KULT Underground

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Intervista con Teresa De Sio

22 min read
 
TERESA DE SIO
il nuovo CD uscito il 20 settembre
 
"TUTTO CAMBIA"
 
Sacco e Fuoco”, il cd di studio più recente, era stato frutto di una lunga gestazione, soprattutto per quello che riguardava la stesura definitiva dei testi. Anche il lavoro di studio era stato elaborato: lunghi mesi invernali passati tra Roma e Civitavecchia, davanti al mare, nello studio di Max Rosati, suo chitarrista e co-arrangiatore.
Tra l’uscita di quel lavoro e il ritorno in sala di registrazione, Teresa aveva macinato un centinaio di concerti, tour internazionali (Germania e Stati Uniti) e, soprattutto, la pubblicazione del suo primo romanzo, “Metti Il Diavolo A Ballare”. Con quest’ultimo aveva ottenuto un eccellente riscontro di critica e pubblico, ottenendo anche importanti premi letterari.
Ma nell’inverno del 2010 era maturata l’idea di dare un seguito alla sua discografia. Le canzoni allora erano ancora ad uno stato embrionale: qualche idea musicale, alcuni testi in evoluzione. C’era indecisione soprattutto sui tempi. È del resto proverbiale la cura e l’attenzione che la De Sio impiega in sala soprattutto per gli arrangiamenti…
La spinta iniziale è arrivata da un brano scritto da Teresa (testo e musica) intitolato “L’Amore Assoluto”, composto nell’agosto 2010 quando era stata ospite di Dori Ghezzi all’Agnata, la tenuta sarda di De André, per la sesta edizione del Festival dedicato a Fabrizio. Per l’occasione Dori aveva suggerito a Teresa di provare a fare qualcosa di esclusivo per il Festival, e l’idea si era concretizzata con la traduzione in italiano di “Creuza de Ma”. Un lavoro complesso e pieno di responsabilità, data l’importanza di quel brano ed il legame con Fabrizio, che si era sempre dimostrato pieno di affetto e di stima nei confronti di Teresa, fino a partecipare con un cameo vocale di “Un Libero Cercare”. Un altro brano praticamente completo era “Brigantessa”, quasi un seguito della canzone “Sacco e Fuoco”, qui decisamente divenuta grido di battaglia e di distinzione. E poi “Canta Cu Me”, delizioso affresco malinconico, ma anche speranzoso. La sorpresa per il team di produzione è arrivata con l’idea di Teresa di riarrangiare e cantare “Inno Nazionale”, di Luca Carboni. Un brano interessante, in sintonia con l’idea di Teresa sulla localizzazione e globalizzazione, perfetto per i 150 anni dell’Unità d’Italia, totalmente personalizzato con un arrangiamento pieno di fuoco, secondo le sue abitudini musicali. Mentre il lavoro in studio procedeva, nascevano anche altre canzoni, prepotenti come i tempi
chiedono. Un brano come “Basso Impero” è la ‘materializzazione’ di questo stato d’animo. Come per altri aspetti lo è l’ultimo inserimento nella tracklist (ma che nei fatti apre l’album), ovvero la versione in italiano di “Tutto Cambia”, brano straordinario di Mercedes Sosa che Teresa canta con istintiva naturalezza: ne sono state realizzate soltanto due takes, e la prima di queste è poi andata sul disco. “Non Dormo Mai Tutta la Notte” dice Teresa: potenza dell’insonnia, che facendo dormire poco la De Sio, le permette di scrivere canzoni come quelle di questo lavoro, forse il più sincero, concreto e appassionante di tutti i dischi finora realizzati dalla cantautrice napoletana.
 
