiglia a quella di altri. Non ha altro scopo che essere se stessa: un prodotto coraggioso e radicale, che poco (o tutto, dipende da chi e come) concede all'ascoltatore.
Come accadeva per “Blemish” di David Sylvian, ecco un altro disco che cresce ad ogni ascolto.