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Da mani mortali – Biancamaria Frabotta

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Mondadori (Milano, 2012)
pag. 158, euro 15.00
 
Non nascodiamo che ci siamo interessati alla poesia di Biancamaria Frabotta innanzitutto perché l'autrice ama, studia e fa studiare il nostro Rocco Scotellaro. Ma i versi di Frabotta, dobbiamo chiarire, nulla hanno a che fare con i componimenti di Scotellaro. Eppure la docente c'ha convinto. Nel senso che questa volta possiamo noi, addirittura, dare un giudizio alla sua densa e matura scrittura. Fiera e docile e dolce, infatti, la scrittura della poetessa romana, docente tra l'altro alla Sapienza, ha radici fisse nelle esigenze – di sopravvivenza? – della natura grande. Ed è la natura, e prevalentemente quella della piante e del fiore, a comporre la poesia lirica e solo parzialmente sostenuta di Biancamaria Frabotta. Perché, potremmo interrogarci, dunque devono quasi convivere, dunque coesistere ma soprattutto ascoltari il biancospino e la guerra da non guerreggiare? A questo, parrà strano, ha risposto lo stesso stile della poetessa. Allargato, infatti, il fiato nel corso della sua mutazione genetica e ultrasensoriale, il linguaggio di Frabotta è adesso dono alla luce delle cose naturali che devono reggere l'impatto con la macchina umana meno rispettosa. Vedi il sacco lanciato contro la visita romanza di Bush. Eppur non basta neppure render grazie ai poeti. In quanto questi spesso sono fuori dalla battaglia. Ma forse toccheremmo un altro argomento. Che la critica, d'altronde, poco indaga. Biancamaria Frabotta nei passi migliori della sua ultima raccolta "Da mani mortali", la sezione più importante adesso sotto la stella di Segrate potrebbe esser la porzione dedicata all'amica poetessa Giovanna Sicari – altra voce efficace e troppe volte inascoltata della poesia contemporanea – , dove riprende e a volte anche rielabora scritti del passato anche meno recente, di questo intenso libro Da mani mortali trova la difficile quanto giusta intersezione fra il serio e il faceto. Dove però il meno serio non è che la condizione essenziale per entrare nei temi più profondi. Osservatrice delle cose della quotidianità, la poetessa alleva versi che fanno poesia pronta a reggersi ed ergersi oltre la dimensione del puro. Poco più in là, sarebbe giusto rendere a Frabotta, d'alberi piante e cielo. L'esperienza d'autrice d'opere teatrali è indicata dalle liriche che maggiormente hanno origini nella classicità. Ma è quando il reale sconvolge la mitizzazione che è raggiunta la vetta: "Un inferno nucleare scuote la stella / che scalda il nostro pagliericcio. / Metà del combustibile è andato. / Che ne è della Madonna di Piero / ormai prossima al parto, del dio / nascosto nel suo ventre, alla sinistra / di chi guarda, oltre le tende sollevate / con industriosa indifferenza, che ne / è dei due angeli inservienti. / Appaiono tutti così giovani. / Custodi di un’attesa ormai / sapientemente inattendibile / ciascuno testimone di sé stesso". L'enjambements al servizio del verbo poiein.

 

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