Teresa De Sio: voce, chitarra acustica, chitarra “a botta”, percussioni, nacchere.
Max Rosati: chitarra acustica, elettrica, 12 corde, ukulele.
Upapadia: tammorra, percussioni, cori.
Mario Guarini: basso elettrico.
Luca Trolli: batteria.
Pasquale Angelini: batteria.
Her: violino.
Fiore Benigni: chitarra acustica, mandolino elettrico.
Igor Bombardini: fisarmonica.
Raffaella Misiti: cori.
Gnu Quartet (Francesca Rapetti, fluto – Roberto Izzo, violino, Raffaele Rebaudengo, viola – Stefano Cabrera, violoncello)
 
 
ufficio stampa
Casi Umani srl
 
Intervista
 
Davide
Buongiorno Teresa. L’apertura del tuo nuovo (bellissimo) disco è affidata a una versione in italiano di “Todo cambia” di Julio Numhauser, musicista della Nueva Canción Chilena, resa celebre da Mercedes Sosa. La cantora popular argentina è simbolo della lotta per la pace e i diritti civili contro la dittatura. Perché esattamente la scelta di tradurre e interpretare “Todo cambia” e cos’è l’illuminazione al riguardo di Michele Santoro di cui si legge nei tuoi ringraziamenti?
 
Teresa De Sio
Intanto devo dire che TUTTO CAMBIA è un titolo augurale. Tutti abbiamo nella nostra vita qualcosa che vorremmo cambiasse ed alcuni vorrebbero che cambiasse decisamente tutto. Personalmente vorrei che si trasformasse questo clima in cui il nostro paese ha vissuto negli ultimi anni, in cui hanno avuto la meglio solo arroganza, rozzezza e volgarità. Dunque questo è per me il disco di un nuovo inizio. Come tutte le cose che vedo muoversi velocemente intorno a me, anche io mi muovo e cambio punto di vista. Il risultato è un disco “polifonico” perché la mia anima è polifonica, il mio sguardo è multifocale.
L’illuminazione Michele Santoro! Mi ha telefonato un giorno mentre stavo chiudendo il disco e mi ha detto ‘Senti, facciamo questa manifestazione con la Fiom. Io ho avuto una visione di te che vieni con la chitarra e fai Todo cambia’. Io ero in ritardissimo con il missaggio e il pezzo, è sì meraviglioso, ma in spagnolo! Ero dubbiosa, ma lui mi ha chiesto di pensarci fino al mattino successivo. Ci ho riflettuto, mi sono risentita il brano e ho capito che potevo riscriverlo in italiano, modificando alcune parti nella traduzione, e così mi sono svegliata alle 6 del mattino, l’ho imparata, l’ho tradotta, c’ho lavorato, ho richiamato Michele e gli ho detto ‘vengo e la faccio in italiano’.
È stata una esperienza importantissima: quando sono salita sul palco e ho eseguito questa canzone  oltre venticinquemila persone hanno cantato con me ‘tutto cambia’ non perché è una canzone famosa o perché volevano cantare con me, ma perché volevano dire quelle parole, ‘tutto cambia’! Ora l’ho inserita nell’album, nei concerti e tutte le volte il pubblico canta con me quei versi augurali.
 
Davide
Reinterpreti anche “Inno Nazionale” di Luca Carboni, canzone ancora attuale oggi a sedici anni di distanza da quando fu scritta. L’Italia rimane più che mai paese dei “campanili”, nonostante si parli sempre di internazionalizazione, globalizzazione, localizzazione… Insomma, il centocinquantesimo anno italiano si avvia alla fine dei festeggiamenti. Che bilancio ne faresti, oltre al tuo splendido disco (che sostanziosamente  riguarda l’Italia e gli italiani)?
 
Teresa De Sio
L’ho sentito la prima volta nel 1996, vidi il video, pensai che era una grandissima canzone e che era un po’ avanti per i tempi.
Mentre compilavo la tracklist di Tutto Cambia m’è ritornato in mente Inno nazionale: siamo nel 150° dell’unità d’Italia e nel momento in cui da una parte si celebra l’unità, dall’altra parte questa stessa unità viene messa in discussione. Ho pensato che il singolo di Luca descrivesse molto bene la nostra condizione di italiani che o siamo troppo qualche cosa o siamo troppo poco, ma non siamo mai italiani nella misura giusta. Lui lo aveva saputo dire in una maniera molto brillante e molto in anticipo sui tempi con un canzone che mi è sempre piaciuta e adesso la trovo forte più che mai, così ho deciso di inserirla nell’album.
 
