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L’intelligenze multiple in classe – Giuseppina Gentili

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Modelli, applicazioni ed esperienze per una didattica efficace
 
La situazione di molte classi, soprattutto nelle scuole primarie, è spesso molto eterogenea: da una parte c’è la necessità di insegnare  un bagaglio di conoscenze linguistiche, espressive, logico- matematiche su cui potere poi costruire tutta una serie di apprendimenti futuri; dall’altra i bambini non si presentano tutti con le stesse potenzialità, motivazioni, abilità e, proprio per questo, è difficile portare avanti una programmazione didattica capace di coinvolgere e stimolare le capacità di tutti.
La teoria delle “intelligenze multiple” di Howard Gardner, psicologo e docente universitario statunitense, permette di analizzare, dal punto di vista teorico, proprio questa diversità che c’è nell’approccio intellettivo di ciascuno, sostenendo che non esiste un’unica intelligenza, ma diverse intelligenze, cioè diversi modi appunto di rapportarsi con la realtà, di risolvere i problemi che essa comporta e di apprendere.
Intorno agli anni Ottanta, infatti, gli studi di Gardner e dei suoi collaboratori presso l’università di Harward ipotizzano la definizione di sette intelligenze a cui si aggiungono fra il 1995 e il 1997 altre due intelligenze, anzi per meglio dire una “intelligenza e mezzo” visto che l’ultima, quella esistenziale – spirituale, non ha avuto ancora un riscontro preciso da un punto di vista della valutazione scientifica. In sintesi, le così dette “otto intelligenze e mezzo” sono: l’intelligenza linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, corporeo cinestetica, intrapersonale, interpersonale, naturalistica e, come dicevamo, esistenziale spirituale.  Ogni intelligenza rappresenta una struttura cognitiva- psichica precisa che si attiva anche in chi, apparentemente, è sprovvisto di organi di senso particolari: ad esempio l’intelligenza linguistica può essere sviluppata anche da una persona muta. Esse, pur essendo universali, possono svilupparsi in modo diverso da individuo a individuo, tanto da costituire il modo principale in cui il bambino aumenta determinati apprendimenti.
Proprio per questo, le implicazioni didattiche ed educative sono molto interessanti, visto che la conoscenza dei diversi approcci intellettivi dei bambini può facilitare e potenziare tutti gli apprendimenti; fin dagli anni Ottanta l’Università di Harward ha proprio sviluppato un progetto che indagasse sulle implicazioni scolastiche delle teorie di Gardner, tramite il progetto Spectrum, che da una parte si è posto come strumento di osservazione delle diverse intelligenze multiple negli alunni, dall’altro ha sperimentato una serie di progetti scolastici che, rafforzando i punti di forza specifici di ogni bambino, aveva lo scopo di raggiungere  una didattica più personalizzata e più efficace.
In questa prospettiva si colloca il testo “Intelligenze multiple in classe” della Erickson che riporta programmazioni e materiale didattico rivolto specialmente alla scuola primaria, frutto dell’esperienza dell’autrice, Giuseppina Gentili. Dopo essersi laureata presso l’Università di Macerata proprio su una tesi che riguardava l’applicazione delle teorie di Gardner, l’autrice cura da anni con un gruppo di insegnanti (denominato IMAS = intelligenze multiple a scuola) progetti scolastici attenti alla valorizzazione dei diversi tipi di intelligenza a scuola.
La struttura del libro segue proprio un andamento basato sulla progettazione didattica: dopo una prima parte teorica che sostanzialmente presenta gli aspetti generali delle teorie dello psicologo americano, il testo presenta tre fasi della programmazione. In primo luogo la fase dell’osservazione (cap.2), poi quella della proposta di attività didattiche differenziate a seconda dei punti di forza riscontrati nei ragazzi (cap.3), infine quella della valutazione (cap.4).
Vengono presentati, per quanto riguarda la prima fase dell’osservazione i così detti “centri di apprendimento”, cioè attività laboratoriali nei diversi contesti applicativi (linguistico- sociale – artistico – corporeo etc.) che servono per capire quale tipo di intelligenza il bambino tenda ad utilizzare prevalentemente su cui poi impostare il lavoro didattico. Allo stesso tempo viene proposto il concetto di bridging (letteralmente = gettare ponti), secondo il quale i diversi tipi di intelligenza vengono collegati per stimolare un’alfabetizzazione di base. Il bimbo che ha una intelligenza prevalentemente musicale viene abituato, ad esempio, a utilizzare sistemi di apprendimenti che partano da una visione ritmica e sequenziale per arrivare anche a concetti di apprendimento linguistici e logico- matematici. Così il testo propone attività didattiche basate anche sull’uso del corpo per apprendere, per esempio, la struttura delle frasi o i concetti matematici fondamentali.
Il testo si conclude riportando nell’ultimo capitolo  buone pratiche che servono da esempio per la realizzazione dei programmi didattici basati sulla teoria delle intelligenze multiple: viene evidenziata soprattutto  l’importanza delle “comunità di pratica” ovvero di quei gruppi di insegnanti che si “mettono insieme” per confrontarsi, progettare e lavorare in modo più efficace nell’ambiente scolastico. Lo stesso gruppo IMAS nasce proprio dall’esigenza di applicare delle teorie pedagogiche in senso concreto a partire dall’esperienza quotidiana degli insegnanti che ne fanno parte.
Questo aspetto sicuramente costituisce un lato positivo di questo testo, che si caratterizza proprio per l’ampio materiale che offre proprio per il lavoro quotidiano scolastico: si va da schede sull’osservazione sugli alunni, compreso un modello di lettera da indirizzare ai genitori per informarli dei progetti, a proposte operative nei più diversi ambiti didattici, a materiale da utilizzarsi per la valutazione dei risultati raggiunti.
La praticità di questo materiale rende il volume molto fruibile specialmente per quegli insegnanti di scuola primaria che vogliano confrontarsi con proposte didattiche complete, in grado di differenziare il modo di proporre i  contenuti fondamentali, a partire dall’eterogeneità delle classi e dei diversi modi che gli alunni hanno di apprendere.

 

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