Davide
Da un libro di Giovanni Vecchi (Il benessere degli italiani dall’Unità ad oggi)… Degli italiani è aumentata la statura (magari non sempre quella morale), è aumentata l’aspettativa di vita, è aumentata in generale l’istruzione… Sicuramente è aumentato anche il benessere economico, ma certo non per tutti: il divario persiste tra nord e sud e torna ovunque a salire l'indice di disuguaglianza dei redditi. Cresce la disoccupazione, cresce la povertà o diventa cronica e si stanno diffondendo la percezione di insicurezza anche fra chi può fare affidamento su un reddito e la cosiddetta povertà grigia… Dunque, a proposito di lavoro, questa estate hai cantato ai 110 anni della FIOM a Bologna (sei grande, sei riuscita far cantare anche Santoro e Travaglio!) Cosa significa per te impegno sociale come donna, cittadina e come artista soprattutto in questo momento?
 
Teresa De Sio
Significa conoscere la storia del nostro paese. A scuola ci hanno insegnato che nel 1870 l’Italia fu unificata con un gesto di coraggio e fratellanza dei garibaldini eccetera. In realtà la nostra Unità è stata il risultato di una vera e propria guerra di repressione che l’esercito sabaudo condusse contro le istituzioni, la cultura e soprattutto contro l’economia del sud. Il sud ha perso quella guerra e ancora oggi ne paga lo scotto in termini di disoccupazione più di ogni altra cosa. Dopo l’annessione, chi non si era dato al brigantaggio, come forma di resistenza, fu costretto ad emigrare verso le Americhe o verso il Nord Italia, lasciando il meridione sguarnito di forza lavoro giovane e produttiva. Nella grave situazione di miseria che ne derivò cominciarono ad attecchire le forti organizzazioni criminose che ancora adesso funestano la vita del nostro Sud. È importante che almeno i giovani nord italiani (magari figli di leghisti) conoscano la verità sulla storia del nostro Paese.
 
Davide
Basso Impero… ricorda la decadenza del basso impero romano? Allora ci vollero i barbari… questo mi ricorda una poesia di Kafavis … Che cosa aspettiamo così riuniti sulla piazza? /Stanno per arrivare i Barbari oggi. / Perché un tale marasma al Senato? Perché i Senatori restano senza legiferare? È che i barbari arrivano oggi. / Che leggi voterebbero i Senatori? / Quando verranno, i Barbari faranno la legge… È che è scesa la notte e i Barbari non arrivano. / E della gente è venuta dalle frontiere dicendo / che non ci sono affatto Barbari… / E ora, che sarà di noi senza Barbari? Loro erano comunque una soluzione…
Cosa ci vorrebbe secondo te?
 
Teresa De Sio
Il Brigantaggio Intellettuale ci salverà!
Non vedo altra vera barbarie se non quella di coloro che ci governano. Quella è la nostra moderna barbarie. Ci vorrebbero menti e intelligenze, forti, pulite e soprattutto non corruttibili. Si parla molto di corrotti nella politica e nell’imprenditoria, ma non si dice mai niente di quelli che, appartenendo alle privilegiate caste di coloro che formano l’immaginario collettivo del Paese (pensatori, giornalisti, cantanti, scrittori etc.) ne diventano piloti e veri padroni. Coloro che ci portano per mano dalla nostra comoda poltrona davanti alla tv, fin dentro la cabina elettorale.
 
Davide
“Padroni e bestie”, Matteo Salvatore, che ha avuto la stima anche di grandi intellettuali come Calvino (e non tralascerei di ricordare che Calvino non a caso ebbe un ruolo in quel grande gruppo che furono i Cantacronache)… In che modo ti ha ispirato?
 
Teresa
 Padroni e bestie, impressionista e sperimentoso, nel quale coesistono mondi acustici, roots, folk, ma anche chitarre elettriche e psichedeliche. Nella lirica mi sono ispirata ai racconti di Matteo Salvatore, in particolar modo alla storia che mi raccontò una sera, durante la lavorazione di Craj, di un contadino che aveva un padrone che gli aveva dato un ciuccio. Il contadino doveva fare lavorare l’asino e coi proventi del lavoro pagare una tassa al padrone, ma siccome né l’uomo né l’animale avevano da mangiare, la povera bestia morì; l’uomo non aveva più di che pagare il padrone. La canzone si sviluppa in una serie di immagini ripetitive, quasi una “pazzia della povertà”. Mi è sembrata una buona metafora per descrivere i giorni nostri, in cui il lavoro stesso, che sarebbe ‘o ciuccio, è morto.
Matteo è stato un grande maestro. L’inventore di quella forma canzone che mette insieme il folk con la canzone d’autore. 
 
Davide
Da poco è scomparso un altro grande (e particolarissimo) cantautore del Sud, Enzo Del Re… Capossela lo ha riproposto appena in tempo dopo anni nel dimenticatoio (ma forse Enzo voleva così, starsene defilato da qualche altra parte). Ci sono artisti conosciuti nella tua lunga e ricca carriera che ancora aspettano di essere riscoperti o scoperti come si deve?
 
Teresa
Di Enzo del Re avevo già inciso qualche anno fa, nel delux di sacco e fuoco, il brano “Io t’adoro e te ringrazio”. Avrei già nel 2005 voluto portarlo con me nello spettacolo (poi diventato anche un film) CRAJ, insieme a Matteo Salvatore, i Cantori di Carpino, Uccio Aloisi e Giovanni Lindo Ferretti con cui avevamo scritto il progetto, ma allora non fu possibile. Invece mi ricordo che Matteo Salvatore mi disse, quando andai a trovarlo per parlargli di questa cosa, mi disse “ Teresa, se veramente mi fai fare questo spettacolo, io ti prometto che per un anno non muoio!” era molto malato, ma mantenne la promessa e non morì fino al giorno in cui il film andò al festival di Venezia. Che tempra! Sinceramente non so se ancora nascono personaggi così. 
 
Davide
La voce e la nota di Andrea Gallo nel tuo disco, “Sulla violenza e sulla speranza”… Un sacerdote che ha fatto sempre importanti e difficili scelte di campo con e per tutti gli emarginati, e non certo per caso uno dei più grandi amici di Fabrizio De André. Il male grida forte, ma la speranza urla di più… Il gesuita Baltasar Graciàn y Morales disse invece che la speranza è la più grande falsificatrice della realtà… Per te?
 
Teresa De Sio
Credo che a salvare questo paese saranno soltanto le persone di alto spessore morale, le persone che ancora credono in qualche cosa, in primis nelle passioni. E Don Gallo è proprio così. È uno degli individui più spericolati e più anticonformisti che abbia mai conosciuto. Una delle prime volte che l’ho visto è stato due anni fa quando sono andata ad assistere ad un suo spettacolo; sono rimasta folgorata: egli non ha avuto un prolasso di identità né personale né politica, crede ancora che esistano persone giuste che possono operare per il meglio e fare qualcosa per gli altri. Mi piace anche caratterialmente: è passionale, divertente e saggio. In “DUE ORE AL GIORNO” dicevo “….ed in fondo a questa piccola catena (di eventi) /c’è un’antichissima usanza/ quella misura del tempo/ che si chiama speranza.”
La speranza è una falsificatrice solo se non la si finalizza veramente. Altrimenti è l’unica motrice. 
 
Davide
Crêuza de è altrettanto bella anche in napoletano… Qual è il ricordo più bello che hai di Fabrizio e in che modo è presente Dori Ghezzi nel tuo disco?
 
Teresa De Sio
Di Faber i ricordi sono tanti, anche se in realtà le nostre vite si sono incrociate per non più di quattro o cinque anni, e non saprei da che parte incominciare. Comunque tradurre CREUZA è stato difficilissimo. Chi interviene sull’opera di Fabrizio rischia la pelle! Lui è blindatissimo dall’amore del suo immenso pubblico. È complesso andarlo a toccare perché le persone si preparano subito con il mitra, pronte a spararti al minimo passo falso.
Avevo, però, promesso a Dori Grezzi molti anni fa che avrei tradotto Creuza de Ma in napoletano, me lo chiese lei e ricordo che la richiesta mi arrivò come un peso addosso, ma subito risposi di sì… anche se poi mi sarei voluta suicidare! Da allora è passato parecchio tempo, ma quando lo scorso anno mi ha chiamata chiedendomi se volevo andare a suonare per Fabrizio all’Agnata, in Sardegna, ho pensato che era giunto il momento di mettermi in gioco. Era un’idea che tenevo ferma, sapevo che prima o poi la paura doveva cedere il passo al coraggio e quindi mi sono messa al lavoro.
Creuza è in genovese e descrive una realtà profondamente genovese; il linguaggio non è stato scelto a caso. Anche le mie canzoni in napoletano si fanno portavoce di realtà e pensieri che appartengono a Napoli e al sud; Fabrizio ed io abbiamo optato per un idioma che fosse proprio della mentalità, della cultura e della vita che andavamo a raccontare. Io non ho potuto quindi tradurre, ma ho dovuto trasporre, tuffarmi dentro questo mare di significati, parole e suoni, nuotarci dentro e uscire dall’altra parte. Ho cercato di trasportare il mondo dei significati di quella canzone dalla Liguria alla Campania.
Creuza, peraltro, è una delle canzoni più oscure di Fabrizio, non è Bocca di rosa che chiunque la senta capisce di cosa si sta parlando. Creuza apre delle porte più segrete, più profonde e più intense sul piano poetico. C’è una doppia lettura: una che ti suggeriscono i versi in genovese e una invece che ha a che fare con un viaggio interiore attraverso la metafora dell’andare per mare, metafora peraltro consona pure a me, con la narrazione della gente di mare, diversa dalla gente di terra e della miseria che, invece, è comune a tutti.
Ho cercato di portare alla luce il significato nascosto nelle pieghe delle parole e di trasportarlo nei termini e nel mondo napoletano. Tutto questo mantenendo intatta la metrica e le rime, ricostruendone di analoghe dove le aveva messe Fabrizio. Ho compiuto una delle imprese più difficili e complesse sul piano di traduzione e creatività. Sono molto contenta del risultato e del fatto che Dori ne è stata entusiasta tanto da darmi anche la cofirma.
Ho deciso anche di suonarla senza ricreare una grande struttura sonora e arrangiativa, scarnificandola al massimo, mantenendo i punti chiave dell’originale e sfruttando la mia tecnica chitarristica della ‘chitarra a botta’ con l’aggiunta di una chitarra classica, un tamburello, un violino e un organetto. Luminosa e profonda, lasciando che dica quello che doveva dire senza riempirla di elementi superflui. 
 
Davide
C’è un altro artista, sebbene molto diverso da De Andrè, che io stimo ugualmente tra i più grandi e con il quale hai realizzato in passato due lavori tra i miei preferiti… Africana e La storia vera di Lupita Mendera…  Brian Eno. Non ci sono molti altri artisti italiani che hanno avuto questa possibilità. Come avvenne questo incontro e cosa ti ha lasciato, a parte ovviamente quei due ottimi dischi?
 
Teresa De Sio
Brian è una eccellente persona, piena di energia, creatività, coltissima e spericolata. Mi ci trovavo benissimo. L’incontro avvenne un pò per caso, come molte cose belle e fortunate. Avevamo un management in comune. Però sintonia e simpatia furono immediate. Gli feci ascoltare quello che stavo facendo… era il periodo di AFRICANA, lui ascoltò, ripartì per Londra e io pensai che non ne avrei nemmeno più sentito parlare. Invece, meraviglia!, due giorni dopo era di nuovo in studio con me alla Trafalgar. Così cominciò una collaborazione che all’epoca fece storcere il naso a molti, ma che in realtà fruttò quel primo disco e dopo due anni la lunga suite LA STORIA VERA DI LUPITA MENDERA nella quale io e Brian coinvolgemmo anche MIchael Brook, e Piero Pelù. 
 
Davide
Modugno, altro grandissimo… Ben due le sue canzoni da te riproposte… Lu brigante mi ha fatto per altro riflettere su come sia a volte arbitrario l’uso di questo termine, bandito, brigante, secondo cioè il punto di vista del potere che detta legge e scrive o riscrive la storia, per screditare, far dimenticare, isolare dal tessuto sociale, ma anche braccare, imprigionare, uccidere in certi casi… Banditi furono infatti definiti anche i partigiani, oppure i carbonari (penso a quelli poi in particolare del Cilento, poi rivalutati eroi, ma rimasti per lo più oscuri), o altrove i cangaçeiros e avanti. Credo che queste considerazioni c’entrino anche con la tua “Brigantessa”… Dunque perché, nel testo di questa canzone, vuoi farti chiamare brigantessa?
 
Teresa De Sio
Tutto quello che dici è sacrosanto! Conosco storie legate al mondo del brigantaggio fin dagli inizi della mia militanza nella musica folk. Il brigantaggio storico, quello degli anni successivi all’Unità, che peraltro si celebra proprio quest’anno. Poi ho cominciato ad accorgermi del fatto che esiste anche di questi tempi una sorta di “brigantaggio intellettuale”, agito da tutte le donne e gli uomini che cercano di sottrarsi alle regole. Quelli che non dicono sempre “si”.
Col passare degli anni ho visto la condizione culturale dell’Italia degradarsi, imbastardirsi e abbrutirsi sempre di più. La vita per molte persone dall’animo nobile è diventata difficile e adesso c’è chi si ribella e si oppone al meccanismo che sta mandando tutto a rotoli. Per quello che riguarda me, Brigantessa è un appellativo che mi è stato messo addosso da fans e amici, io me lo sono preso e ne ho fatto un bel vestito. Credo nel Brigantaggio Intellettuale. Il padre fu P.P. Pasolini.
 
Davide
E poi in chiusura la prorompente “Scioscia Popolo” scritta da Modugno e da Eduardo De Filippo… I ricchi sfruttano e spogliano i poveri, gli levano pure i figli e le mogli e il sangue ma… Attiento a te… ‘A legna s’è seccata… E quanno è secca e asciutta / piglia fuoco… Una verità semplice, da ricordare… Qual è il modo per te più consono, positivo, o la volontà veramente efficace perché tutto cambi?
 
Teresa De Sio
Perché tutto cambi dobbiamo chiederci come già noi italiani siamo cambiati in questo ultimo ventennio. Come è stato possibile che un popolo sopravvissuto a due guerre mondiali, il cui più forte connotato è sempre stato legato alla cultura, alla Storia, all’Arte ed alle molte tradizioni connesse a queste cose, come abbia potuto un popolo così soggiacere al fascino della corruzione, della volgarità e della rozzezza. Quando avremo queste risposte, allora, probabilmente tutto comincerà finalmente a cambiare.
 
Davide
La tua voce è sempre molto bella, il tuo modo di cantare unico… Possiamo sapere perché tra i tuoi ringraziamenti ve n’è anche uno a Raffaella Misiti per “il salvataggio della mia vox”?
 
Teresa De Sio
Raffaella è una bravissima cantante, una mia amica ed anche una ottima istruttrice vocale. Un anno fa ho avuto un piccolo intervento alle corde vocali e lei ha seguito la mia riabilitazione con ottimi allenamenti quotidiani. Tanto da riportarmi in forma perfetta.
 
Davide
Tra Sacco E Fuoco e questo lavoro c’è stato anche il romanzo “Metti il Diavolo a Ballare”, per Einaudi e la pubblicazione di “O Paraviso N Terra”, scritto assieme a Raiz… Com’è nato il bisogno di misurarti anche con il libro, il romanzo…? E in futuro…? Spero non ci lascerai a lungo senza un tuo nuovo racconto… 
 
Teresa De Sio
Il romanzo è stata un’avventura straordinaria. Ho aspettato anni prima di decidermi a scriverlo perché, da un lato volevo essere sicura, dall’altro odiavo l’idea che, una volta uscito, il libro potesse essere scambiato per uno dei tanti libri autocelebrativi e autobiografici che in genere i musicisti pubblicano. No, questo è un vero romanzo, che può essere amato (e per fortuna lo è molto ) oppure odiato, ma è un romanzo nel quale la mia vita non è minimamente citata.
Inoltre temevo l’orrendo pregiudizio (che ho poi, in parte, dovuto subire) secondo il quale se sei, di partenza, non so… un operaio, o un pizzaiolo, o un barista, allora hai diritto all’accesso alla letteratura e la critica si affretta a celebrare la tua opera. Se di partenza sei una musicista… allora…il critico letterario fatica a leggerti…
Comunque sto lavorando già sul mio nuovo romanzo che considererei come il terzo, bypassando lo stress del secondo, come suggeriva l’ottimo Troisi.
 
Davide
Il tour riprende quest’autunno nei teatri insieme alla tua band. La tua energia positiva nel cantare e sul palco è davvero contagiosa… Il segreto?
 
Teresa De Sio
Si, la musica dal vivo per me è la migliore. Posso sperimentare, provare, azzardare, tanto tutto passa in tempo reale. Come in tutte le sperimentazioni, se funziona resta e diventa “tradizione”. Se fa schifo il giorno seguente nessuno se ne ricorda più.
 
Davide

Sei stata invitata da Claudio Baglioni a far parte del cast di O'scià 2011 a Lampedusa, nona edizione del Festival da lui organizzato a favore dell'integrazione e del dialogo interculturale…

 

Teresa

Lampedusa è un’isola meravigliosa. Vive di turismo. La vicenda degli sbarchi (di cui non parlerò qui, perché estremamente complessa e dolorosa ma che ho raccontato in canzoni come UKELLELLE del 2007 o LE FONTANE DI TETOUAN del 1996) è una questione cruciale per i lampedusani. Dopo tanti mesi di sofferenze per la loro immagine e per la loro economia, mi è sembrato bello partecipare portando la mia musica e il calore umano. Grande riconoscenza da parte loro. Poi resta il problema degli sbarchi….

 
Davide
Grazie e à suivre
 
 

 
Bio (tratta da Wikipedia)
Teresa De Sio è una cantautrice e scrittrice italiana. Nel 1976 comincia la sua attività artistica con Eugenio Bennato e i Musicanova muovendosi nell’ambito della tradizione popolare partenopea, e distinguendosi per il timbro particolarissimo che le conferisce genuinità e raffinatezza al tempo stesso. L’esperienza culmina nel 1979 con un LP dalle forti atmosfere folk intitolato Villanelle popolaresche del '500.
Nel 1980 viene pubblicato il suo primo album da solista Sulla terra sulla luna in cui la giovane cantautrice affronta tematiche e sonorità più moderne iniziando così la scalata verso un ruolo di prestigio nell’ambito della canzone d’autore partenopea e nazionale. Nel 1982 pubblica l’omonimo album Teresa De Sio in cui l’artista conferma la sua predilezione per il napoletano come linguaggio ideale grazie alla sua fluidità. L’album supera inaspettatamente le 500.000 copie vendute: brani come Voglia 'e turnà, Aumm aumm e Pianoforte e voce diventano popolarissimi – soprattutto il primo, destinato a rimanere il suo più celebre.
L’anno successivo pubblica l’album Tre, e Teresa De Sio si conferma la cantante donna più venduta per il secondo anno consecutivo con altre 500.000 copie vendute. Ottiene alcuni riconoscimenti per i testi delle canzoni, alcune diventate anche in questo caso abbastanza popolari come 'E pazzielle, Terra ‘e nisciuno e Ario’. Nel 1983 partecipa anche al programma televisivo Fantastico con Pippo Baudo e altri, in cui presenta brani tratti dai primi tre album e canta la sigla di coda O sole se ne va.
Nel 1985 intraprende una più specifica ricerca musicale in realtà mai cessata. L’album è Africana, Teresa è affiancata da Brian Eno. Compaiono più di una composizione in lingua italiana, e le atmosfere sono diventate più rock. L’anno successivo pubblica Toledo e regina, in cui la De Sio dimostra la sua conoscenza e il suo amore nei confronti della musica partenopea di fine Ottocento e inizio Novecento. All’album collabora Paul Buckmaster che scrive gli archi per l’accompagnamento di raffinatissime riletture-capolavoro tra cui Passione, Catarì e I’te vurria vasà.
Nel 1988 è la volta di una particolarissima pubblicazione in doppio album intitolata Sindarella suite: infatti all'interno dell’opera è compresa una suite vera e propria dal titolo La storia vera di Lupita Mendera, musicata ancora una volta in collaborazione con Brian Eno. Ovviamente il riscontro discografico non è più quello della prima metà degli anni Ottanta.
Nel 1991 la De Sio pubblica ben due album: uno di inediti intitolato Ombre rosse che contiene anche Colomba e Bello mio (quest’ultima a tematica gay); inoltre esce anche una raccolta, Voglia 'e turnà, con tutti i grandi successi di Teresa presenti anche nella scaletta dei suoi due lunghi tour di quell’anno. L’artista chiude così non solo il rapporto con la Phonogram, ma anche un intero ciclo artistico.
Nel 1993 approda alla Cgd con un album dal titolo La mappa del nuovo mondo in cui l’impegno e la tematica sociale entrano a far parte del suo mondo poetico in composizioni come Teresa stanca di guerra e soprattutto Io non mi pento. Nel 1994 consolida una forma di spettacolo originalissima intitolato “Parole e musica”, in cui pubblico e artista interagiscono attraverso il dialogo unitamente alle performance dal vivo. Nel 1995 registra in presa diretta e senza pubblico l’album Un libero cercare al teatro Petrella di Longiano. Collaborano anche Fabrizio De André e Fiorella Mannoia.
Negli anni successivi Teresa riprende con frequenza e intensità l’attività concertistica presentando dal vivo i brani più famosi del suo repertorio riarrangiati per l’occasione con l’aiuto del chitarrista Sasà Flauto e degli Almonjavà, il nuovo gruppo. È così che nel 1997 viene infatti pubblicato il live Primo viene l'amore, con alcune straordinarie riletture dei suoi grandi successi unitamente a tre inediti tra cui Rondine.
Nel 1999 l’artista realizza il progetto La notte del Dio che balla, fra tradizione e tecnologia. È in questo periodo che Teresa si avvicina alla musica popolare pugliese, alla taranta in particolare. Infatti, dopo molti concerti e progetti live come Da Napoli a Bahia da Genova a Bastia, che raccolgono ovunque ottimi consensi da parte della critica più esperta, Teresa si mette a punto Craj, un originalissimo spettacolo a metà tra musica e teatro che intende omaggiare la tradizione popolare pugliese, elemento alla base del progetto, che spiega l’intensa collaborazione con Matteo Salvatore.
In quest’ambito nasce un nuovo lavoro in studio pubblicato alla fine del 2004, A Sud! A Sud!, in cui Teresa torna a celebrare in forma ancora più compiuta la musicalità mediterranea in brani come Salta salta, scritta per il progetto “La notte del Dio che balla”, Mamma Napoli, in cui il fido Sasà Flauto è la seconda voce, e soprattutto Lu bene mio del compianto Matteo Salvatore, autore particolarmente caro a Teresa. C’è spazio anche per Stelle, scritto dall’amico brasiliano Lenine: Teresa opera un parallelismo tra il Sud che è solita raccontare nel Folk mediterraneo e partenopeo, e il Sud dell’America Latina, in cui ritroviamo gli stessi colori e la stessa malinconia.
Craj è diventato nel frattempo anche opera cinematografica. Partecipando alla 62ª edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia 2005 vince il Premio "Lino Miccichè" del CSC per la miglior opera prima. Nel maggio del 2007 pubblica il nuovo lavoro Sacco e fuoco.
Nel 2008 Teresa presenta Riddim a Sud. Il vento che muove Riddim a Sud è il vento della necessità forte di condivisione musicale e scambio di energie creative.
Per questo progetto ho tratto ispirazione, come d'altronde il titolo stesso rivela, da una modalità della musica giamaicana nella quale la stessa base creata da un determinato artista per un proprio pezzo, è poi riutilizzata da altri cantanti e compositori che a loro volta ricreano una nuova melodia e un nuovo testo e dunque una canzone completamente diversa. L’ambizione è quella di introdurre questa usanza nella musica popolare italiana e, in particolare, nella musica folk-d’autore. In effetti, già la nostra musica popolare, quella più legata alle “radici”, si muove in questa direzione. Chiunque reinterpreti, ad esempio, una “pizzica” o una “tarantella” di Carpino, non può prescindere dall’uso di un riddim di tamburello, chitarra e violino che sono codificati dalla tradizione. Fare circolare la propria musica, metterla a disposizione di altri musicisti e stimolare la loro immaginazione, è un vero progetto di creatività e produttività interattiva”.
In tiratura limitata (200 copie) è uscito anche Riddim a Book, un libro che raccoglie le foto dei musicisti che hanno partecipato ai cinque concerti del tour.
Il 25 marzo del 2010 ha partecipato alla serata "Rai Per Una Notte" organizzata contro la censura e in difesa della libertà di stampa. Il 17 giugno dell'anno successivo ha invece preso parte alla serata “Tutti in piedi: signori, entra il lavoro” organizzata in occasione dei 110 anni della Fiom.

 

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